TYLER
Avevo sempre odiato viaggiare con mezzi con mezzi che non mi appartenevano e che non potevo guidare. Ovviamente tra questi c'era anche l'aereo.
Bisognava aspettare un'eternità per il check-in, lunghe file di gente in subbuglio e, cosa peggiore, non sapevi mai chi ti ritrovavi come vicino di sedile.
Erano anni ormai che non viaggiavo più in aereo, da quando ero andato via di casa non avevo più fatto lunghi viaggi o comunque mi spostavo sempre in moto o in auto.
Non avevo paura dell'aereo o delle navi, ma avevo sempre preferito viaggiare sulla terra ferma e preferibilmente avendo il controllo del mezzo.
Per questo motivo, ora che mi ritrovavo seduto sul sedile vicino al finestrino del primo aereo che avevo trovato diretto a New York, avevo una voglia tremenda di scendere e raggiungere la Grande Mela in moto. Ovviamente sarebbe stata un'azione da pazzi, soprattutto in quel momento visto che avevo urgenza di trovare Élodie.
Potevo sopportare queste due ore di volo invece che farne quindici in moto.
Speravo solamente che una volta arrivato da lei mi avesse lasciato spiegare.
« Va tutto bene?» chiese una vocina al mio fianco.
Mi voltai non capendo chi potesse essere e soprattutto se parlasse con me. Quando mi ero seduto sull'aereo non c'era ancora nessuno nel sedile di fianco al mio e non avevo sentito arrivare nessuno, probabilmente troppo immerso nei miei pensieri.
« Stai parlando con me?» chiesi titubante alla bambina al mio fianco.
Non ero mai stato bravo ad indovinare le età, ma se non mi sbagliavo lei aveva più o meno sei anni. Aveva dei lunghi capelli castani che le ricadevano sulle spalle e due grandi occhi azzurri. Sembrava mi guardasse impaurita e, da come stringeva il pupazzo che aveva fra le mani, pensai che non stesse parlando con me prima e quella mia domanda l'avesse intimorita.
Quando parlò però capii che era tutt'altro che timida e spaventata.
« Stai stringendo i punti da quando mi sono seduta e non mi hai salutata quando io l'ho fatto. Pensavo stessi morendo visto che non davi segni di vita.» disse alzando le spalle.
Sbarrai gli occhi per lo stupore, quale bambina usava con quella leggerezza quelle parole con uno sconosciuto?
La guardai dritta negli occhi azzurri e le sorrisi leggermente.
« Scusa se non ti ho salutato. Io sono Tyler, tu come ti chiami?» chiesi tendendole la mano destra per farmela stringere e ignorando volutamente la sua domanda.
« Susan» mi rispose stringendo la mia mano, una stretta molto forte per una bambina.
« Sei arrabbiato con qualcuno?» chiese lasciandomi la mano.
« Non penso sia il caso di parlarne con te.» dissi.
« Come vuoi.» mi rispose alzando le spalle e tornando a guardare davanti a sé.* flashback *
Peter parlava, ma a me arrivavano solo suoni tutti uguali senza alcun significato. L'unica pensiero che avevo per la testa riguardava il comportamento che Élodie mi riservava ogni volta che mi vedeva. Volevo capire il significato di questo perciò, pochi minuti dopo che era uscita lei, mi alzai anch'io dal tavolo della mensa.
« Vado a fumare una sigaretta.» dissi prima che i miei amici mi riempissero di domande.
Non aspettai una loro risposta ed uscii subito.
Non sapevo dove potesse essere andata, ma la scuola non era così grande ed erano pochi i posti in cui si poteva stare tranquilli e soli.
Presi una sigaretta dal pacchetto che tenevo sempre in tasca e, dopo averla accesa, cominciai a camminare.
La vidi quasi subito. Era seduta su un muretto in un luogo appartato del cortile. Stava parlando al telefono e sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. Quando la vidi accovacciarsi a terra con la testa fra le mani e il corpo leggermente scosso da singhiozzi probabilmente per trattenere le lacrime, capii che ciò che avevo pensato prima non era così sbagliato.
« Va tutto bene?» chiesi d'istinto senza pensare al fatto che lei non mi avesse visto.
Alzò lo sguardo nella mia direzione e, quando vidi i suoi meravigliosi occhi verdi lucidi e leggermente rossi per le lacrime versate, sentii un peso sullo stomaco. Era come se in quel momento volessi farla tornare a sorridere e non vedere mai più quell'espressione triste. Però non era compito mio e mai lo sarebbe stato. Non eravamo neanche amici, figuriamoci se potevo intromettermi nei suoi problemi.
Ne avevo già abbastanza di miei.
« Si si, sto bene! Grazie.» disse.
Alzai gli occhi al cielo e sbuffando le risposi.
« Non si direbbe, stai piangendo?»
Passò il palmo delle mani sugli occhi e sulle guance per cercare di eliminare le prove del pianto, ma non funzionò a molto.
« Sto bene, sul serio!» disse probabilmente per zittirmi, si vedeva che c'era qualcosa che non andava.
Comunque accettai la sua scelta di non raccontarmi ciò che le prendeva e ritornai nei panni del Tyler freddo e menefreghista, solo così avrei smesso di fare del male.
« Come vuoi.» risposi alzando le spalle prima di fare un altro tiro dalla sigaretta che avevo fra le dita.
* fine flashback *Quella bambina mi ricordava tanto me stesso prima che incontrassi Élodie, chissà come mai alla sua età giocava già il ruolo del personaggio freddo e scontroso.
« Viaggi da sola?» le chiesi il più cordialmente possibile.
« Tu non rispondi alle mie domande, perché io devo rispondere alle tue?» chiese pungente.
A quanto pare era un osso duro, non si lasciava sfuggire nulla.
« Volevo fare amicizia.» dissi dolcemente.
Volevo farle abbassare le difese e scoprire il perché di quel caratterino. A quanto pare però non stava funzionando perché non mi rispose.
« Non devi avere molti amici con il carattere che ti ritrovi.» scherzai e tornai a guardare davanti a me.
Non mi rispondeva più, forse l'avevo veramente offesa. Un po' mi dispiaceva, ma io ero fatto così, tendevo sempre a ferire chi mi circondava perciò decisi di chiudere la conversazione con quella bambina.
Il senso di colpa e la delusione tornarono a prendere possesso del mio corpo lasciandomi un gusto amaro in bocca.
Non ero più sicuro di quello che stavo facendo.
Forse dovevo lasciarla andare come avevo deciso quando se ne era andata e non ascoltare Beatrice e gli altri.
Rilessi il biglietto che mi aveva dato Bea, non avevo la minima idea di dove si trovasse quel posto e non capivo neanche perché la migliore amica della mia ormai ex ragazza volesse aiutarmi quando avrebbe potuto benissimo mettermi i bastoni fra le ruote. Mi aveva dato l'indirizzo dell'appartamento di Élo, che viveva insieme ai genitori di Alice sebbene questi ultimi erano sempre in viaggio, e mi aveva fatto promettere che l'avrei riportata a Orlando. Mi aveva anche detto che avrebbe avvisato Élodie del mio arrivo perché riteneva scorretto non dirglielo. Non avevo replicato, ero grato per quello che aveva fatto per me nonostante non andassimo molto d'accordo. Alle sue parole avevo annuito e l'avevo ringraziata con un abbraccio che però lei aveva subito sciolto dicendo che, se non avessi convinto Élodie a tornare, avrei fatto meglio a non tornare anch'io.
Sorrisi ricordando quel momento e scossi la testa pensando a quanto quella ragazza sapesse farsi valere.
Io amavo Élodie e, anche se sapevo che sarebbe stato difficile farglielo ammettere di nuovo, lei amava me.
L'avrei riportata a casa, a qualunque costo.
« Se ti ama tornerà.» sentii dire al mio fianco.
Mi girai per capire se lo avesse detto realmente. Guardava ancora davanti dritto a sé, ma a differenza di prima, in quel momento aveva un ghigno furbo disegnato in volto.
Sì, lo aveva detto realmente.
Ma come faceva a saperlo?
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Fight for her
RomanceSequel di Fight for you Aveva sentito il suo cuore spezzarsi. Era una sensazione strana, effettivamente. Le si era mozzato il fiato per qualche secondo, poi aveva sentito una sorta di vuoto, di voragine, perforarle lo stomaco. Era accaduto per la se...