Capitolo 6

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Lucrezia si svegliò avvolta in lenzuola di finissima fattura, un baldacchino di broccato dall'imponente struttura in mogano pendeva sui quattro lati del letto. In un primo momento sbattè gli occhi convinta di stare ancora sognando, poi lentamente le ritornò alla mente la sera prima: sarebbe diventata una cortigiana, non aveva altra scelta del resto, e comunque era una buona opportunità, le avrebbe permesso di conquistare una libertà che altrimenti non avrebbe potuto ottenere ma, sopratutto, avrebbe avuto la possibilità di istruirsi, almeno con una conoscenza elementare della letteratura, della musica, della poesia, della danza, del latino e quant'altro.
Si sciacquò il viso nel catino d'acqua e si pettinò i lungi capelli in una treccia.
Dei vestiti che indossava non c'era traccia ma adagiati sulla cassapanca ai piedi del letto vi erano una camicia bianca ricamata e un abito color prugna di squisita fattura.
Raggiunse Olimpia nel suo boudoir: la donna indossava ancora la sua veste da camera e una serva si affaccendava con pentoloni di acqua calda per prepararle il bagno.
"Oh, buongiorno Lucrezia, come è stato il tuo risveglio?"  chiese rivolgendole un sorriso.
"Ottimo mia signora! Non sono tuttavia abituata a svegliarmi in lenzuola tanto pregiate, credo ancora di stare sognando!"
"No mia cara, è tutto vero. Ma non c'è tempo da perdere. Da oggi in poi sarai la mia protetta, dovrai seguirmi in tutte le mie attività e fare tutto ciò che ti dirò. Solo quando sarai pronta ti concederò di agire secondo tuo discernimento. Tutto chiaro?"
"Sì, mia signora!"
"Bene. Iniziamo. Seguimi nella stanza da bagno"
Lucrezia seguì la donna e aspettò che entrasse nella vasca. Il vapore disperdeva effluvi profumati in tutto l'ambiente circostante.
"Una cortigiana tiene enormemente alla cura del proprio corpo. Lo tratta come un tempio ed è consapevole che è uno degli strumenti più importanti che una donna possiede. L'igiene è fondamentale. Un bagno al giorno aiuta a mantenerlo ed inoltre ammorbidisce la pelle!"
"Un bagno al giorno? Ma è un esagerazione! Neanche la contessa li faceva così soventemente!"
"Da oggi in poi questa diventerà una tua abitudine. Ricorda: noi cortigiane dobbiamo conoscere il piacere per darlo. E' il nostro unico dovere!"
Lucrezia annuì perplessa. "Ora dimmi cosa sai di letteratura?"
"Ho letto alla mia padrona i poemi di omero e conosco Virgilio, inoltre lei adorava i componimenti di Petrarca"
"Molto bene. Abbiamo un buon terreno di base. Tuttavia mi hai detto di non sapere il latino perfettamente, giusto?"
"Sì, so solo i rudimenti!"
"Ci sarà da studiarlo, così come dovrai apprendere a suonare uno strumento e a danzare! Ora mostrami le tue unghie!"
Lucrezia le mostrò le mani con vergogna, aveva le dita di una serva: leggermente callose e dalle unghie spezzate e annerite. "Ada! Vieni qui!" disse chiamando una serva dall'aspetto tozzo "Dovrai operare un miracolo per le mani di questa ragazza!" La serva indicò a Lucrezia una sedia poi le prese una mano e cominciò a limarle accuratamente le unghie, passò poi a lucidarle avendo cura di eliminare ogni minuscola cuticola e infine le passò un olio profumato che rese la pelle  morbida come seta.  

Lucrezia arrivò all'ora di pranzo esausta: tutta la mattina Olimpia le aveva impartito lezioni di latino, facendole conoscere Orazio e Lucrezio, due poeti che  la donna amava particolarmente per la raffinatezza del linguaggio. Si sedette a tavola, pregustando il pasto con l'acquolina in bocca. "Ora, mia cara è giunto il momento di apprendere una prima lezione di galateo: a tavola non devi mai alzare la voce o ridere sguaiatamente, non contraddire il prossimo se  non  è strettamente necessario; quando mangi prendi bocconi piccoli, non chinarti sul piatto, quando ti offrono da bere chiedi che ti riempiano sempre fino a un dito sopra la metà del bicchiere e fatti bastare questa quantità per tutta la durata del pasto, perché tu non vuoi essere considerata un'ubriacona, vero?"
"No, signora!"
"Bene! Ultima cosa, prima che ti venga servito il pasto: dalle tue labbra devono uscire solo suoni incantevoli quindi dimentica le parolacce e scordati di ruttare!"
"Non è mai stata mia abitudine farlo!"
"Lo spero bene, non c'è niente di meno femminile di una donna che parla e si comporta come uno zotico!"
A Lucrezia fece un effetto strano essere servita. Di solito era lei che aiutava a preparare da mangiare e lo consegnava poi nelle mani dei servitori che provvedevano a farlo arrivare in tavola, ora si sentiva beata come una principessa. Sapeva che nella vita tutto aveva un prezzo, non era mai stata un'illusa, il prezzo per riscattarsi da una vita miserabile era vendere il proprio corpo e ciò le sembrava un prezzo equo. Non avrebbe più servito nessuno, le sue mani sarebbero state morbide come quelle di Bice, i suoi capelli ingioiellati e il suo corpo rivestito da stoffe pregiate. Improvvisamente tutto ciò che aveva desiderato le sembrava a portata di mano, doveva solo imparare il mestiere, doveva servire il piacere degli uomini, solo così li avrebbe avuti in pugno. Improvvisamente le venne in mente l'uomo  dalla maschera nera con cui aveva parlato alla festa degli Aringhieri, non conosceva neanche il suo viso ma era stata come stregata dalle sue parole. "Conosco quello sguardo!"
"Quale signora?"
"Quello che hai sul tuo meraviglioso viso: lo sguardo da innamorata"
"Vi sbagliate, non posso essere innamorata senza aver mai conosciuto un uomo!"
"Io non sbaglio mai. Chiunque tu stia pensando, dimenticalo! Puoi amare l'amore ma non amare l'uomo, altrimenti sarai in suo potere!"
"Ma allora tutte quelle poesie d'amore? Petrarca non scriveva forse dell'amata Laura?" chiese Lucrezia, infastidita dalla cinismo del discorso.
"Oh tesoro sei proprio ingenua, i poeti, Petrarca primo fra tutti, parlano dell'amore per se stessi, i loro versi sono una celebrazione di loro stessi, e impara da loro: l'unica persona che devi amare sei te stessa. L'amore, per noi cortigiane è sconveniente se non impossibile, ricordalo. Innamorati e sarai condotta alla rovina!"
"Quello che dite è terribile!"
"No, è realistico. La vita è un campo di battaglia in cui ognuno pensa per se'. Ma non ti angustiare comprenderai tutto a tempo debito ora pensa a mangiare!"

I giorni passarono e diventarono settimane, Lucrezia studiava, la testa immersa in volumi che solo pochi mesi prima le sarebbero stati inaccessibili, fu così che conobbe la filosofia, fu affascinata da Platone, dai suoi scritti, dal suo modo di interpretare il mondo, cominciò interrogarsi sulla natura delle cose, sulla natura dell'uomo, si perdeva in dissertazioni filosofiche e letterarie con Olimpia la quale tuttavia, spesso, si chiudeva nelle sue stanze con uno dei suoi amanti.La ragazza imparò non senza difficoltà a camminare con le pianelle e, portando volumi sulla testa, ad avere un portamento regale,  apprese a suonare il liuto, a danzare, a governare le espressioni del viso, la voce e gli atteggiamenti.
Olimpia le fece confezionare un intero guardaroba tra abiti, scarpe e seducenti vesti da camera. Lucrezia arrossì nel vedere la sottoveste di seta cremisi che avrebbe dovuto indossare sotto i sontuosi abiti.  Olimpia la teneva segregata in casa, nessuno sapeva della sua esistenza, neanche gli amanti della donna. Questo, secondo la cortigiana era un modo per accrescere il desiderio dei possibili ammiratori di Lucrezia, una volta fosse stata pronta.  La ragazza si affidava ad Olimpia con fiducia; con il passare dei giorni cominciò a temere ma anche ad aspettare con trepidazione quello che sarebbe stato il suo "debutto". Continuava a dirsi che se voleva mantenere quel tenore di vita avrebbe dovuto accettare nel suo letto chiunque fosse abbastanza facoltoso da poterglielo offrire.
Un giorno, mentre si stava esercitando a danzare con solo una tunica grecheggiante addosso, scorse con la coda dell'occhio Olimpia che la guardava appoggiata allo stipite della porta. Si interruppe e la fissò a sua volta.
"Ci siamo Lucrezia. Sei pronta!"

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