7. Mi merito te.

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Bessie guardava il suo riflesso allo specchio in un bagno di una squallida discoteca in periferia, il trucco sciolto e i capelli appiccicati sulla fronte. Rifletteva sul fatto che fosse completamente da buttare, mentre ragazze sbronze entravano e uscivano almeno ogni dieci secondi da quel bagno che puzzava di vomito e sigarette. A lei non importava, non si smuoveva minimamente dalla sua posizione, nemmeno quando Shyla era entrata per un'urgenza e l'aveva trovata lì, immobile. Si era preoccupata davvero, l'aveva supplicata di parlare, ma Bessie non faceva altro che abbandonarsi ai suoi pensieri, davanti al suo riflesso che la stava facendo sentire, a poco a poco, sempre più piccola e indifesa.

«Ora spiegami il senso di questa sceneggiata.» Brusca, con i capelli legati in un'alta coda di cavallo, a vista d'occhio mancava qualche shot per renderla totalmente ubriaca. Rue Beckett in tutta la sua eleganza, con Harry Styles accanto, con uno strano cipiglio in fronte -che poi che ci faceva lui nel bagno delle donne? Perché stava parlando con lei?- . Rue avanzò nella direzione di Bessie, evitando il tocco di Harry, che cercava disperatamente di fermarla, invano. Sapeva benissimo che con le persone come Bessie bisognava avere tatto, ma Rue sembrava non apprendere questo insegnamento. «Vorrei tanto capire quando smetterai di essere così fragile.» All'ennesima provocazione da parte sua, Bessie non si mosse di un millimetro, non uno sguardo, non un gestaccio, un insulto, niente, così Rue fu quasi costretta a prenderla per le spalle e a scuoterla, senza ricevere una vera e propria reazione, se non un leggero tremolio sotto il suo tocco. Bessie aveva cominciato a sudare freddo e se Rue ed Harry non l'avessero conosciuta così bene, avrebbero giurato che avesse ingerito quelle scadenti pasticche che regalano agli adolescenti nelle discoteche di quei quartieri. Le aveva provate, Harry, e il più delle volte era stato così male da non essere in grado nemmeno di respirare. A quindici anni, provata la prima, vedeva la realtà attorno a lui come se si trovasse in un videogioco, i battiti accelerati; a diciassette erano già due anni che la percezione dei colori e dei suoni troppo forti cambiava, ogni volta che si trovava in quei postacci, il sudore che grondava dalla sua fronte anche quando non si affaticava; a diciotto smise, ma il perché rimaneva un mistero agli occhi di tutti, il livido che riportò in faccia per un po' spaventava qualsiasi persona lo vedesse.

«Non trattarla così o scoppierà in un pianto isterisco.» Suggeriva Harry -imbarazzato per la situazione e per il luogo in cui si trovava- , una mano tra i capelli disordinati e l'altra contro il muro, ricoperto da stupide scritte di altrettante stupide ragazzine. Aveva rinunciato a fermare Rue fisicamente, perché sapeva di perdere in partenza.

«O mi da una risposta concreta,» annunciò Rue, trascinando Bessie lontano dallo specchio, lasciando che si accasciasse contro il muro «o, per quanto mi riguarda, posso rimanere qui a sentirla disperarsi tutta la notte.» Non aveva nemmeno lontanamente distolto lo sguardo da Bessie, ed Harry si sentiva egoista nel pensare che avrebbe voluto solo essere osservato, scrusato, fino allo sfinimento, voleva che gli occhi di Rue guardassero solo e unicamente lui. E -fanculo, pensava- , avrebbe dovuto essere arrabbiato a morte con lei. Ma non ci riusciva, non ci voleva riuscire.

«Guardami, Be, perfavore.» Un' imprecazione rimase impigliata tra i denti di Rue, mentre ascoltava il respiro regolare e pesante di Harry, che si era seduto semplicemente accanto a Bessie, la sua mano grande sul ginocchio ossuto e coperto dalle calze velate; Rue si strinse nelle spalle, le braccia incrociate sotto al seno e le mani che sfregavano contro la sua pelle accaldata. Bessie incrociò sul serio lo sguardo di Harry. Rue si sentì una nullità, un'incapace. «Perché ti stai comportando così?»

Attimi interminabili, il tempo sembrava non voler passare, mentre Rue osservava la scena come un testimone oculare e in cuor suo sperava davvero che Bessie parlasse.
«Non riesco a fare altrimenti,» disse piano, gli occhi chiusi e la testa contro il muro, il respiro irregolare e la pelle d'oca «non ci riesco perché è come se mi mancasse l'aria tra voi due.» Le ultime parole furono appena percettibili, ma sia Rue che Harry parvero comprenderle a pieno.
«È normale che mi piaccia averti davanti agli occhi, però allo stesso tempo non ci riesco, non più.» Gli occhi semiaperti e puntati verso Harry. «Non sei fiera di me, Harley? Sono stata brava a mascherarlo per tutto questo tempo.»

Nuvole di fumo. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora