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Athina

Socchiudo le labbra, mandando giù un ampio respiro che riempie l'intera cavità orale. Una prima, una seconda volta, ma nulla. Niente di fatto. 

Do una sbirciata al passeggino. Mi sporgo, spazio utile per mirare Costas nel pieno del riposino serale. Ha l'abitudine di coprirsi il capo con il lenzuolo di lino, cosa che, in preda alle confidenze, mi terrorizza. 

Da quando sono divenuta madre, ho notato tanti cambiamenti in me. In primis fisici, nonostante il parto naturale, naturalissimo nel bel mezzo della città, non sono riuscita a perdere gli ultimi chili. Qualcuno, memore di gravidanze passate, mi aveva riferito circa l'aumento di peso e l'allattamento. Ma ormai sono mesi che le mie provviste naturali son terminate, dunque credo di dovermi rassegnare all'idea di avere un seno più generoso (che non è un male) e a guance più paffute. 

Sono più docile, peculiarità che ha lasciato di stucco Antonio. Siamo cresciuti insieme, nel vero senso della frase, e lui sa quanto impetuosa ero da adolescente. Bastava un accenno e scattavo come una molla, talvolta con ragione altre no. E sono anche più attenta, più meticolosa, più riflessiva. Oggi bado alle necessità di mio figlio. Oggi ragiono in virtù del presente e del futuro. Ragiono pensando che Costas un domani ricorderà ed io di quei ricordi non voglio essere una chimera. Un'immagine sbiadita o peggio ancora, un rimpianto. Lavoro meno, guadagno meno, faccio uno shampoo in meno, compro un vestito in meno, ma frequento le giostre, porto mio figlio in spiaggia. Mostro a Costas la sabbia, il mare e gli spiegò che non deve aver paura di ciò che è invisibile all'occhio umano, anzi al contrario, l'ignoto solletica la curiosità. Stimola all'altro e all'alto. L'ignoto esorta finché è positivo.

Osservo mio figlio e gli auguro un amico, un'amica, un amore su cui fare affidamento. Gli auguro tanti piccoli nuovi pilastri da aggiungere accanto a quelli costruiti dalla famiglia.

Come me e Gioia. Antonio e Michele. Come noi quattro, che una volta eravamo ed ora non più. Penso a noi e a quanto siamo diversi, a quanto gli eventi abbiano deciso. A ciò che non siamo stati in grado di non diventare. Quindi sospiro, nell'impossibilità di pulirmi la coscienza.

Mi raddrizzo sulla panchina dove sono seduta con accanto mio marito. Di fronte il ristorante di Michele in fermento. Giovani camerieri servono tartine e bevande, un dj smanetta alla console. È sera, il luccichio delle stelle illumina il cielo e le nuvole, poche e passeggere, sono di un bianco candido impercettibile. 

Ho avuto a disposizione ventiquattro ore, un lasso temporale durante il quale poter svolgere attività con tranquillità. Io avrei dovuto solo parlare, aprire la bocca ed emettere un concetto di senso compito, ma non ci sono riuscita. Non ci sono riuscita, purtroppo. Quindi respiro, sospiro, finché non avrò un attimo con Gioia.

Amore che hai?- Antonio mi distoglie, leggermente preoccupato dalla mia angoscia.

Devo parlare con Gioia- rispondo secca.

Antonio fa spallucce, non capendo ugualmente tanta agitazione- vi parlate sempre, inviale un messaggio.

Scuoto il capo- non posso amore.

Corruccia la fronte, ponendosi viso a viso- Athina ma che hai? Sei strana, non mi far preoccupare.

La verità?- deglutisco- sono in pensiero per Gioia e pure per Michele.

Tí, già te lo dissi la prima volta e pure un anno fa, sono nostri amici, ma al cuore non si comanda...

Poggio un dito sulle labbra calde e rosse. Si interrompe.

Amore mio- prendo parola- Michele non è onesto con lei e tu lo sai. Anzi, forse no, non lo so, non mi immischio nella nostra amicizia così come tu non subentri nella mia con Gioia. Lui la vede ancora a quella ragazza, a Lucia.

Athina non sono fatti nostri- replica Antonio.

Sono fatti nostri se in nostra presenza definisce Gioia come sua moglie- marco con il timbro di voce le ultime parole.

Jamm Athina, lo sai come si usa da noi, che si definisce moglie la ragazza con cui stai da tanto tempo. Perché io non dicevo ai miei amici che venivo da te, da mia moglie, ancor prima che te lo chiedessi? Non essere pignola!

Antò, ti voglio bene, il paese parla e io conosco Michele proprio come te- gli punto l'indice sul petto- non mi venire a dire che che si è fermato al bacetto.

Antonio si stropiccia il viso- è stato prima che Gioia tornasse. Si è vero, si sono visti, ma solo perché Lucia non si rassegna.

Batto le mani- e grazie che non si rassegna, Antò, e grazie- poggio le mani in volto- glielo spieghi tu ad una ragazzina di vent'anni che lui non la vuole più vedere, dopo che ha fatto i cavoli suoi? Antonio, Michele non è più quello di una volta. 

Gliel'ho detto di darsi una calmata.

Ho bisogno di parlarne con Gioia, non voglio che si senta presa in giro, a maggior ragione da me

Mio marito mi scruta intensamente- stanne fuori, non tocca a noi dire cosa a chi.

Come dargli torto, eppure tutta questa situazione mi tormenta. Si respira una strana aria a Minori, pesante, afosa, soffocante.



Fine seconda parte




Ciao ragazze, 

avrete intuito, l'inaugurazione del ristorante Speranza sconvolgerà gli equilibri dei nostri protagonisti. Per la prima volta ho optato per i POV, che non mi fanno impazzire, ma in questo caso davvero utili. Ci saranno quindi più punti di vista e l'evento stesso verrà descritto in più capitoli, sia per necessità mie personali, che per fornirvi ampi dettagli. 

Vi chiedo dunque di prestare attenzione perché nulla sarà più come prima. 

Un bacio grandissimo, 

Carla.

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