CAPITOLO 3

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Mi sento sporca.
A livello razionale so di non aver fatto nulla di così intimo da giustificare il desiderio di non voler uscire da questa doccia, ma mi sento come violata.
Da parte mia non c'è stato nessun coinvolgimento profondo, né a livello fisico né a livello mentale, ma non riesco a non sentirmi disgustata da quello che ho appena fatto.
Non è debolezza umana, la sua è una perversione.
Sfrego la spugna sul mio corpo con tutta la forza che ho, vorrei quasi strapparmi via la pelle.
Sono consapevole che quello che mi ha fatto fare Max è qualcosa che nasce da un profondo disagio, probabilmente un avvenimento che ha segnato la sua infanzia e che non dovrei giudicarlo, ma io non riesco a restare distaccata abbastanza dal rendere sopportabile quello che ho dovuto fare.
Ero io quella che indossava solo slip, reggiseno e il suo feticcio preferito: stivali con il tacco a spillo.
Mentre la mia pelle diventa rossa a furia di sfregare con la spugna, mi ripeto che non ho fatto nulla di compromettente.
Ho solo detto le parole che lui desiderava sentire mentre camminavo sul suo corpo nudo o premevo con un piede sui suoi genitali.
Niente di più, solo questo e lui non mi ha toccato e non ha toccato se stesso. Non ha avuto neanche l'orgasmo, a lui non piace, preferisce averlo da solo, quando nessuno lo vede.
Allontano dalla mente il pensiero che probabilmente in questo momento si sta masturbando nel suo ufficio.
Per lui sono come una divinità intoccabile il cui sesso è divino, sono come una Dea, mi venera e toccarmi sarebbe un sacrilegio.
Resta comunque un impulso sessuale ed è questo che mi disgusta.
Lui non mi piace e vedere il suo corpo nudo, sentirlo eccitato non mi fa l'effetto che dovrebbe; mi fa sentire una prostituta.
Quando ho accettato l'incarico sapevo che c'era la possibilità di ritrovarmi a rotolare nel fango ma sapevo come evitarlo.
Quello che mi confessò Max una sera non mi sembrava così compromettente.
Non desiderava prestazioni sessuali che si possono definire classiche, lui andava in estasi nell'essere trattato male sia psicologicamente sia fisicamente. Non mi faceva nessun effetto immaginare di calpestarlo con i miei stivali, ma dalle parole ai fatti tutto cambia. Non lo sapevo ancora quando gli ho proposto di fare insieme quel gioco.
Io dovevo riuscire ad avere più potere possibile su di lui e questa sua debolezza era una manna dal cielo; fare così poco ma avere in cambio così tanto era un pensiero al quale non ho saputo resistere.
All'inizio, il masochismo di Max, non mi creava problemi. Facevo il mio spettacolo e poi tornavo a vestire i panni della finta Intrepida, ma poi le cose mi sono sfuggite di mano.
Max iniziava a richiedere le mie prestazioni sempre più di frequente e, anche quando non eravamo nel suo piccolo mondo erotico, le sue attenzioni nei miei confronti aumentavano fino quasi a diventare morbose.
Ero la sua Dea, sua e di nessun altro.
Diventò geloso di ogni uomo che mi avvicinava anche solo per fare due chiacchiere. La mia vita negli Intrepidi stava diventando un inferno ed io non ero più libera di fare nulla senza rischiare di trovarmelo davanti.
Questo interferiva con il mio scambio di favori con gli Esclusi. Se lui avesse scoperto che trasgredivo agli ordini di Jeanine sarebbe andato a riferirglielo e per me sarebbe stata la fine. Lei mi avrebbe rimossa dall'incarico o magari fatta uccidere.
Dovevo riprendere il controllo di Max.
Ero una Dea e lui si considerava meno di niente e così iniziai a punirlo durante i nostri incontri. Gli negavo ciò che desiderava e lo minacciavo. Se non si fosse dato un contegno io, non solo non avrei più giocato con lui, ma avrei rivelato a Jeanine e alla fazione le sue abitudini sessuali.
Questo lo spaventò a morte e si calmò. Imparò a tenere a bada la sua gelosia, lasciandomi di nuovo libera di agire.
Max sapeva che non correva alcun rischio di perdermi, conosceva il mio carattere e soprattutto quello che mi accadde quando ero poco più che una bambina. Questo gli dava l'illusione del totale controllo sulla mia vita affettiva e sessuale.
Entrambi avevamo subito un trauma ma lo stavamo vivendo in modo totalmente diverso.

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