Ogni buon scrittore che si rispetti nasce con un tormento. Questo è il mio pensiero.
Ebbene, c'è qualcosa che per tutta la vita mi ha perseguitata. A quel qualcosa ho dato un nome: paura. Che le emozioni, e tutti i pensieri e i timori, le opinioni, non fossero degni di esser detti. Di esistere.
Per questo motivo non ho nessuna presunzione e nessun piano per ciò che ora sto scrivendo, non sarà un diario, una storia e nemmeno una poesia, ma si tratta piuttosto di una testimonianza. Il momento arriva per tutti: il pressante bisogno di testimoniare di essere esistiti.
Io sono esistita, ho camminato in mezzo a voi e tra voi molti ne ho guardati per le strade, nei treni, nelle stanze, senza che se ne accorgessero. Sono esistita e ne ero consapevole già a vent'anni. A quell'età, per quanto fossi giovane, spesso ho creduto che non ci fosse più nient'altro che valesse davvero la pena di scoprire. Sapevo che c'erano posti impensabili e meravigliosi che non avrei mai visto, questioni e pensieri, teorie e concetti di cui non avrei mai saputo l'esistenza; persone benevole e gioiose, dal brillante intelletto e geniali nella loro stranezza, che non avrei mai conosciuto. Sapevo che ogni volta che sorridevo, qualcuno da qualche parte nel mondo nello stesso istante stava morendo, da solo in un letto, nel fango, tra le macerie, sprofondato nella fame e nella miseria. Sapevo che non ero così forte da riuscire definitivamente a dare una svolta alla mia vita, ma d'altronde non ero nemmeno certa che la vita potesse avere svolte, quanto piuttosto infiniti livelli di ragione e consapevolezza che forse non ero pronta a toccare. Approdo oggi tra queste parole per cercare di capire, almeno ora che la riposta forse non può più gravarmi addosso, se ho seguito inconsciamente i fili di un destino, o se la nostra forza di volontà possa essere quell'intelligenza, quella forza in grado di muoverli.
STAI LEGGENDO
Senza nome
General FictionIl diario di una senza nome. Non troverete né data né ora alcuna. Ricorda: sii grato di poter osservare il cielo, perché al cielo non è concesso di osservar se stesso. Tutti i diritti riservati, Elany Blackwood © 2016