Capitolo 15

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Yuiya iniziò a tremare.
- Allontanati lentamente e io non la ammazzaró. - le ordinò freddo Axel, con ambe mani sul collo di Dyna.
Ella indietreggió.
- N-non farle del male... - mormorò.
- Senti, facciamo così: io libero Dyna e in cambio tu fai ciò che ti dico. Intesi? - le proprose.
- NON LO FA- - il ragazzo prese a premere sul collo scuro della giovane.
- O-ok! Va bene... Ma lasciala andare. - si arrese al suo volere. Lo sguardo era spento e privo di ogni speranza.
- Bene, ottima scelta. - con le dita, premette un punto particolare del collo di Dyna, facendola nuovamente svenire di botto. Crollò sul letto, respirando profondamente con un'espressione turbata.
Egli si alzò dal corpo dormiente della creeper. Prese dal suo inventario delle corde incantate con cui legò le mani dietro la schiena a Yui e Jane.
- Hai detto che stai facendo tutto questo per lavoro, g-giusto? - domandò apatica la strega, puntando gli occhi celesti sulla figura di Axel.
- Sì e allora? - dall'invenrario tirò fuori un'altra pozione, che Yui riconobbe subito visto che anche lei la utilizzava spesso: era una pozione per il teletrasporto.
- Che lavoro è... ? - ora lo guardava negli occhi, decisa a sapere la verità.
L'altro ridacchió amaramente.
- Ora lo vedrai coi tuoi stessi occhi. Mhm... Ah sì, aspetta... - sempre dal suo inventario, prese una spada di ferro che la conficcó nell'addome di Dyna, svegliandola subito gridando.
- D-DYNA! - al grido di disperazione della strega, anche Jane si svegliò ritramutata nella sua forma umana.
- Ora possiamo andare. - affermò semplicemente il ragazzo, prendendo per un braccio i due ostaggi e buttando a terra la pozione.
Ma prima di sparire nel nulla, le due migliori amiche riuscirono a scambiarsi un ultimo sguardo: quella fu l'ultima volta che Yuiya vide Dyna.
Dyna mimò con le labbra una frase e Yuiya lasciò che le lacrime scendessero.

Tutti e tre si materializzarono all'interno d'una grandissima sala costruita in ferro.
Era distrutta e sporca di sangue; per terra c'erano buchi, crepe e oggetti rotti ovunque; persino un grande lampadario riccamente decorato era completamente smantellato sul pavimento un tempo bianco e pulito.
Loro si trovavano in un posto riparato e nascosto della sala, da dove però potevano vedere cosa accadeva: due uomini stavano combattendo tra di loro all'ultimo sangue, usando tutte le loro forze. Erano ricoperti di lividi e sangue.
Uno di loro, dai capelli castani, era sul pavimento e la sua testa veniva schiacciata dal suo avversario, che invece aveva solo la barba nera.
Jane li riconobbe immediatamente: erano Herobrine e Notch!
Ma la piccola Yuiya a stento identificó quella figura stremata e pietosa come suo padre.
Herobrine portò lo sguardo sui tre, spalancando gli occhi; una collera ancor maggiore lo investì, facendolo reagire. Si levó dalla presa del fratello, precipitandosi dalla sua famiglia.
Ma Axel portò la spada alle gole indifese delle due.
Il castano si fermò sul posto, col cuore che gli batteva in gola.
- Fai un altro passo e moriranno. - lo intimó il giovane con un ghigno cattivo.
Notch incominció a ridere, camminando fin al fratello e bloccandolo con le mani sulla sue spalle.
- Ottimo lavoro, figliolo! - disse Notch ad Axel.
- Non era nulla, papà. -
- Malato bastardo, lasciale andare! - gridò di rabbia Herobrine.
Axel teneva in ostaggio Yuiya e Jane mentre Notch teneva fermo suo fratello minore.
- Oh, andiaaaamo... Non chiamarlo così, mostriciattolo! - commentò con finto dispiacere il fratello.
- Tsk, qui il mostro sei tu... ! - ringhió Herobrine, spingendo via l'avversario. Ma non si mosse di un centimetro in più visto che Axel stava già premendo la lama sulle gole delle due.
La strega gemeva di paura mentre le sue lacrime macchiavano e appannavano il metallo grigio della spada.
- Mostro? Io? Psh, ma fammi il piacere! Chi è quello che... - Notch parlava con voce maligna, guardando con la coda dell'occhio gli ostaggi.
- ... ha sommerso l'intero pianeta, uccidendo ogni forma di vita? - sghignazzó egli.
- Hehe, soltanto un vero mostro come te cancellerebbe la razza umana solo perché non gli piace. - continuò a spiegare il ragazzo, sogghignando e aiutando il padre ad azzerare lo zio.
Jane guardò il fidanzato con gli occhi spalancati e il cuore in gola; anche la figlia era rimasta spiazzata da ciò che avevano detto sul suo caro papà.
Il dio prese un'abbondante boccata d'aria.
- Notch, non ti azzardare a continuare. - ordinò egli, guardandolo con occhi colmi d'ira.
- Invece mi azzardo eccome~ - Notch lo riprese per le spalle, materializzando tra le mani una pistola e gliela poggió alla tempia.
- P-papà... È vero...? - balbettó Yuiya.
- Ma ceeeerto, piccola sciocca! Il MIO papà mi ha raccontato tutto quanto... E lui non mi mente mai, al contrario del TUO. - le mormorò all'orecchio il giovane, allargando il ghigno sulle labbra.
- Smettetela voi due di dire solo stronzat- - Notch premette di più l'arma contro la pelle di quest'ultimo. Egli deglutí.
- Dai, fratellino... Racconta loro la verità... E forse le lascerò andare... - sibiló Notch.
Sia Jane che Yuiya guardavano Herobrine come per dire " Si stanno sbagliando, tu non sei un mostro! ".
Ma l'uomo dovette sospirare sonoramente, col sudore e il sangue che gli macchiavano il viso.
- È vero... È tutto vero... Ma l'ho fatto perché quella lurida razza ne aveva uccise altre... Non potevo accettare il fatto che loro volessero controllare il mondo e prendere persino il mio posto... - iniziò a raccontare Herobrine con la voce che gli tremava.
Le due non ci potevano credere.
Il dio non riuscì a continuare la sua storia.
- Continuo io: era odiato a morte dalla vecchia razza umana e perciò decise di farli fuori. Ha inondato il mondo per molto tempo finché IO, il Creatore che creò la prima razza umana, non volli ricrearne un'altra, ovvero questa qui. E mi sono preso cura di ogni singolo Umano e loro mi amano.
Ammettetelo, lui è il vero antagonista di questa storia... Non io. - concluse Notch.
Herobrine guardava per terra, con il senso di colpa che lo divorava poco alla volta.
- M-ma... Non è possibile... - mormorò incredula la ibride.
Yuiya non riusciva neanche a parlare, era troppo scossa per farlo.
- E invece è così, accettalo. - le disse brusco il ragazzo.
L'uomo dagli occhi bianchi, che adesso si stavano spegnendo come la sua anima, serrava saldamente i pugni: non poteva accettare di star perdendo le uniche due persone che lo amavano per ciò che era.

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