Sono già diverse ore che sei è chiuso in camera. Quando questa mattina sei rientrato da Firenze, con le valigie in mano, l'unica cosa che mi ha detto è stata «Rimarrò qui per un po'». Sono rimasto un po perplesso, e sorpreso, non tanto perché, finalmente, dopo tanto, fossi qui. Ma per il tono con cui l'hai detto. Un misto tra l'avvertimento e la supplica, che mi fece preoccupare. Nonostante tutto non bussai alla porta di camera tua per vedere come stavi, ero preoccupato si, ma nel caso in cui fosse successo qualcosa saresti venuto a parlarmene. Queste erano le regole, le mie regole, il codice morale che mi sono imposto di rispettare per non avvicinarmi troppo alle persone. Anche a quelle che sono già importanti.
Faccio parte di quella ristretta fascia di persone che preferisce rinunciare senza aver tentato, piuttosto che aver tentato e fallito.
Alle 8.17 uscisti dalla tua stanza. Sapevo che ordinando due pizze a domicilio, il rifugiato che ho al posto di coinquilino si sarebbe fatto vivo, mangione com'è. Immagino che anche il più orgoglioso dei soldati si pieghi di fronte al dolce richiamo di una pizza bella fumante. Ti guardai avvicinati al tavolo della cucina con fare sospetto, e ti vidi sorridere quando ti accorgesti che ne avevo ordinata una anche per te. Quel sorriso in qualche modo mi ha rassicurato, ma volevo che mi parlassi, volevo sentirti.
Mangiammo nel più totale silenzio. A quanto vedo non hai nessuna intenzione di rendermi partecipe di te, egoista come sempre lasciandomi questo peso sul cuore. Se solo mi guardassi negli occhi potrei esprimerti quello che sento, quello che provo nel vederti in questo stato catatonico. Ti direi tutto quello che non ti dico a parole, perché non rientra nel codice, se solo mi guardassi.
Te ne tornasti in camera senza dire una parola. Guardo l'orologio, devo uscire questa sera, insieme a dei miei amici avevamo organizzato una serata in discoteca. Mi voltai verso la tua stanza, poi tornai all'orologio. Quando mi proposero di fare serata accettai entusiasta, era da molto che non trascorrevamo tempo assieme e mi mancava sentirmi di nuovo unito a loro. Ma non ti avrei lasciato così.
Montai il video che sarebbe uscito domani poi mi stesi sul letto. Presi il cellulare e aprì Instagram. Riguardai tutte le foto che avevo pubblicato, ma mi fermai su quella del trasloco. Ricordo ancora perfettamente quel giorno, potrei descrivere perfettamente ogni momento della giornata che passammo insieme, la tengo ben custodita nei miei ricordi più felici. Montare quei mobili fu una faticaccia, anche se hai fatto praticamente tutto tu. Ti brillavano gli occhi quel giorno, mentre indossavi il più bello dei sorrisi. Per quella volta soltanto mi concessi di pensare di essere io la causa di quel sorriso. Più che una concessione, in realtà, è stato un dovere. Dovevo, almeno per una volta, illudermi di esserne la causa. Non è forse questa la felicità? Essere il sorriso della persona che ami?
Chiamami e verrò da te, devi solo dire «Salvatore». Se non riesci a parlare basta anche solo un suono imprecisato, un grugnito, un sussurro, giuro che ti sentirò e correrò li. Ma se proprio non riesci a parlare bussa sul muro, o tira qualcosa a terra e accorrerò da te. Se non puoi fare nemmeno questo, pensami, pensami intensamente, urla il mio nome nella tua testa e ti giuro che lo sentirò. Ti prego, ti scongiuro fallo, FALLO. Non mi straziare ancora di più il cuore facendomi sentire le tue lacrime, sai che anche da qui riesco a sentire il suono delle gocce che scendono dai tuoi occhi e cadono, abbandonate sul cuscino?
Uccidimi adesso o piangi ancora più in silenzio di quanto già non fai.
E poi ti sentì..«Sal».
Salve! Questa non è la mia prima fanfiction, è proprio il mio primo racconto in assoluto. ç.ç L'ultima cosa così personale, o meglio così mia che ho scritto è stato alle elementari, quando in un tema mi chiedevano di parlare del mio, allora, gattino. In questo caso, voi impersonificate la mia maestra di italiano, che legge davanti all'intera classe il mio tema. Per cui, per favore, prendetevi cura del mio gattino, CIAO.
-Gibbs
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