The "perks" of being diaphanous Ovvero i vantaggi di essere trasparente.

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La trasparenza non è una dote, è una maledizione. Quando tutto quello che pensi o provi è lì, alla mercé di tutti quelli che ti stanno intorno, sei carne da macello. E non mi riferisco alle puttanate condivise o piaciate sui social. Giuro, io vorrei dissimulare, ma il mio corpo non collabora: arrossisco, impallidisco, mi si affanna il respiro, farfuglio, faccio le facce, mi irrigidisco. Dovrei imparare la fine arte della diplomazia, ma sono troppo trasparente e per di più imbranata. Mi danno qualcosa da assaggiare, e questa cosa fa palesemente schifo, se mi viene chiesto "com'era?" io tento razionalmente di girarci intorno di dire "beh, sì, non era male", ma in faccia ho stampato il disgusto. Ed è così per tutto, dalle torte malriuscite al latte di riso salato ai rapporti con altri esseri umani senzienti. Gioia, piacere, disgusto, eccitazione, disagio e tutto il carrozzone delle emozioni traspaiono. Mi basterebbe essere traslucida, ecco; quel vedo-non vedo che mi permettesse di non inanellare una figura di merda dietro l'altra. Opaca sarebbe il massimo, ma credo sia chiedere troppo al Karma che in cambio si accanirebbe con qualcosa di decisamente più dannoso tipo una micosi. Uno dei mie libri preferiti è "Invito a una decapitazione" di Nabokov, in cui il protagonista viene condannato ad essere decapitato perché in una società che esige la trasparenza, lui risulta opaco. Condannato a morte per quello che è e non per qualcosa che ha commesso. Bella rogna.

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