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"Grazie."

E' l'unica parola che ho sentito pronunciare sia da Pingles che Rosha in tutto il tempo che abbiamo camminato. Youri ti ha stupita. Mi ha disgustata. Non capisco che cosa l'abbia spinto a comportarsi in quel modo. Non aveva delle prove, neanche una. Ha aggredito tutti, uno dopo l'altro. Andarmene forse non è stata la soluzione giusta ma, in quel momento, se fossi rimasta, non so cosa sarebbe potuto accadere. Da quando è finito tutto questo, io e gli altri due della compagnia, stiamo camminando verso la parte opposta rispetto a quella dove Klo ci ha lasciato scendere molto delicatamente. Stiamo camminando uno di fianco all'altro, per proteggerci e per sentirci riparati. In fondo se queste creature hanno un influsso positivo su di me e hanno il potere di calmarmi e farmi distrarre, non vedo perché, in una situazione come questa, non dovrei tenermele vicine. In passato non l'avrei mai permesso, ci avrei provato da sola. Ma forse qualcosa dentro di me sta cambiando, come il mio modo di ragionare. Anche Youri sta camminando con noi. Si tiene a distanza, ma lo vedo. Ci segue, come se fosse un ladro, come se dovesse scusarsi e si fosse pentito di quello che ha fatto, ma non ne avesse il coraggio. Magari è così che si sente. Non capisco perché si faccia così tanta fatica ad esprimere i propri sentimenti, a dire la verità, a chiedere scusa, in qualsiasi circostanza. Non bisognerebbe avere paura del giudizio, delle reazioni. Quando le cose sono fatte non si può tornare indietro, ma si può provare a renderle più leggere, a riconoscerle. Riuscire ad aprirsi le rende più sopportabili, almeno per la persona interessata. In fondo è come buttare addosso all'altro tutte le nostre colpe, con l'obiettivo principale di liberare noi stessi e con una piccola percentuale di speranza di essere perdonati. Ma forse è proprio questo che la gente non vuole: scaricare i propri errori sugli altri, sia perché non vuole appesantirli, sia perché forse è un po' gelosa dei suoi sbagli. Ed ecco che, per scelta obbligata, non resta che usare sempre altri modi. Si mente, si nasconde, si cerca di dimenticare, di tralasciare. Ma tutti sanno che, realmente, tutto ciò, non porta a nulla di buono. Se non parli gli altri non capiscono e non si può pretendere di essere aiutati da persone che non sanno. E' come voler essere salvati da un supereroe che non è stato chiamato. Non voglio che Youri faccia lo stesso errore che per tre lunghi anni ho commesso io. Non voglio che faccia lo stesso errore di Nathan, di mio padre. Voglio che parli, che abbia la possibilità di spiegare. Voglio che racconti, che sia aperto. Solo così tutto potrà essere chiarito. Solo così farà pace con gli altri. Solo così potremo ricominciare il nostro viaggio. Solo così troverò la forza di ricominciare ad amarlo. Solo così, con una sola frase, ricomincerà a far battere sia il suo cuore che il mio, di una passione, di un entusiasmo e di un amore, persi nei nostri passati. 

"Che cosa stai facendo Youri?!"-urlo, per fare in modo che mi senta, in tono divertito ma severo.

Non so se Rosha non si fosse accorta di lui e se Pingles stesse cercando di evitarlo, o viceversa. Non so cosa stia passando nelle loro teste. Inizio a sospettare che solo Shado riuscisse a leggere la mia mente, a pensare come me prima che io l'avessi fatto. Non sembrano capire ciò che penso, non riescono ad ascoltare i miei ragionamenti. Si fermano e lentamente si girano. Pingles sembra terrorizzato ma, secondo me, in realtà, lo è molto meno di quanto voglia far credere. Sul volto di Rosha non traspare un'emozione, come accade spesso. Youri si avvicina lentamente, a testa bassa, per paura di incrociare volti che lo farebbero sprofondare nuovamente nel senso di colpa. Spero abbia capito che basterebbe poco per modificare l'idea che i due esseri di fianco a me si sono fatti di lui e annullare la mia diffidenza. 

"Camminavo, dietro di voi. E' il posto che mi spetta dopo quello che ho fatto. Anzi, non dovrei neanche essere qui dopo tutto il dolore fisico e mentale che vi ho fatto provare."-dice, con le opportune pause. Sta parlando con il cuore: la mente va a mille. La sua voce è debole e angosciata. E' una sofferenza ascoltarlo. Un continuo lamento di un ragazzo che è già morto. E' capace di trasformare anche la frase più semplice in un tormento per le mie orecchie. 

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