2. capitolo II

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«Scusami se ieri sono corsa via.»

Quel tono di voce era familiare. Quelle semplici parole erano state dette con estrema dolcezza. Un déjà-vu. Alzai gli occhi dallo stesso libro del giorno precedente e incontrai i suoi che, illuminati dai raggi del sole, mi lasciarono per un attimo senza respiro.

Molto spesso ho sentito dire che gli occhi chiari sono i più belli, che io, possedendone un paio del colore dello smeraldo, dovevo ringraziare i miei genitori, esserne felice. Personalmente, non mi trovo del tutto d'accordo. Gli occhi scuri non sono da meno. Alcuni sono così profondi da farti perdere. Era il caso della straniera che avevo di fronte.

«Sono davvero dispiaciuta, è stato molto scortese da parte mia, quindi ho pensato che ritornando qui ti avrei rivista e avrei potuto scusarmi con te.» disse imbarazzata stringendo nervosamente i lembi della maglia nera che indossava.

«Non ci sono problemi, – mi affrettai a risponderle – probabilmente ho detto qualcosa di sbagliato e in quel caso, sono io a doverti delle scuse.» le sorrisi cercando di metterla a suo agio. Lei, d'altra parte, sembrava sollevata e si sedette accanto a me come la prima volta.

«Non devi scusarti. – cominciò ed io restai in silenzio attendendo che continuasse – Non hai nessuna colpa, semplicemente le tue parole mi hanno toccata, in qualche modo. Non mi aspettavo rispondessi alla domanda, inoltre, non mi aspettavo la tua risposta. Mi hai colta impreparata.» rise lievemente chinando il capo, guardandosi le mani, che aveva portato alle ginocchia.

Cercai di trattenere il sorriso che si era formato sul mio volto.

Avevo ragione l'altro giorno: è proprio un colore blu. Volevo sapere di più, volevo conoscere le altre sfumature.

«Da quanto tempo vieni qui? – chiesi finalmente io – Non credo di averti mai vista.»

«Non vengo spesso, solo quando ho tempo. – rispose, spostando il suo sguardo su di me. – A differenza tua, però, io ti ho vista. Sei sempre seduta su questa panchina. È come se la gente che viene qui, sappia. Sappia che questo posto ti appartiene e nessuno osa mai avvicinarsi e rubartelo.»

«Tu sei qui, però. – la interruppi – Hai intenzione di rubare il mio angolo di parco?» scherzai e lei sorrise. Che sorriso delizioso.

«Rubare? Non ci penso proprio, non sono una ladra. Vorrei condividerlo, mi piace la vista da qui.» le sue parole sembrarono quasi chiedere il permesso. Era come se davvero mi stesse chiedendo di condividere quella panchina con lei.

«Ne sarei onorata.» Dopo queste parole rivolsi lo sguardo in avanti e chiusi gli occhi portando la testa all'indietro, come ero solita fare per rilassarmi.

E di nuovo, scese la quiete. Non una frase, non una parola. Tutto era avvolto da un calmo silenzio.
Che fosse la quiete prima della tempesta?

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A/N: Yo! Come state? Ecco il secondo capitolo della storia! Anche questa volta, magari, fatemi sapere cosa ne pensate! 
Alla prossima! Un abbraccio grande, grande. :)

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