Secondo

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Spalanco la porta ed entro. Sei steso sul letto con le gambe raccolte al petto e gli occhi pieni di lacrime. Davvero, dovresti uccidermi, pugnalami ma non farmi vedere questo. In una posizione così fanciullesca che mi viene quasi da sorridere se non fosse per i tuoi occhi, così devastati da devastarmi. «Marina mi ha lasciato » dici, «è tutto ciò in cui credevo, l'unico tutto in cui riponevo tutto. I miei sogni, il mio futuro insieme a lei..sai, mi immaginavo tra 10 anni con i nostri figli che correvano per casa, mentre io e lei, stretti in un abbraccio, li guardavamo sorridendo». Sono ancora in piedi davanti al tuo letto, a fissarti, mentre pronunci parole tanto dolorose da spezzarmi il cuore. Sei un egoista, di nuovo, come fai a guardarmi negli occhi chiedendomi un silenzioso aiuto mentre io sono qui, domandandomi se riuscirò mai a cucire i pezzi del mio cuore? Ora ho capito, preferisci torturarmi invece che pugnalarmi. Egoista.        

Alla fine decido di sedermi sul letto e prenderti tra le mie braccia. Ti stringo e ci stringiamo in un abbraccio infinito dove, egoista come sei, pensi che sia per rassicurarti, ma sono io che, stringendoti ancora di più a me mentre tu piangi, mi aggrappo a te. Sono qui, ma non mi vedi. Per questo ti sto stringendo, per farmi vedere da te ma anche per sentirti. Ci stringiamo troppo di rado e io ho bisogno di più te. Sei un egoista pensando solo a te stesso.    

 «Dice che passo troppo tempo via, che sto poco con lei e che si sente sola. Dice che ha incontrato un altro mentre non c'ero, e che lui c'è, sempre. »  Il tuo corpo si percuote dai singhiozzi «La amo, nonostante tutto. Come potrai non farlo? E' stata la mia vita per talmente tanto che ancora stento a credere che non sia più così. Io la amo. » Non ti sopporto più, smettila. Piantala di parlare di lei, di piangere e di dichiarare ancora e ancora il tuo amore per lei.   

Così esplodo, in un sussurro «Toccami ». Mi guardi incredulo, spaesato come se non avessi compreso appieno quello che ho detto. Lo ripeto,quasi supplicando «Toccami ». E probabilmente lo dissi con una faccia talmente stravolta e devastata che tu non ci pensasti nemmeno un secondo e mi appoggiasti la mano sulla guancia, guardandomi negli occhi, in attesa. Ti guardo, in stato di panico, non posso credere di averlo detto sul serio e non posso credere che tu lo abbia fatto veramente. Hai la mano calda e io necessito di quel calore per cui mi appoggio ad essa, e ti guardo piangere piangendo con te.

Stemmo così per un tempo che non so quantificare, fino a quando non ci addormentammo.

Sguscio fuori dal tuo letto prima che ti svegli, sarebbe troppo imbarazzante guardarti negli occhi. Vado in cucina e butto uno sguardo all'orologio appeso al muro. 9.15 ecco perché ho ancora sonno ma non posso permettermi di ritornare a dormire, voglio esserci quando ti sveglierai. Mi preparo la colazione visto che l'unica cosa che sono in grado di fare con i fornelli è mettere il latte in un pentolino per scaldarlo.                                                                                                                           

E' passata più di un'ora da quando mi sono svegliato, nel frattempo sono riuscito a recuperarmi l'episodio di Game of thrones che è uscito ieri sera, poi sento la porta della tua camera che si apre e i tuoi passi fino al bagno. Mi dirigo in cucina e metto su il caffè, immaginando che saresti venuto, perlomeno, a fare colazione ma, poco dopo sento la porta della tua camera chiudersi. Attesi tutto il giorno che uscissi da quella cazzo di stanza, ciondolando in giro per casa senza combinare nulla di concreto, aspettando te. Per un attimo mi ero scordato quanto tu fossi egoista, lasciandomi qui, in attesa di te.  Alle 20.30 irrompo nella tua stanza, mandando a fanculo il codice.

  «Non si bussa più? » sbotti con voce sprezzante. Guardo un te steso sul letto, con lo sguardo perso sul soffitto, e con lo stesso tono sprezzante rispondo «in questa stanza c'è puzza, apri la finestra e fammi la cortesia di andare a farti una doccia, non voglio sentire il tuo fetore per tutta la casa». Ti giri verso di me, mi guardi incredulo ma ti riprendi subito.  «No. Non mi muovo da qui. » e aggiungi «Non puoi mica obbligarmi ». Così mi avvicino a te e prendendoti per un polso ti tiro giù dal letto e ti trascino in bagno. «Ma che cazzo fai?! » ora stai urlando. Ti sbatto contro il muro del bagno e mi avvicino al tuo orecchio. «Puzzi » dico, abbandonando il tuo orecchio per guardarti negli occhi mentre, lentamente, comincio a sbottonarti la camicia.


Salve! Eccomi tornata con questo secondo gattino. Spero che, boh, vi piaccia. Ciao.

-Gibbs







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