Capitolo 7

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Lucrezia sbirciò dalla finestra socchiusa: davanti alla porta di Olimpia sostava ormai una piccola folla di componenti esclusivamente maschili. Il piano messo in atto dalla donna si era rivelato semplice ma efficace: per prima cosa aveva sparso la voce che una sua lontana parente, dalla straordinaria bellezza, rimasta orfana era venuta a vivere sotto il suo tetto, subito si erano cominciati a vedere i primi gruppi di curiosi. Lucrezia aveva ricevuto l'ordine di non mostrarsi, non ancora, aveva detto Olimpia, bisogna farli desiderare, aggiungere mistero alla tua persona non farà altro che accrescere il tuo valore.
Doveva passare per la figlia di una lontana cugina della famosa cortigiana che, caduta in disgrazia, suo malgrado, sarebbe stata costretta a vendere il suo buon nome e la sua virtù al miglior offerente. Sospirò: quella reclusione cominciava a farsi pesante. Un uomo cominciò a indicare la finestra: l'aveva vista. Si ritrasse velocemente, con il cuore che le batteva affannosamente nel petto. Olimpia entrò nella stanza. "No,resta dove sei, mostrati, solo per pochi minuti però; fatti ammirare, sorridi lusingata, abbassa gli occhi con pudicizia. Vai, su!" la esortò dandole un colpetto sulla spalla. Lucrezia si avvicinò nuovamente alla finestra affacciandosi con titubanza. La folla di uomini  fu agitata da un brusio concitato, qualcuno fischiò. Lucrezia chinò lo sguardo e si prodigò in un timido sorriso sporgendosi un po' di più. Gli ammiratori cominciarono a spintonarsi fra di loro per di poterla ammirare da vicino. Pur mantenendo il sorriso la ragazza fu assalita da una profonda malinconia che coprì la luce dorata dei suoi occhi come se  vi fosse calato un velo scuro: si sentiva come una puledra in cerca di un padrone, tutti si avvicinavano, tutti erano colti dalla curiosità, persino chi non aveva intenzione di acquistarla. Scosse impercettibilmente le spalle, un brivido le attraversò la schiena; si sforzò di sottostare a quella miriade di occhi famelici ancora per qualche minuto, poi, mostrando rammarico, agitò una mano in segno di saluto e chiuse i vetri.
"Allora?" le chiese Olimpia guardandola con un misto di compiacimento e orgoglio come se Lucrezia fosse una sua creatura.
"Non saprei, sono così tanti la fuori, sono quasi...intimidita"
"Ma come? Non sarà la prima volta che qualcuno ammira la tua bellezza!"
"Quando ero una serva non avevo occasione di fare tanti incontri e sopratutto avevo l'ordine ben preciso di non mostrarmi troppo, alla contessa non piaceva il mio aspetto!"
"Non ti preoccupare, stasera ti sarà data l'occasione di rimediare a questo: presenzierai al mio ricevimento e conoscerai l'uomo che ho scelto. Ho ricevuto offerte molto interessanti anche solo per fare la tua conoscenza e ho finalmente trovato l'uomo degno di essere il  tuo primo amante. Mi raccomando...usa la tua virtù, la tua innocenza per sedurlo e sopratutto compiacilo sempre, è la maniera più facile per ottenere ciò che vuoi!"
"Ho paura" le parole sfuggirono dalle labbra di Lucrezia in un sospiro flebile ma le orecchie di Olimpia, allenate a origliare ogni minimo bisbiglio, le colsero. Il volto della cortigiana parve sfigurarsi, gli occhi diventarono due fessure e le rughe, di solito invisibili, divennero marcate dandole un aspetto quasi diabolico; la afferrò violentemente per le spalle. "No, mia cara! Non ti è permesso tirarti indietro adesso: hai avuto la tua occasione di farlo! Hai forse idea di quanto io abbia investito su di te? Chi mi ripagherà adesso?"
Lucrezia arretrò, con la sensazione di essere una preda ormai in trappola che aveva fiutato il pericolo troppo tardi. Ad ogni modo, la vita che Olimpia le aveva offerto era migliore di quella a cui lei era stata condannata per nascita. Deglutì. Doveva fare buon viso a cattivo gioco. "N...non ho intenzione di tirarmi  indietro" riuscì a dire.
"Molto bene! Ora, mia cara, comincia a prepararti, stasera dovrai apparire al tuo meglio: più bella sarai più gli uomini saranno disposti a pagare per possederti". 

Rimasta sola Lucrezia si gettò sul letto cercando di regolarizzare il respiro. Aveva sempre saputo che il momento sarebbe arrivato ma ora che era imminente si sentiva terrorizzata, temeva quello che sarebbe successo, lo temeva perché era ignoto e nessuna parola, nessun manoscritto, nessuna preparazione sarebbe stata sufficiente ad affrontare quello a cui stava andando incontro. Si chiese se valesse davvero la pena vendere il suo corpo e forse anche la sua anima per possessi meramente materiali, terreni. Le guizzarono davanti agli occhi le immagini della povertà:  gente denutrita, dagli abiti consunti, troppo leggeri per affrontare il gelo invernale, i corpi infestati dalle pulci, le chiome dai pidocchi, il desiderio della morte come unica via di uscita per quell'inferno terreno. Nulla se non l'uso della parola distingueva i miserabili dagli animali, la loro esistenza non riusciva quasi a soddisfare i bisogni primari, non sarebbero mai riusciti a figurarsi un "oltre", non avrebbero mai capito l'insaziabile desiderio della ricerca del sapere, dell'arte, della bellezza. Ora che Lucrezia aveva avuto morso questo frutto proibito non avrebbe mai potuto rinunciarvi, avrebbe venduto la sua anima al diavolo per vivere immersa nel lusso della conoscenza. Sorrise confidente al suo riflesso nello specchio, e si cominciò a preparare, timorosa ma al tempo stesso divorata dalla curiosità di conoscere il suo amante.

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