14

215 25 4
                                    

La prima parte della giornata lavorativa non poteva concludersi meglio, con lo spedizioniere carico di pacchi scaricati sul ciglio della porta

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La prima parte della giornata lavorativa non poteva concludersi meglio, con lo spedizioniere carico di pacchi scaricati sul ciglio della porta. Purtroppo la collocazione geografica di Minori non aiuta. Le infinite curve strette ed costeggiati ripidi inducono le grandi aziende di spedizioni ad effettuare i loro servizi una tantum, con gravi danni sull'economia del paese. Vi offro un esempio banale: se in libreria non dispongo di un qualsivoglia romanzo, mi vedo costretta a prenotarlo così da preservare la clientela e i miei guadagni. Effettuo l'ordine alla casa editrice e mi vengono comunicati dei tempi massimi per ricevere il tutto. Inoltro l'informazione al cliente. Lo spedizioniere, dal suo canto, si stufa, giustamente, di recarsi in Costiera per un paio di libri e arbitrariamente decide di accumularmi le spedizioni, fin quando gli pare e piace. Morale della favola: il cliente si agita, io con lui e quando tutto fila liscio, mi ritrovo sorbissata di scatoloni, che non so dove posizionare. Una vera e propria tragedia, oserei quasi definire greca.

Spacchetto quanto mi è rimasto, interrogandomi su dove io possa scovare anche solo un buco libero. La libreria brulica di volumi, persino il divano lettura è divenuto l'angolo erotico, per il piacere di don Enzo che mi ha appena commissionato il riordino di ben cinquanta Bibbia.

Mi rialzo, do un aggiustata al mio vestitino blu elettrico. Abbasso leggermente la temperatura del condizionatore. I raggi solari filtrano dalle finestre e rendono il negozio più caldo di quanto già non sia. Si aggiunge, dulcis in fundo, la chiazza di umidità nell'angolo destro della seconda stanza, regalo della famiglia che abita nell'appartamento sopra e che perennemente lascia i rubinetti di casa aperti, facendo grondare litri d'acqua. 

Mi reco alla casa, lasciandomi cadere sulla sedia. Faccio due conti sulle dita della mano. Ho un riassortimento di romanzi mai visto negli ultimi anni, un soffitto che presto o tardi cederà, la cassa contiene a stento un centinaio di euro e devo sbrigarmi a chiudere se voglio ficcare qualcosa nello stomaco e non morire di fame. 

Impugno a volo la tracolla della borsa bianca. Chiudo la porta alle mie spalle e abbasso la saracinesca elettrica. 

Mi ritrovo dinanzi la seconda strada principale di Minori gremita di gente. Oggi è giorno di mercato rionale, dunque i cittadini sono in strada alla ricerca di primizie e buoni affari. Le solite vecchine che trascinano carrellini per  la spesa dai colori sgargianti. Un bimbo con un pesciolino rosso appena comprato. La zia Sonia ne prendeva sempre uno a me e Michele, salvo poi doverlo scaricare nel water di casa qualche giorno dopo, causa decesso. La zia preannunciava la morte del pesce neppure fosse una veggente. Lei, come adesso io, sapeva che sono creature fragili, dalla vita breve e in cattività. Ma a noi questo poco importava, quelli erano i nostri pesci, i nostri pesci rossi a cui noi volevamo bene. I pesciolini dai quali tornavamo dopo aver giocato con gli amici o dopo aver fatto un bagno a mare. Quando li ritrovavamo in quello stato, morti appunto, ci lasciavamo andare in una valle di lacrime. Ci toccava, quindi, l'ultimo saluto. Il tragitto cucina-bagno, una manciata di passi, affranti, addolorati con salma tra le mani. Li gettavamo nel water perché a mare sarebbero divenuti cibo per quelli ancora vivi. Non potevano mica tramutarsi in alimento i nostri pesci morti.

Mi accosto alla bancarella dell'orto frutta. Opto per un po' di frutta fresca e un panino vuoto ancora caldo. Oggi va così, che poi mica male se penso alla mozzarella di bufala che mi aspetta a casa. Quando uno è goloso di salato, i lattici sono un must have. Ne devi, non dico mangiare, ma strafogare (alla napoletana!) almeno uno alla settimana.

L'odore degli agrumi è persistente, inconfondibile. È l'aria di questa città. La salvezza di questa città. Mi chiedo cosa ne sarebbe di Minori senza i limoni, senza il suo oro giallo. Mi chiedo se i vicoli sarebbero ancora così vivi, così attivi, così energici. Così pieni di gente che ride, gioisce. Che si abbandona alla felicità. Che per un attimo abbandona il grigiore dei tempi moderni.

Attraverso sulle strisce pedonali fresche di tinteggiatura. Un vigile urbano, palesemente insaccato nella sua divisa, dirige il traffico. Scendo dritto dritto in direzione via Alfonso Gatto e dunque zona alberghi e bed and breakfast. La particolarità di questa strada sta nel fatto che ogni metro quadro viene adibito ad uso pernottamento. C'è chi, con un semplicissimo monolocale, ha fatto fortuna a suon di affitta letti con prezzi da capogiro.
In lontananza scruto l'adorata e poco agognata scalinata. Il ristorante pullulante di turisti, alcuni ancora in coda in attesa di un tavolo. Ed anche il famoso giovanotto dalle mille conquiste è all'opera. Come una trottola, balza da un servizio ad un altro. Sarà pure uno sciupa-femmine, ma, in quanto lavoratore serio ed accorto, è sicuramente imbattibile.
Il signor Gaetano, il tanto famoso antiquario (ho finalmente scoperto il suo nome), si allontana momentaneamente, tempo utile per un sano pranzo.
Il campano medio è così. Lavora tanto, come un mulo, ma a determinati eventi quotidiani non può rinunciare, pranzo incluso. Già è tanto che non passi alla fase successiva, la pennica.
Con scatto felino, macino i gradini a due a due. L'effetto fame è in agguato.
Arrivo sulla terrazza, ancora arredata con il minimo sindacale, e appoggio le borse della spesa a terra con cura, onde evitare che la frutta si spiaccichi, divenendo poltiglia.
Mi ricompongo ed alzo lo sguardo. Un brivido percorre la spina dorsale. Sgomento e incredulità mi percuotono. L'ossigeno mi si strozza in gola.

Ma che diavolo è?

Mi scappa da bocca una domanda a cui nessuno darà risposta. Incredulità e sorpresa. Incomprensione e stupore.
Compio un passo indietro. Un secondo. L'idea di non essere sola mi terrorizza.
Agguanto la borsa e velocemente, in men che non si dica, sono in strada.
Lascio inserita la chiave nella toppa, fin quando non termino tutte le mandate possibili.
Con mia grande fortuna e stupore, trovo lo smartphone. Compongo subito il numero.

Michele?- pronuncio, giusto per avere conferma che sia lui.
Deglutisco a fatica- Michele, ti prego, raggiungimi a casa. A casa mia. Devi vedere una cosa...




Fine

Grazie mille a Bejina per la bellissima immagine

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Grazie mille a Bejina
per la bellissima immagine

Se non fosse per te- RivelazioniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora