CAPITOLO 11

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«Devo levarmelo dalla testa, è un casino, un maledetto casino. Se ci si mettono in mezzo i sentimenti tutto si complica, non si ragiona lucidamente, anzi non si ragiona proprio! Perché proprio lui? Un'intera fazione e io mi sto andando a incasinare con l'unico che dovrei evitare!»
Cammino nervosamente avanti e indietro parlando all'attaccapanni dell'ufficio di Max.
Sono fuori di testa. Devo darmi una calmata. In fondo non è successo niente di così esclamante: ho incontrato Eric, l'ho stuzzicato come faccio di solito e appena mi ha toccata là sotto, mi sono bagnata come una ragazzina alla sua prima esperienza.
«Andata, fulminata, cotta! È pazzesco!» ringhio alla mappa della città appesa dietro alla scrivania di Max.
Accendo un'altra sigaretta usando quella che ho fumato quasi fino al filtro e spalanco la finestra. L'aria fresca del mattino mi accarezza le guance ma non mi dà il sollievo che speravo. Faccio un lungo tiro dalla sigaretta e inspiro il fumo, spingendolo fino in fondo ai polmoni. Intossicare il mio corpo è la cosa più stupida che possa fare ma sono così ossessionata da questa assurda situazione che non me ne frega niente.
La porta dell'ufficio di Max si apre e lui entra senza degnarmi di uno sguardo.
Si siede alla sua scrivania e accende il suo computer. Non mi ha neanche salutata, la cosa non mi piace, sento odore di guai.
«Buongiorno Max. Dormito bene?» gli domando, spegnendo la sigaretta.
Risponde con un grugnito. È una delle sue giornate storte e toccherà a me sistemare le situazione.
Adal, si va in scena.
«Manette o corda?» domando con voce suadente.
Max appoggia sulla scrivania le carte che stava esaminando e si volta verso di me.
Il suo sguardo è minaccioso come il cielo un attimo prima di una tempesta di fulmini ed io mi sento come una delle antenne sopra al più alto dei grattacieli.
«Eric cosa sceglierebbe?»
La tempesta è iniziata, Max sa di Eric. Il primo fulmine mi ha colpita in pieno ed era solo una piccola ouverture di quella che sarà la mia tempesta del secolo.
«Perché? Vuoi fare partecipare anche il pivello?» domando, concentrandomi sul mio corpo.
Un gesto, una postura o un cambiamento nel tono di voce potrebbero fargli capire che sono nervosa e chi è nervoso ha qualcosa da nascondere.
«Ti piacerebbe. Scommetto che te lo facevi anche prima di venire negli Intrepidi.»
«È un ragazzino. Sai bene che io preferisco gli uomini.»
Dai bello, fammi capire quanto sai e quanto ti stai immaginando.
«Adal, smettila. Vi ho visti.»
Questo non è buono. Visti al Pozzo a parlare o visti al fiume? C'è una differenza enorme. Nel primo caso mi salvo, nel secondo sono fregata.
«Eric fa parte delle mie responsabilità, è normale dover passare molto tempo insieme a lui.»
«È normale che ti palpeggi nel centro del Pozzo?»
Le nubi si diradano. Se ha visto solo questo sono salva.
«No, infatti l'ho rimproverato per questo. Dai, è un ragazzino, è ostaggio dei suoi ormoni e...»
«E così te lo sei portato a casa e l'hai aiutato a sfogarsi»
«No, l'ho portato in uno dei corridoi e gli ho gli ho detto di darsi una calmata.»
«Non potevi farlo al Pozzo?»
«Non volevo umiliarlo davanti ai suoi compagni, per voi maschi è un'onta da cancellare col sangue. Sarebbe subito andato a lamentarsi di me con Jeanine. Lo conosci, è uno stronzetto borioso che crede di essere già un capofazione» dico, sollevando il labbro superiore in una smorfia di disgusto.
«Non mi ci far pensare. Non lo sopporto e sarò costretto a lavorare con lui.»
«Fa quasi venire voglia di mollare tutto e scappare negli Esclusi»
«Forte tentazione» dice sorridendo.
Ormai il mio cielo è tornato ad essere sereno. Pericolo scampato, ma dovrò stare più attenta in futuro. Ma che accidenti sto dicendo?! Non ci deve essere nessun futuro, devo evitare che succeda di nuovo. Non posso permettermi di innamorarmi, crea troppe distrazioni una relazione. Non voglio rinunciare a un brillante futuro e finire ad allevare i figli di Eric.
La porta dell'ufficio di Max si spalanca di colpo. Un Intrepido poco più giovane di Max e con il corpo quasi interamente coperto di tatuaggi entra infischiandosene delle buone maniere; pare che tra i capifazione Intrepidi non sia in uso bussare.
«Max, abbiamo portato in ospedale un iniziato.»
«Chi?» domando, scattando in piedi.
«L'Erudito.»
«Cosa gli è successo?» gli domanda Max.
«Ha perso un combattimento»
«Contro chi? Un treno?» chiedo ironica.
«No. Quattro» risponde ed io capisco che è nato senza il minimo senso dell'umorismo.
Max sorride, cerca di mantenere un contegno, ma dentro di sé sta gongolando.
Dovrebbe divertire anche me sapere che il Rigido che Eric tormenta da quando sono arrivati lo ha finalmente steso, ma sono troppo preoccupata per le sue condizioni.
Farsi male durante un combattimento è normale ma di solito si finisce semplicemente in infermeria. Se l'hanno portato in ospedale vuol dire che quel Rigido, come minimo, l'ha massacrato.
«Adal, vai a sincerarti delle condizioni del nostro iniziato» ordina Max.
«Prendo la tua auto. Se lo dimettono non credo sarà in grado di saltare su e giù da un treno.»
Max mi lancia le chiavi. Esco lentamente dal suo ufficio e continuo a camminare con calma, percorrendo il corridoio come se nulla fosse, come se non mi importasse più di tanto delle condizioni di salute di Eric. In realtà, fatico a trattenermi dal correre. So che Max mi sta osservando e un passo troppo svelto potrebbe fargli capire che ho mentito, che Eric mi interessa.
Arrivo al punto in cui il corridoio degli uffici incrocia quello che porta al Pozzo e all'uscita del complesso residenziale. Svolto a destra e inizio a correre verso le scale che scendono fino al parcheggio.
Ormai ho perso del tutto il controllo, immagino Eric in un letto d'ospedale, intubato e in coma. Il terrore di arrivare troppo tardi m'invade e ripenso a tutte le volte che l'ho tormentato invece di abbandonarmi a lui. Lo sguardo che aveva ieri sera al fiume, quando l'ho rifiutato, è l'unica cosa che riesco a vedere nella mia mente. Ho cercato di giustificare quello sguardo in mille modi per evitare di pensare all'unico motivo plausibile: la tentata violenza da parte dell'Escluso.
Eric lo sapeva, ha studiato la mia scheda negli archivi degli Eruditi e ha letto quello che mi è capitato. Lui si è fermato perché pensava che la mia reazione fosse legata a quel trauma. Non era intimorito da me, ma da quello che mi stava facendo.
La realtà è diversa, io stavo solo continuando il mio stupido gioco da stronza, fregandomene di lui come ho sempre fatto.
Quando eravamo ancora negli Eruditi l'ho sempre snobbato, non l'ho mai considerato al mio livello, lo vedevo come uno dei tanti patetici ragazzini che cercavano goffamente di far colpo su di me. Eric però era diverso, lui non si umiliava come gli altri, lui era furbo, non si lasciava usare.
L'ultimo anno che ho passato nei Livelli Superiori, eravamo nello stesso corso di analisi matematica e mi aiutò durante un test, ma quando capì che non era il solo e che era stato usato, aspettò il test successivo e mi passò le risposte sbagliate. Quando ci consegnarono i risultati, io avevo preso un voto basso mentre lui aveva preso il massimo e fece di tutto per farlo notare. Ha voluto punirmi e farmi arrivare forte e chiaro il suo messaggio: io non sono come gli altri.
Mi colpì molto il suo modo di fare, lo odiai per avermi abbassato la media ma smisi di usarlo.
Per quanto mi affanni a negarlo, lo temo, non come rivale, ma perché la sua capacità di tenermi testa mi attrae e questo è molto pericoloso. Eric sa come giocare le sue carte, è molto più bravo di me e inizio a pensare che mi ha tenuto in pugno sin da quando è arrivato negli Intrepidi. Non ero io a comandare, lui me l'ha lasciato credere per farmi cadere nella sua trappola.
Mentre guido a tutta velocità verso l'ospedale non riesco a smettere di domandarmi cosa intende fare con me. Usarmi e distruggermi o... No, lui non è il tipo e forse non lo sono neanche io.


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