Capitolo 4

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TYLER

Finalmente ero tornato sulla terra ferma. Non sarei resistito un minuto di più su quell'aereo, soprattutto dopo l'atterraggio più movimentato di tutta la mia vita. Non sapevo cos'era successo, ma il pilota aveva esitato prima di toccare la pista e l'aereo aveva ondeggiato un paio di volte in aria provocandomi un mal di testa terribile. Fortunatamente la bambinetta che era seduta al mio fianco, Susan se non sbaglio, non aveva fatto commenti ironici al riguardo altrimenti non ce l'avrei fatta ad uscire dall'aereo sano di mente come ero entrato.
Avevo già i miei problemi abbastanza difficili da gestire, se dovevo aggiungere alla lista anche la mia insanità mentale non ne sarei uscito vivo.
Non avrei mai pensato di apprezzare il traffico e il rumore di New York come in quel momento. Tutte le voci all'interno dell'aeroporto mi avevano letteralmente stordito.
Mi voltai verso destra per chiamare un taxi, ma il mio sguardo venne catturato da due occhi azzurri, ormai troppo famigliari.
« Buona fortuna.» mimò con le labbra facendomi un occhiolino prima di salire su un taxi con altre due ragazze.
Quella bambina, seppur piccola, riusciva a cogliere ogni singolo tuo movimento e da quello ricavare informazioni che pochi riuscirebbero a capire. Non so se posso definirlo come un dono, ma sicuramente lei lo usava come tale e si divertiva a dare consigli che, molto probabilmente, usava anche lei. Era sveglia e, anche se non lo avrei mai detto in sua presenza, non era così orribile stare in sua compagnia anche se aveva un'aria da saputella.
Chiamai un taxi e, dopo aver dato il mio indirizzo all'autista, appoggiai la testa al sedile cercando di far mente locale su ciò che dovevo fare.
Erano le 21.30 quando arrivai davanti al suo palazzo. Non sapevo se si trovava in casa e non avevo la minima idea della sua reazione quando mi avrebbe visto.
Lucas e Rose Harper
Rilessi più volte i nomi scritti vicino al tasto del citofono per essere sicuro di non sbagliare. Sapevo che erano loro i genitori di Alice, Beatrice me lo aveva detto prima di partire che Élodie sarebbe rimasta li con loro. I coniugi Harper non erano in casa, a sentire Beatrice erano sempre in viaggio è per questo che avevano accettato di lasciare l'appartamento a Élo. Nonostante la sicurezza della loro assenza avevo paura di suonare. Avevo il timore che una volta che mi avesse visto, decidesse di tagliarmi fuori completamente e di spezzare ogni mia speranza.
Era ormai un quarto d'ora che ero davanti al portone con il dito a mezz'aria indeciso sul da farsi. Dovevo schiacciare quel tasto, non avevo fatto quel lungo viaggio per poi arrivare a New York e avere paura di premere un piccolo bottone.
Scossi la testa, cosa stavo aspettando?
Presi coraggio e spinsi il tastino.
Una luce si accese sopra la porta di ingresso e una voce maschile parlò dall'altro lato del citofono.
« Chi è?» chiese il portiere.
Proprio così, avevo citofonato al portiere.
« Salve, sa se Élodie Wilkins è in casa?» chiesi cercando di non far trapelare le mie emozioni.
« No, è uscita più di mezz'ora fa.» continuò.
Era uscita? Élodie, la mia Élodie, non sarebbe mai andata da qualche parte la sera da sola in una città quasi del tutto sconosciuta.
« Vuole che le dica che è passato Signor...?» mi risvegliò dai miei pensieri il portiere.
« No, non si preoccupi. Ripasserò, grazie e buonanotte.» non aspettai una sua risposta e mi allontanai.
Dove era andata? E se non fosse andata da sola? Magari aveva già trovato qualcun altro con cui dimenticarmi.
Dovevo cacciare quei pensieri dalla mia testa, non poteva essere così. Élodie non era così.
Mi sedetti su una panchina di fronte al suo palazzo e decisi che l'avrei aspettata. Volevo essere sicuro che tornasse sana e salva e, soprattutto, volevo assicurarmi che non ne avesse già trovato un altro.

*flashback *
Il letto non era mai stato così comodo. Quanto tempo era passato da quando mi ero buttato sul materasso? Una settimana, dieci giorni forse?
Non lo sapevo e non mi importava. Ormai niente mi importava più. L'unica cosa a cui avevo tenuto veramente nella mia vita e l'unica a cui avevo dato importanza mi aveva lasciato. Ero senza speranze, nessuno riusciva a stare al mio fianco per tanto tempo prima che io gli facessi del male.
Non sapevo neanche perché avevo creduto fino all'ultimo di essere cambiato, di aver finalmente amato una ragazza, tanto sapevo come sarebbe andata a finire.
« Dov'è?» urlò una voce femminile inconfondibile fuori dalla mia stanza.
Sentivo dei passi pensanti avvicinarsi alla mia porta, ma non pensai neanche per un secondo di alzarmi. Il letto era comodo.
« Non penso sia il caso.» sentii Peter prima che la porta si spalancasse.
« Tyler Miller, hai tre secondi per alzarti da quel letto e andare a riportare Élodie a casa. - cominciò urlando - Non so che cosa tu le abbia fatto per distruggerla così, ma se pensi che io rimanga a vedere senza fare niente ti sbagli di grosso.»
« Non sono affari tuoi Beatrice.» dissi alzando le spalle.
Vidi i suoi occhi accendersi per la rabbia e i pugni stringersi lungo i fianchi. Mi sorpresi quando aprì la bocca per parlare e da questa non uscirono grida, ma una voce apparentemente calma.
La quiete prima della tempesta.
« Pet, puoi lasciarci un attimo soli?» chiese voltandosi verso il suo ragazzo.
Lui annuì preoccupato per quello che la sua ragazza potesse fare e mi rivolta uno sguardo di scuse prima di uscire dalla mia stanza.
Nessuno avrebbe potuto salvarmi da quella furia bionda.
« Ora dimmi, Tyler, - disse marcando il mio nome con disprezzo - per quale motivo i problemi della MIA migliore amica non dovrebbero interessarmi? Per quale stupida ragione non dovrei ucciderti per averla fatta soffrire? Perché non dovrei prenderti a calci mentre te ne stai coricato comodo sul tuo letto invece che andare da lei e provare a rimediare?»
Mi alzai, sedendomi sul letto. Le stavo per rispondere, ma lei non voleva farmi parlare. Si avvicinò a me e puntò l'indice contro il mio petto.
« Era rinata, con te aveva cominciato a divertirsi, avevo visto la speranza nel suo sguardo e la possibilità che finalmente credeva nella vita. Tu le hai donato la voglia e l'entusiasmo per ricominciare a vivere, hai lavorato per ottenere la sua fiducia. Vuoi davvero buttare via tutto? Lei ti ama e tu ami lei perciò che cosa stai aspettando?» chiese cercando di non far trasparire nessuna emozione dalla sua voce.
« Lei non mi ama, non più. Non posso tornare da lei come se non fosse successo niente.» riuscii solo a dire abbassando lo sguardo sul pavimento.
Sentii la sua risata rimbombare nella stanza seguita da un sospiro.
« Non mi sembra ti importava quello che pensava lei di te quando, per parlarle, l'hai chiusa in uno sgabuzzino. Vi appartenete Tyler, dovete capirlo per trovare la felicità.»
Scossi la testa, non sapevo cosa dire. Forse aveva ragione, ma non avevo comunque il diritto di presentarmi da lei dopo quello che le avevo fatto.
Beatrice sbuffò e prima che me ne rendessi conto era davanti alla porta della mia camera con la mano appoggiata sulla maniglia.
« Sai cosa, ora non lo ammetterai mai, ma ti mancherà. Ti mancheranno i suoi sorrisi, i suoi occhi, la sua bocca, i suoi capelli, il suo carattere a volte troppo dolce e a volte troppo duro. Ti mancherà tutto di lei e a quel punto ti accorgerai di esserti dato una mazzata sui piedi da solo, non lo ammetterai ma sarà così.- il punto era che mi mancava già. Rise lievemente e scosse la testa - Ma il peggio verrà quando poi la vedrai con un altro ragazzo, la vedrai felice con lui e ti renderai conto che quel ragazzo saresti potuto essere tu.» strinsi i pugni, non potevo sopportarlo.
Aprì la porta ed uscì, ma prima di andarsene parlò ancora.
« Queste sono le conseguenze per chi trova l'amore e se lo lascia scappare.»
La guardai chiudersi la porta alle spalle senza dire una parola. Non volevo dargli quella soddisfazione, ma sapevo che aveva assolutamente ragione.
*fine flashback*

Il rumore dei freni di un'auto mi risvegliò dai miei pensieri e mi fece alzare lo sguardo davanti a me.
Un SUV nero si era appena fermato davanti all'edificio in cui viveva Élodie. I vetri oscurati non mi facevano vedere chi era alla guida, ma mi bastò sentire quella voce per capire di chi si trattava.
« Mi stai veramente accompagnando alla porta?» chiese ridendo.
Osservai quella scena non capendo niente.
Élodie era scesa dall'auto e, con le braccia incrociate al petto, parlava con qualcuno all'interno del veicolo.
« Ho detto che ti accompagnano a casa, non posso lasciarti per strada.» rispose una voce maschile.
Non la sentii ribattere e la sua risata crebbe.
Il mio cuore perse un battito, ma quando un ragazzo scese dall'auto riprese a battere regolarmente.
Strinsi i pugni fino a farmi male, non poteva essere vero.

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