"just gonna stand there and hear me cry"

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《Alyssa》
Il mio nome sulle sue labbra mi fa salire la bile. Dopo tutto quello che ha fatto, mia madre ha il coraggio di pronunciare il mio nome, e di sorridermi.
《Come stai?》chiede anche.
Sul serio? Mi ha chiesto come sto? Roba da matti. Sento la voglia di correre in bagno a vomitare crescere di secondo in secondo mentre quella di urlarle addosso mi attanaglia lo stomaco e il cervello.
《Ally》mi chiama con tono dolce Ryan. Mi ero dimenticata della sua presenza. Per la prima volta da quando lo conosco mi sono dimenticata del fatto che fosse dietro di me, a vedere tutto.
《Vai via》sussurro. È quasi  un'implorazione, un sussurro che chiede pietà e lui mi da ascolto,  incredibilmente, mi da ascolto e se ne va, lasciandomi nella stanza con mia nonna e la donna che mi ha messa al mondo.
《Cosa ci fai qui?》 Chiedo col veleno in bocca.
《Sono venuta a farti una visita,  come promesso.》 Mi informa sorridendo.
Inarco le sopracciglia e la guardo stupita.《Intendi dire come hai fatto negli ultimi 8 anni? Oh si, certo, come ho fatto a non pensarci! 》 esclamo ironica ridendo amaramente. Perfino deriderla e arrabbiarsi perde di ogni gioia e significato di fronte a questa donna.
《Alyssa!》mi richiama mia nonna. Ha lo sguardo quasi....furente. Si. È arrabbiata, arrabbiata con me. Mi metto a ridere amaramente ancora e senza guardare più nessuno mi dirigo in camera mia, facendo risuonare i tacchi per le scale.

"Si tesoro, sarai bravissima come sempre."

"Ti voglio tanto bene."

"Non farò come tuo padre."

Queste parole si susseguono nella mia mente come una canzone da un disco rotto. Non sento altro: non sento mia nonna che parla con mia madre al piano di sotto, non sento neanche la musica che parte dallo stereo che ho comprato ai miei 14 anni con la paghetta di tre anni.
Continuo a camminare avanti e indietro per la camera e rischio anche di bucare il pavimento se non faccio attenzione.  La testa mi duole sia perché da circa due ore e mezza mi tiro i capelli come una pazza, sia perché dallo stesso lasso di tempo mi scervello su cosa dovrei fare: dovrei scendere col sorriso o non guardarla in faccia?  Dovrei fingere di non sentire una fitta di dolore nel petto quando rivedo nella mia mente quel giorno, quando insistetti per andare a quella dannata gara?
Il telefono vibra sul comodino e sono indecisa se prenderlo. Un messaggio,  da Ryan.
_stai bene?_
Chiede nel messaggio. Come fa a sapere che qualcosa non va? Guardo verso la finestra e lo vedo salutarmi.
Lo chiamo e giuro che se non fosse tanto lontano e tanto tardi lo starei insultando in tutte le lingue che conosco.
《QUANDO DIAVOLO PENSAVI DI DIRMI CHE SI VEDE TUTTO?》 Gli urlo al telefono.
Lo vedo ridacchiare da dietro il vetro e gli lancio un'occhiata assassina sperando che riesca a vederla nonostante la lontananza delle finestre.
《Vedila così. ...
Se te lo avessi detto prima ora non saprei che stai male....
Cosa ti succede?》 Il suo tono dapprima divertito si trasforma subito in uno preoccupato. Lo guardo e non so cosa fare. Non sono pronta per dirgli cosa mi succede, per descrivergli  tutto l'odio e la rabbia che provo al momento per la donna che più dovrei amare al mondo.
  No, non sono pronta.
《Niente, sono solo nervosa per la scuola. Ci vediamo Ryan. 》subito prova a ribattere ma chiarisco che non ho voglia di parlarne per cui alla fine si costringe a chiudere la telefonata. Un silenzio pesante aleggia per la stanza insieme a tutte le mie preoccupazioni.
Non dovrei essere felice di vedere mia madre dopo tutto questo tempo?
Ovviamente si, ma come posso dopo quello che mi ha fatto. Sento la rabbia montare dentro di me e la voglia di rompere qualcosa mi assale, ma siccome non ho nulla da rompere se non cose di importanza vitale, strappo le lenzuola dal letto, ribalto i fogli sulla scrivania e cado in ginocchio, tra tremiti, lacrime e male, un male che dal petto si spande fino al cervello e tutto il corpo, mentre un urlo frustrato e che fa male si strozza in gola.

Non ce la posso fare, non ci riuscirò.

Ma ce la dovrò fare, non so come, ma dovrò.

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