Capitolo 14

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TYLER

Avevo passato la notte insonne.
Dopo che Élodie se ne era andata via avevo deciso di tornare al motel, avevo bisogno di dormire e recuperare le energie per il giorno successivo. Purtroppo per me però non riuscii a fare ciò che avevo programmato. Ormai la mia vita era piena di imprevisti e nessuna mia programmazione sarebbe riuscita a concludersi. Le azioni calcolate sarebbero sempre in qualche maniera distrutte, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine.
Infatti quella notte, appena varcai la soglia della mia misera e provvisoria sistemazione, i miei piani vennero demoliti. Non ero solo come speravo, ma seduto sul mio letto c'erano coloro che mi avrebbe tenuto sveglio per almeno altre quattro ore.
« Scommetto che è un'idea di Bea.» Sbuffai chiudendo la porta alle mie spalle.
Josh, Steven e Peter erano di fronte a me che mi sorridevano.
« Finalmente sei tornato. Ti stiamo aspettando da ore ormai.» mi rispose Josh.
« Dove sei stato fino a quest'ora? Serata interessante?» ammiccò invece Peter.
« Magari fosse andata così.- Sbuffai nuovamente- Élodie non mi concede niente. La serata non è andata nel migliore dei modi o, almeno, come io speravo.»
Mi buttai anch'io sul materasso del mio letto e guardai il soffitto.
« Non è ora di piangersi addosso. Vi faremo incontrare di nuovo e questa volta andrà tutto per il meglio. Bea ha un piano!» mi guardò furbamente Peter.
Non sapevo come mai, ma il tono di voce con cui aveva pronunciato quelle frasi non mi fece tranquillizzare per niente.
Steven si alzò stiracchiandosi e, dopo aver lanciato un occhiata complice agli altri due miei amici, cominciò a spiegarmi ciò che avevano in mente.

Il giorno dopo, volente o dolente, mi ritrovai a mettere in atto ciò che mi avevano illustrato la notte precedente.
Questa volta, a differenza della sorpresa che avevo fatto a Élodie la sera prima, lei sarebbe stata a conoscenza di tutto, sarebbe stata lei a decidere se incontrarmi o meno.
Quando i ragazzi erano venuti al motel, Bea era andata da Élodie e aveva fatto ciò che i miei amici avevano fatto con me, o almeno così loro mi avevano detto.
Ero contento che tutti volessero aiutarmi in qualche modo e, sebbene Beatrice non sapesse il vero motivo della mia rottura con Élodie, mi aveva sempre appoggiato credendo che io meritassi di stare con la sua migliore amica. Avevano tutti estrema fiducia in me e riponevano nelle mie azioni grande speranza. Questo faceva aumentare ancora di più la mia voglia di riprendermi Élodie.
Ero stanco di deludere le persone e di fallire come uomo nella mia vita perciò avrei fatto il mio meglio per sistemare tutto.
« Ti porto qualcosa?»
La voce della cameriera mi fece ricordare dove mi trovavo.
Alzai lo sguardo verso di lei, ma non la osservai veramente. Se dovessero chiedermi che faccia avesse o il colore dei suoi capelli probabilmente non saprei cosa rispondere, il quel momento avevo la testa altrove.
« No, grazie. Sto aspettando un'amica.» risposi sentendo un tuffo al cuore nel pronunciare l'ultima parola.
La ragazza di fronte a me fece un segno con la testa e si allontanò verso un altro tavolo.
L'avevo appena definita "Amica". Nulla di più sbagliato e lontano da ciò che pensavo realmente, ma in quel momento e in quella situazione mi sarei accontentato anche solo di rivedere per una volta il suo sorriso sincero e spensierato. Forse dovevo cominciare a prendere in considerazione anche l'opzione di essere solo amici e nulla di più.  Peccato che le probabilità che lo diventassimo fossero poche essendo che non eravamo mai stato solo amici. Eravamo passati dall'odiarci e dal risponderci male al non poter più fare a meno l'uno dell'altro, o per lo meno per me era stato così. Avevo provato nei suoi confronti mille sentimenti contrastanti.
Avevo cominciato con la curiosità. Infatti la prima volta che ci incontrammo su quell'aereo mi aveva subito colpito la sua lingua lunga. Era riuscita a fare stare zitti Steve, Pet e Josh con una semplice frase suscitando in me la voglia di conoscere quella ragazza. Avevo appositamente proposto l'idea di sfidarci così che la potessi vedere di nuovo e prolungare il tempo che avrei avuto per poterla conoscere, ma purtroppo, come era arrivata, lei se ne era andata via velocemente come se fosse spaventata. Avevo pensato a lungo a lei, speravo di poterla rivedere e poter capire il motivo della sua improvvisa fretta nell'andarsene quella mattina a Miami. Quando, circa un mese dopo, la rividi non potei fare a meno di esserne contento. Avevo cercato fin da subito le sue attenzioni e, sebbene lei sembrava scocciata dal mio modo scorbutico di approcciarmi, io avevo continuato perché adoravo sentire le sue risposte taglienti. Fu solo quando la vidi piangere nel cortile della scuola che mi sentii tremendamente unito a quella ragazza. Si vedeva che aveva subito un dolore talmente grande da averla segnata per sempre e, anche se in quel momento della mia vita era meglio che stessi lontano dai casini, quella ragazza così incasinata mi affascinava, volevo e dovevo conoscerla meglio. Ovviamente non mi aspettavo rachiudesse tutti quei segreti che, con il tempo, era riuscita a rivelarmi. Era come un iceberg e io ne avevo solo visto la parte fuori dall'acqua quel pomeriggio a scuola, solo dopo il giorno di Natale capii cosa nascondeva realmente e quella parte di lei mi terrorizzava. Lei era la ragazza alla quale avevo distrutto e portato via per sempre la famiglia, gli affetti più cari e coloro che l'avrebbero dovuta vedere crescere e diventare donna.
Se lo avessi saputo sin dal principio mai mi sarei avvicinato, mai avrei provato a conquistarla. Sapevo il dolore che le avevo procurato e la ferita che avevo causato quella mattina di sei anni prima non si sarebbe rimarginata tanto in fretta. Purtroppo però ero venuto a conoscenza della sua vera identità quando ormai era troppo tardi, ormai era diventata una parte importante della mia vita e, anche se raccontarle tutto sarebbe stata la scelta migliore, io avevo troppa paura di perderla e il mio egoismo mi aveva frenato.
Ormai non potevo più negarlo a nessuno, il filo che mi legava a Élodie era diventato troppo resistente per essere tagliato e non ce l'avrei mai fatta a dimenticare i momenti passati con lei. Io l'amavo. Dovevo solo trovare il momento giusto e le parole adatte per dirglielo. Sperai solamente che una volta ammessi i miei sentimenti lei non li buttasse via con tanta facilità.
« Tyler?» sentii qualcuno chiamarmi.
Riconobbi subito quella voce, non potevo dimenticarla. Il sangue nelle mie vene gelò. Niente sarebbe andato nel verso giusto.
« Sei proprio tu! Com'è piccolo il mondo.»

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