CAPITOLO XVI

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  Scendo dalla macchina.
Mi trovo su un prato e davanti a me, tra gli alberi, si apre la vista di un lago.
È bellissimo, sotto i raggi del sole.
Lancio uno sguardo a Stiles, che sta osservando la mia espressione.
- Andiamo – mi allunga una mano. Io l'afferro e insieme ci avviamo verso la riva.
Passo dopo passo l'acqua cristallina si avvicina e io non riesco a trattenermi dal sorridere.
C'è una piccola spiaggia, prima. La sabbia è bianca e tiepida.
Mi tolgo le scarpe e ci affondo i piedi. È una sensazione bellissima, l'ho sempre amata.
Invito Stiles a fare lo stesso, ma lui mi guarda stranito. Solo dopo un po'di insistenza si arrende e si mette a piedi nudi.
- È bellissimo – gli dico, quando ci sediamo in riva al lago.
Lui sorride dolcemente.
Mi viene da chiedermi quante ragazze abbia portato in questo posto. Perché da un lato vorrei essere l'unica. Vorrei credere di essere speciale, non so bene in quale senso. Speciale e basta.
- Ci vengo spesso, qui.
Ecco, ora inizierà a confessare quante scappatelle romantiche hanno avuto come destinazione questo posto.
- Da solo – aggiunge e io sento un tuffo al cuore.
- Posso capire perché ti piaccia venire qui – rispondo guardando l'acqua – è così... rilassante.
- È un posto magico.
Annuisco, mentre un alito di vento mi scompiglia i capelli.
Sento lo sguardo di Stiles puntato su di me, ma non mi volto verso di lui.
Rimaniamo per secondi infiniti in silenzio, guardando lontano e liberando la mente, come per cercare di fare spazio a tutta la magia di quel posto dentro di noi.
- Voglio fare il bagno – dico all'improvviso.
Stiles diventa tutto rosso in viso.
- Cosa!? – dice ridendo. Sicuramente spera ch'io scherzi.
Ed è strano, perché un ragazzo "normale" esulterebbe all'idea di fare un bagno con una ragazza. Senza vestiti. Eppure lui è Stiles, e Stiles non è come tutti gli altri.
Mi alzo in piedi e questo sembra farlo imbarazzare ancora di più, come se temesse quello che potrei fare.
Invece mi limito ad avvicinarmi all'acqua e ad immergervi i piedi.
È fredda, ma la sensazione che trasmette è meravigliosa.
Sorrido e mi mordo il labbro, come faccio spesso.
- Che fai, non vieni? – chiedo a Stiles, che scatta in piedi.
- A... a pucciare i piedi? Ce... certo – risponde avanzando in modo goffo sulla sabbia.
Mi fa ridere.
Rimaniamo a lungo a fianco a fianco, coi piedi immersi nell'acqua. Io continuo a ridacchiare per l'espressione che Stiles ha stampata in faccia, quell'espressione di quando non hai idea di cosa fare né di cosa potrebbe succedere.
Gli prendo la mano e lui sussulta.
- Andiamo! Solo un tuffo – lo imploro.
Lui mi guarda allibito, incredulo, perplesso. Poi scoppia a ridere.
- Tu sei strana – non suona come un'offesa.
- Anche tu.
Avanzo qualche passo nell'acqua, tirando Stiles per la mano.
Presto mi trovo immersa fino ai polpacci. Fino alle cosce. Fino ai fianchi.
Mi manca il respiro per un attimo quando l'acqua arriva alla vita.
Sento i pantaloni aderire alla mia pelle.
Stiles non sembra più preoccupato. Sta ridendo.
Lo tiro ancora verso di me, ma lui inciampa – ovviamente – e si avvicina parecchio a me.
Ci separano solo pochi centimetri. Il mio petto quasi tocca il suo, il suo respiro quasi si mescola col mio.
Sento il vuoto nello stomaco e sono tentata di slanciarmi verso di lui e colmare quella distanza tra noi. Voglio essere più vicina a lui.
Lui mi osserva le labbra e per un momento penso che voglia baciarmi. E vorrei che lo facesse.
Muove le braccia come per prendermi i fianchi, ma poi si blocca e a me serve tutta la forza che trovo per tuffarmi nel lago.
L'acqua mi avvolge come un gelido manto di nulla.
Silenzioso, sfuggente.
Rimango immersa fino a che non sento i polmoni scoppiare per la mancanza d'ossigeno.
Quando riemergo in superficie noto che Stiles è ancora nella stessa posizione di poco fa.
- Vieni! È bellissimo!
La mia voce sembra richiamarlo alla realtà. Si volta e si tuffa anche lui, raggiungendomi.
Sento che anche la maglietta si è stretta al mio corpo.
Stiles mi si avvicina, agitando le braccia nell'acqua, come se temesse di annegare – eppure tocca il fondo.
Lo schizzo con un getto d'acqua e lui mi imita, gridando un urlo di guerra.
E così segue un'accesa lotta di spruzzi e affogamenti vari, tra risate, schiamazzi e urla.
Bevo litri d'acqua ogni volta che la mia testa si immerge, sotto la spinta di Stiles. Poi riemergo boccheggiando e gli salto addosso, spingendo lui a fondo.
Credo che lui si lasci affogare apposta.
In ogni caso sembra tutto così divertente... e lo è! Mi sembra quasi di essere tornata all'elementari, senza tormenti, senza pensieri, ma con tanti amici con cui fare cose... da bambini.
Dopo un'abbondante mezz'ora ci decidiamo ad uscire dall'acqua, zuppi e ridenti.
Mi imbarazza il fatto che la sagoma del mio corpo sia così definita a causa dell'aderenza dei vestiti bagnati, ma Stiles non sembra farci molto caso.
Eppure io non riesco a non guardarlo: è bellissimo anche da così, coi capelli umidi arruffati, la t-shirt bianca definisce il suo fisico. Ed è... decisamente attraente.
Devo costringermi a guardare altrove e a respirare a fondo per resistere alla tentazione di saltargli addosso.
- Tu sei strana – ripete ridendo.
Io mi metto a sedere e lo osservo da sopra la spalla.
- Però ti faccio ridere – ribatto.
Lui sorride e non stacca gli occhi dai miei.
Sento di nuovo uno strano vuoto nello stomaco.
Il modo in cui mi guarda... sembra dirmi che non vuole lasciarmi andare, che mi vuole bene.
E io mi sento davvero apprezzata. Vorrei potermi sentire sempre e per sempre così, come quando lo guardo negli occhi.
- È vero – ammette – ma sono più le volte in cui mi spaventi.
- Cosa!? – mi fingo offesa – io ti spaventerei!?
Lui annuisce, con la faccia da falso presuntuoso.
Incrocio le braccia e mi giro dall'altra parte, mettendo il muso.
- Eddai, sai che scherzo.
Sento che si è avvicinato, che è dietro di me. E immagino che non sappia bene cosa fare, come sempre.
Allora mi volto e lo trovo più vicino di quanto mi aspettassi.
I suoi occhi... ancora quel vuoto. E la voglia di averlo più vicino.
Allunga una mano verso il mio viso e penso che finalmente mi bacerà.
Però all'improvviso colgo un guizzo alle sue spalle. All'inizio non capisco. Ma poi...
- Stiles, giù! – grido sdraiandomi e tirando lui su di me alla velocità della luce.
Giusto in tempo per sentire fischiare una freccia nell'aria sopra di noi. Ci avrebbe colpita in pieno. Solo un secondo in più e... uno di noi due sarebbe stato morto.
Mi accorgo con imbarazzo che la faccia di Stiles è immersa nelle mie tette. Non sembra dispiaciuto, ma io mi sento avvampare.
Lui si accorge del mio sguardo e si sposta subito, ma non abbiamo tempo.
Scattiamo in piedi entrambi e iniziamo a correre verso il boschetto che ci separa dalla macchina.
- Corri! – grido.
Stiles mi allunga una mano. Lui è più veloce e io sto rimanendo indietro.
L'afferro e mi volto. Riconosco il Jutovish che mi dà la caccia. Ma questa volta non è solo.
- Ommioddio Stiles – continuo ad inciampare e sento le gambe cedere, tanto sono terrorizzata – sono qui per me.
- Non lascerò che ti prendano – mi risponde serio.
Siamo quasi arrivati all'auto, ma all'improvviso qualcosa ci piomba davanti e ci costringe e a frenare.
È un altro Jutovish, uno che non ho mai visto. Ha gli stessi occhi rosso sangue del suo compagno, ma è fisicamente più robusto.
Sferra un pungo a Stiles, che si è parato davanti a me.
Io grido.
Stiles cade a terra e improvvisamente mi sembra così piccolo rispetto a tutti quei pericoli a cui deve sempre far fronte per aiutare Scott.
- Lascialo stare – dico con rabbia.
Il Jutovish alza lo sguardo su di me. Sogghigna e io sento il sangue raggelarsi nelle vene.
- Non-toccarlo – ripeto, sforzandomi di avere una voce ferma e autoritaria, quando dentro stavo tremando.
Dietro di me c'è l'altro Jutovish. Non l'ho visto, ma, non so dire come, lo so. Io... lo sento, so che è alle mie spalle.
- Tu pensi di poterci dare degli ordini? – la sua voce è agghiacciante.
Solleva Stiles per un braccio e io non riesco a fare nulla.
Gli occhi di Stiles incrociano i miei e riescono a darmi quella sensazione di pienezza anche in una situazione simile. Mi danno coraggio.
- Lascialo andare.
Il Jutovish scoppia a ridere e sento che quello alle mie spalle si sta avvicinando a gran velocità.
Mi volto in tempo per schivare – non so come – il suo attacco di artigli.
Sento dentro di me montare una forte rabbia e una gran paura.
La sento crescere sempre di più e mi viene voglia di urlare.
Il Jutovish mi spinge con violenza a terra. Il dolore è fortissimo, così come la voce di Stiles che urla il mio nome.
Tutto di me cresce e anche se sono sensazioni che fanno male, mi rendono forte.
E poi, all'improvviso, lascio andare quel grido che aveva bisogno di uscire.
E insieme ad esso una scintilla si libera dalle mie dita. Colpisce in pieno petto il Jutovish, che viene catapultato lontano.
Io scatto in piedi e guardò con rabbia quello che tiene il braccio di Stiles tra i suoi artigli.
Sto pensando a come posso agire, ma sono troppo inesperta per riuscirci.
All'improvviso Stiles tira una gomitata nello stomaco del Jutovish, che gli affonda gli artigli nella pelle. Stiles grida di dolore e il mostro si piega su sé stesso senza fiato, per il colpo ricevuto.
Il mio amico – non so come – si libera dalla presa e corre verso l'auto. Io lo seguo, e riusciamo a salire a bordo un secondo prima che il Jutovish ci possa raggiungere.
Stiles mette in modo e la macchina sfreccia via, lontana, accompagnata solo dal suono del nostro batticuore.

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