•capitolo cinque•

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Mi voltai e lo vidi in compagnia di quelli che un tempo erano i miei migliori amici e quella ochetta che me lo aveva portato via. Per evitare la solita, inutile conversazione che non mi recava nient'altro che dolore mi voltai ma fui troppo lenta: mi aveva vista e mi stava guardando con quella faccia da pesce lesso. Gli altri non tardarono ad imitarlo e in un batter d'occhio mi trovai circondata da gente che non avrei voluto vedere mai più. Era tutta colpa sua. Era colpa sua se ora assomigliavo ad un corpo senza anima, era colpa sua se trovavo sollievo nell'idea che prima o poi sarei ritornata polvere ed era colpa sua se ora mi trovavo in questa situazione: circondata da gente con cui avrei dovuto fingere di star bene.
"Macciao" mi disse Marco con la sua vocina da stupido.
"Ciao" risposi con il sorriso più falso che potessi fare. E poi eccolo lì, con le mani in quel ciuffo che un tempo apparteneva a me e ora era di quella cagnetta che gli teneva la mano.
Mi salutarono entrambi e io gli risposi nel modo più naturale possibile anche se in quel momento avrei voluto staccarli e riprendermi ciò che era mio. La conversazione andò avanti: mi chiesero della scuola, dell'esame di mio fratello ma nessuno azzardò a chiedermi come stavo, lo sapevano già. Erano stati i miei amici per tanti anni e sapevano come trattami, avevano letto il dolore nei miei occhi. Per tutta la conversazione non ebbi il coraggio di guardarli negli occhi; tenni lo sguardo fisso su un punto indefinito all'orizzonte ma percepii ugualmente un senso di disagio da parte di qualcuno in quel gruppo. Arrivato il momento dei saluti avvenne ciò che più temevo dall'inizio della conversazione. Lui, colui che mi aveva distrutto, colui che un tempo era l'unica ragione per cui mi alzavo dal letto mi chiese di uscire di nuovo tutti insieme, come un tempo. Fu in quel momento che ebbi il coraggio di far scorrere lo sguardo su tutti quelli che mi circondavano soffermandomi su Marco e Nicole cercando di dirgli: "ma lo avete sentito? Ha davvero avuto il coraggio di chiederlo dopo tutto ciò che mi ha fatto?". Poi guardai lui con gli occhi pieni di tutto il dolore che avevo dentro: non volevo mascherarlo, in quel momento non mi interessava sembrare debole; doveva capire ciò che aveva combinato, sia adesso che in passato. E ci riuscii. Il ragazzo sempre pieno di sè ora non riusciva a mantenere il mio sguardo e si voltò verso la sua cagnetta, altrettanto ferita dal suo comportamento. Aveva fatto un errore madornale e non poteva rimediare in nessun modo. Ci costrinse ad accettare una cosa che non avremmo voluto accettare, passare del tempo insieme alle persone con cui non si aveva più alcun rapporto. Alla fine, però, Antonio ebbe un briciolo di buon senso e disse, riferendosi alle mie amiche: <ovviamente siete invitate anche voi>. Senza aggiungere altro si voltò e andò via.

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