Due settimane dopo la festa in maschera avvenne lo sposalizio. Tutti furono stupiti della breve durata del fidanzamento ma il Duca Galeazzo Barbarighi aveva fretta di tornare a Roma per affari politici ai quali non poteva non prendere parte. Lucrezia appuntò il diadema di lapislazzuli sulla fronte di Bice, regalo di nozze del suo futuro sposo. "Ecco fatto! La sposa più bella che io abbia mai visto!"
"Ho paura, Lucrezia! Ieri mia madre mi ha spiegato cosa avverrà la prima notte di nozze, sono spaventata!"
Lucrezia cercò di sorridere per farle coraggio ma non ci riuscì. Le sembrava una crudeltà senza pari mandare in sposa una bambina a un vecchio, concederla a un essere così untuoso. Sapeva che per gli Aringhieri, come per tutte le famiglie aristocratiche, le alleanze politiche contavano più di ogni altra cosa, e una figlia era un prezzo accettabile per entrare nel novero dei parenti di uno dei casati più illustri della nobiltà romana. "Bice, dovete pensare che state iniziando un nuovo periodo della vostra vita, sarete una donna sposata e forse potrete permettervi qualche capriccio in più di quelli che vostra madre vi ha concesso fino ad ora!" Sapeva che era un tentativo tanto penoso quanto vano di consolarla ma sembrò risollevare Bice per un istante. "E' ora di andare. Vi aspetterò qui, pronta ad aiutarvi per qualsiasi cosa!"
La ragazza deglutì e, di slancio abbracciò Lucrezia. "Quando partiremo per Roma tu mi seguirai, mia fedele Lucrezia, vero?" La ragazza esitò un attimo prima di risponderle "Sapete che è così che vostra madre ha stabilito! Qui a Firenze non c'è un futuro per me senza di voi" Aveva detto quello che Bice voleva sentirsi dire, certamente non quello che sentiva nel cuore.
"Mi dispiace andarmene dalla mia città. Partiremo solo tra due giorni, così ha disposto il mio fidanzato" commentò Bice malinconica "Ad ogni modo...è ora di andare!" disse facendosi forza "Augurami Buona fortuna Lucrezia!"
"Vi auguro ogni bene mia signora!"
La giovane sposa uscì dalla camera con passo esitante come se si accingesse a intraprendere un cammino sacro. Lucrezia si recò in quella che sarebbe stata la camera dove si sarebbe consumata l'unione degli sposi. Aveva ricevuto l'ordine di allestirla per l'occasione. Fece come le era stato detto aggiungendo un vaso di rose bianche, simbolo della purezza, sulla toeletta. Nel guardare quei candidi petali fu pervasa da un forte senso di impotenza. Prese una rosa dal mazzo, fece risalire le dita attraverso il gambo poi chiuse la mano sul fiore stringendolo rabbiosamente. Lo lasciò andare, i petali stropicciati, il gambo piegato: non sarebbe potuto tornare come prima, il fiore aveva perso la sua purezza, era stato corrotto, e presto, nella medesima stanza sarebbe successo lo stesso a Bice.La servitù presenziò al ricevimento, Lucrezia andò a rendere i propri omaggi agli sposi insieme a Vannozza. Lasciò parlare la balia cercando di atteggiare il viso in un sorriso. Non sarebbe mai riuscita a elogiare quell'unione, scelse quindi il silenzio. Il banchetto durò fino a notte inoltrata. Tutti gli invitati si unirono per le danze. Bice sorrideva timida e allo stesso tempo lusingata da tutte le attenzioni che le venivano prodigate.
I genitori le avevano regalato una splendida cassapanca di legno intarsiato che conteneva parte del corredo della sposa che Lucrezia aveva riposto con amorevole cura e gli ospiti avevano recato in dono splendidi argenti, sete orientali, gioielli finemente lavorati e ogni ricchezza immaginabile. L'atmosfera pareva a Lucrezia quella di un banchetto sacrificale in cui la vittima ignara era il fulcro della serata. Aveva lo strano presentimento che qualcosa sarebbe andato storto ma non riusciva a capire la ragione di tanta inquietudine. Fissò lo sposo: il viso dal colorito rubizzo accentuato dall'evidente stato di ebrezza in cui si trovava sembrava quasi quello di un satiro, la mano rozza poggiata sul ventre aveva un che di grottesco così come la sguaiata risata in cui prorompeva ininterrottamente; la sua pelle arsa dal sole rendeva il contrasto con la giovane moglie ancora più lampante. Lucrezia notò con disappunto che la mano del duca si era poggiata possessivamente sul ginocchio di Bice e senza pudore aveva cominciato a risalire attraverso la coscia. La ragazza da parte sua faceva qualche timido tentativo di divincolarsi ma la presa diventava sempre più salda, sempre più opprimente. A un cenno del Conte Aringhieri i musici smisero di suonare. Il duca prese Bice sottobraccio e insieme si avviarono con passo solenne verso le scale, quindi attraverso un corridoio che sarebbe terminato nella camera nuziale. Tutti gli invitati li seguirono. Lucrezia si affrettò a usare le scale riservate alla servitù e raggiunse velocemente la porta nascosta nel muro che collegava le cucine alla stanza degli sposi.
Trattenendo il respiro accostò un occhio al buco della serratura. In un primo momento non riuscì a vedere niente, poi piano piano vide la schiena di Bice, le mani dello sposo le toccavano irruentemente le natiche. Lucrezia sentì il respiro dell'uomo farsi più pesante e affannoso. Un brivido di orrore le scosse le spalle.
"Vi vedo tremante, moglie e, ad essere sincero la cosa mi è indifferente! Sarà un piacere per me affondare nelle vostre carni nobili. È da tempo che non tocco una donna degna di tale nome...sono stato costretto a fottere volgari prostitute!"
"Vi prego di non parlare così con me marito! Io ho intenzione di essere una buona moglie ma vi scongiuro di portarmi rispetto!" La voce di Bice era tremolante, supplichevole ma ferma.
"Spogliatevi!"
Bice esitò. "Vi ordino di levarvi quel dannato vestito!"
Bice restò immobile tremante come una foglia in balia di una tempesta.
"Fate come vi dico, donna!"
Bice era in preda a una crisi di panico, pietrificata dal terrore come una cerva colpita dal cacciatore,vittima ormai rassegnata al suo destino. Lo schiaffo arrivò improvvisamente facendo ruzzolare Bice al suolo, dove restò immobile apparentemente svenuta.
Lucrezia non si avvide di quello che stava facendo fino a che non fu troppo tardi: balzò fuori dal suo nascondiglio e si gettò sulle spalle dell'uomo stringendogli la gola con tutta la forza che riuscì a trovare nelle sue esili braccia. "Smettetela!"
L'uomo fu colto alla sprovvista e tentando di liberarsi incespicò all'indietro, appesantito dallo stato di ebrezza. Con uno scossone maldestro si liberò della presa di Lucrezia, poi dopo averla gettata a terra le assestò un calcio allo stomaco provocandole un conato di vomito.
"E questa moglie, chi è? La fedele servetta che viene a salvare la padroncina? Dovete capire entrambe che non funziona così! Siete una mia proprietà, dannate femmine!"
si slacciò la cinta e la abbattè energicamente suo volto di Lucrezia. La ragazza non sentì nulla, l'ira che provava in quel momento era simile a un fuoco divorante che le forniva energia. Si mosse istintivamente: afferrò il pitale e caricò il colpo. La ceramica si infranse sulla testa dell'uomo facendolo cadere a terra, lo sguardo che ribolliva d'odio, poi si accasciò sul pavimento privo di sensi.
Lucrezia fissò la mano che brandiva i resti dell'improbabile arma come se non le appartenesse. Fu solo un momento poi l'enormità di quello che aveva fatto le crollò addosso. Non poteva restare lì, quell'uomo gliel'avrebbe fatta pagare. Non aveva più una casa. Doveva andarsene, sparire almeno fino a che le acque non si fossero calmate ma prima doveva fare una cosa.In questo periodo non riuscirò a pubblicare spesso perché sono in vacanza e frequento un corso (oltre a fare turismo) non ho quindi tanto tempo. Mi dispiace!

STAI LEGGENDO
La Cortigiana
Ficción históricaFirenze 1455 Una figura incappucciata abbandona un involto davanti allo Spedale degli Innocenti. E' una bambina dallo sguardo profondo. Adagiati sul suo giaciglio ci sono una lettera e un anello. Diciassette anni dopo Lucrezia Innocenti presta...