3. capitolo III

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Una goccia di pioggia. Un'altra, e un'altra ancora. Il cielo era grigio, pieno di nuvole minacciose. Marzo è sempre stato così. Un minuto c'è il sole che splende alto nel cielo e il minuto dopo dobbiamo ripararci sotto un ombrello. Ecco, l'ombrello. Io come al solito ne ero sprovvista, ma casa mia non era distante, avrei potuto camminare velocemente e raggiungerla facilmente. All'improvviso un lampo squarciò il cielo e un rombo assordante mi fece balzare in piedi. Stavo per andare via, ma qualcosa mi bloccò. Mi voltai verso la ragazza alla mia destra. Sembrava così piccola. Aveva portato le ginocchia verso il busto. Era stretta in se stessa, con le mani sulle orecchie. Stringeva forte gli occhi e tremava.

Cominciò a piovere, per davvero.

Ed io ero lì, inerme. Cosa dovevo fare? Neanche la conoscevo, sarei potuta andare via in qualsiasi momento. Non lo feci.

Mi avvicinai cautamente. Le posai una mano sulla spalla per farle capire che le ero vicina. Avrei voluto abbracciarla, ma ho pensato sarebbe stato inappropriato, quindi, quando alzò lo sguardo verso di me, mi limitai a sorriderle.

Molto probabilmente lei non la pensava come me e, con scatto felino, si strinse forte al mio petto, in cerca di protezione. A mia volta, le accarezzai la schiena. Eravamo entrambe fradice. Dovevo prendere una decisione. Mi staccai, non facilmente, dall'abbraccio e le feci cenno di seguirmi. Le presi la mano e le feci strada aumentando pian piano il passo. C'era una caffetteria lì vicino, entrammo e chiedemmo di usare la toilette.

Non dicemmo nulla. Cercammo di asciugarci al meglio e, una volta soddisfatte, ordinammo due caffè schiumati; ci sedemmo ad un tavolino, aspettando che la pioggia smettesse.

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«Ti sarà sembrato infantile.» affermò ad un tratto. Si accorse che non avevo capito a cosa si riferisse e infatti continuò «La patetica scena di prima, al parco, intendo.»

«Non mi sei sembrata patetica. Non l'ho pensato nemmeno per un istante.»

Aveva gli occhi rivolti verso la sua bevanda, mescolando lentamente lo zucchero che aveva aggiunto al suo interno. Era come persa.
«Sono seria – interruppi i suoi pensieri – non sentirti in imbarazzo. Non ti giudico. Ognuno di noi ha paura di qualcosa, chi dice che tu non possa essere spaventata dai temporali?» Volevo tirarla su di morale e credo che, in fondo, ci ero riuscita: stava cercando di nascondere un piccolo sorriso che le si era disegnato sulle labbra, ma non ci riusciva molto bene.

Il tempo era tornato sereno. Si accorse che le gocce d'acqua avevano smesso di cadere e, guardando l'orologio posto sulla parete del locale, cercò qualcosa nella sua borsa.
«Si è fatto tardi, devo andare.» aveva intenzione di pagare lei il conto. Assolutamente no. La bloccai e dopo un piccolo dibattito, io vinsi.

L'accompagnai fuori. «Ci vediamo domani allora?» azzardai. Non mi sarebbe dispiaciuto condividere la panchina ancora una volta con quella ragazza.

«Chi può saperlo. – scherzò – Dovrai attendere per scoprirlo. Ciao ragazza dagli occhi preziosi.» sentii una risatina mentre andava via.
Non ebbi il tempo di proferire parola. Ragazza dagli occhi preziosi? Restai, per un attimo, isolata da ciò che avevo intorno. L'unico fatto certo erano le mie guance di colore vermiglio.

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A/N: Hello cuties, come state?! Ecco il terzo capitolo! Ci rileggiamo al quarto :)
Un abbraccio! :)

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