CAPITOLO XIV

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  Suona la campanella che annuncia la fine della quarta ora. Ora ho un'ora buca, una lezione e poi la pausa pranzo.
Lascio l'aula del corso di arte, stringendomi il libro di teoria al petto. Alyssa non segue questo corso con me, ma David e Leonard sì.
Esco in corridoio mentre chiacchiero amabilmente con loro due, ma sobbalzo quando accanto alla porta riconosco Stiles, poggiato allo stipite con aria nervosa.
Sta mormorando tra sé e sé qualcosa, come se stesse recitando una parte. Gesticola e si porta le mani alla testa come esasperato. Mi fa sorridere, come sempre.
- Ci vediamo dopo, ragazzi – saluto i miei amici senza staccare gli occhi da Stiles.
Mi avvicino a lui lentamente e, come mi aspettavo, nemmeno se ne accorge.
Aspetto qualche secondo, ma lui continua imperturbabile con il suo soliloquio.
- Eilà! – annuncio allora. Mi sento mortificata, quando lui fa un salto in aria per lo spavento.
- Sidney! – sembra spaesato, ma non in modo preoccupante, in modo buffo.
- Stai bene? – ridacchio.
Lui sorride, ma è un sorriso di circostanza.
- Sì, sì, tutto a posto – si tortura le mani in modo nervoso.
- Stiles! – lo richiamo, schioccandogli le dita davanti alla faccia – che ti prende?
Mi guarda negli occhi e... non saprei spiegarlo, ma sento come un tuffo al cuore incrociando i suoi così scuri e profondi, mescolati alla sua espressione dolce e ridicola al tempo stesso.
- Ehy, rilassati – gli accarezzo la spalla per tranquillizzarlo.
Forse non avrei dovuto farlo: sembra sentirsi in imbarazzo per il fatto che io abbia notato il suo stato d'animo.
- Allora – dice, finalmente trovando il coraggio – mi chiedevo se... questo pomeriggio avessi da fare.
Lo dice tutto d'un fiato, come se fossero parole difficili da pronunciare.
Rimango sorpresa, non per la domanda di per sé, ma per quello che ci potrebbe essere dietro.
Inizio a pensare che voglia chiedermi di uscire, dato il suo nervosismo. All'inizio mi trovo a implorare che non lo faccia, ma poi constato che non mi dispiacerebbe.
Non ho mai pensato a Stiles se non come ad un amico in queste ultime settimane, anche se abbiamo passato davvero molto tempo insieme. Ero troppo presa dalla scuola e dall'elaborare le novità assurde che stavano cambiando la mia vita.
- No, non ho nulla in programma – rispondo, inclinando la testa.
Penso che lui non riuscirà ad avanzare la sua richiesta senza un piccolo aiuto.
Mi fa tenerezza, così impacciato e inesperto.
- Facciamo qualcosa? – chiedo.
Lui annuisce ancora prima di aver compreso la domanda. Poi strabuzza gli occhi allibito che quelle parole siano uscite dalla mia bocca.
Sorride.
- Perfetto – dice ricomponendosi e riacquistando sicurezza, o così vuol farmi credere.
- A più tardi – rispondo con un sorriso e avviandomi per il corridoio.
Dopo qualche secondo mi giro e trovo Stiles ancora appoggiato allo stipite, che sorride incredulo.
- Stiles – lo chiamo e quando lui si accorge che lo sto osservando si imbarazza parecchio e prende a grattarsi la testa nervosamente.
- Dimmi?
- Dovresti andare a lezione, ora – gli consiglio ridendo.
- Ah, sì – dice come se cadesse dalle nuvole – sìsì, certo. 

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