Rimanemmo la notte in quella casa ma, forse perché ero tormentata da mille pensieri, non riuscii a chiudere occhio. Dormimmo in quella che era la mia stanza, perché era l'unica che avesse due letti separati.
Rimasi per qualche ora a fissare il soffitto.***
Quel giorno mi sentivo particolarmente strana. Più del solito.
Da appena sveglia sentii come una forza dentro di me che premeva per uscire all'esterno e, a causa di un incubo che avevo avuto, il terrore dominava la mia mente. Mi alzai dal letto lentamente e guardai alla mia sinistra per dare il buongiorno ad Alya.
Non appena lo feci, però, mi accorsi che il letto era ordinato e non c'era traccia di mia sorella.
Dove poteva essere?
Scesi al piano di sotto in modo frettoloso. Non sapevo perché, ma un brutto presentimento mi torturava.
«Alya?» quasi urlai mentre ero ancora sugli ultimi scalini. «Dove sei?»
Nessuna risposta.
Andai in cucina, ma Alya non era nemmeno là.
Dalla finestra scorsi mia madre in giardino, e così mi sbrigai ad uscire di casa per poterle chiedere spiegazioni.
«Mamma, dov'è Alya?» la preoccupazione nella mia voce si poteva sentire da lontano.
«Oh, buongiorno tesoro. È con tuo padre al mercato.» disse lei calma.
Feci un sospiro di sollievo.
«Ah.. D'accordo. Pensavo fosse successo qualcosa.» dissi tutto d'un fiato.
«Perché questi pensieri?» chiese mia madre mentre era concentrata su delle piantine nel giardino.
Non ci avevo ancora pensato molto perché ero preoccupata per mia sorella, ma le immagini dell'incubo avuto durante la notte si ripetevano nella mia mente in modo vorticoso.
Persone intorno a me che continuavano a morire inspiegabilmente, popolavano la mia testa ed era difficile mandarle via.
Non volevo però rendere partecipe mia madre delle mie preoccupazioni, perciò tagliai corto.
«Nulla, non so perché, ma ho pensato al peggio.»
«Ah, ho capito. Kya, per favore, puoi prendere un cucchiaio in cucina mentre io cerco i semi per le altre piante?» chiese poi.
«Si certo, vado subito.»Corsi dentro casa e mi diressi verso il mobile accanto al frigorifero.
«Mmh vediamo.. Qui non c'è.» dissi richiudendo il primo cassetto. «Qui nemmeno.. Oh eccolo!»
Stavo per andare in giardino quando, sulla porta di casa, mi scontrai violentemente con mia madre.
Tutto ciò che seguì, successivamente all'impatto, fu solo un dolore atroce al petto. Poi il buio.Con la vista ancora appannata, mi sollevai da terra. Vidi una figura femminile accasciata al suolo, davanti a me.
«M-mamma?» dissi scuotendola dalle spalle. «Mamma!»
Mia madre era immobile, quasi come congelata.
Appoggiai l'orecchio al suo petto e mi accorsi che il cuore non batteva più.
Le lacrime cominciarono ad uscire copiosamente dai miei occhi, urli strazianti di dolore invadevano la casa.
Mia madre era morta. Ed era colpa mia.
«Mamma! Ti prego! Ti prego, non lasciarmi!» piansi abbracciata a lei. «Per favore, non farlo! Ho bisogno di te!»
Per qualche istante smisi di respirare. Non riuscivo a farlo. La mia vita si era fermata con lei. Non aveva più motivo di esistere.
Lei, la donna che mi aveva dato la vita, era morta proprio accanto a me. Per colpa mia. Possibile che averla urtata avesse causato una tale conseguenza? Questo non me lo spiegavo.
In quel momento però, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che l'avevo uccisa io. Sua figlia. Mi aveva aiutata nelle situazioni difficili. A scuola, a casa, ma anche nella vita.
Io, una bambina di nove anni, non potevo continuare la mia vita senza di lei. Non ci sarei riuscita.
Le lacrime continuavano ad uscire a fiumi, fino a quando la gola non fu dolorante a causa delle urla, e gli occhi rossi, gonfi.
«Mamma.. Portami con te..» sospirai delicatamente accanto al suo orecchio.
Sfinita, mi coricai accanto a lei. La vita, era finita un po' anche per me.***
Rimasi immobile per qualche secondo. Ricordare mia madre mi distruggeva ma, in quella casa, mi era impossibile non farlo.
Ogni centimetro mi ricordava qualcosa della mia famiglia. Ogni passo che facevo, una morsa mi si stringeva al cuore e il dolore si faceva sempre più insopportabile.Mi alzai lentamente dal letto e mi avviai verso la camera dei miei genitori, dove, qualche ora prima, avevamo visto la cassaforte.
L'avevo già vista prima di allora. Avevo l'immagine di quell'oggetto nella mente ma, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a ricordare nulla a cui potesse essere collegata.
Mi avvicinai alla cassaforte e osservai la piccola rotella su cui erano incisi dei numeri che si trovava sul lato frontale della "scatola" scura.
Le mie dita sottili si avvicinarono al meccanismo e, istintivamente, provai la prima combinazione che mi fosse venuta in mente.
Un giro qua, due giri là.. Non era la mia data di nascita.
«Accidenti!» quasi urlai, ma subito dopo mi tappai la bocca con la mano, rendendomi conto che avrei potuto svegliare Luke.
Mi sporsi leggermente sul corridoio per cercare di captare qualche suono proveniente dalla mia stanza, ma niente. Tirai un sospiro di sollievo.
Mi avvicinai nuovamente alla cassaforte. Stavo per provare una nuova combinazione quando il mio sguardo si posò sulla cornice che conteneva la foto dei miei genitori.
«Mi mancate da morire..» sussurrai guardandola.
Mille interrogativi si ripetevano nella mia testa.
Se non fossero morti, cosa avrebbero detto di quello che sono diventata? Sarebbero stati fieri di me?
«Kya!» urlò una voce maschile davanti a me.
Fu tutto veloce. La foto mi cadde dalle mani e il vetro si ruppe in tantissimi pezzi.
«Luke! Che fai!? Mi hai spaventata!» dissi inginocchiandomi accanto alla cornice in frantumi.
Scoppiai a piangere. Sapevo che era una cosa stupida ma, a quella foto tenevo molto.
«S-scusa.. Ma non ti ho vista a letto e mi sono preoccupato..» disse lui dispiaciuto.
«È tutta colpa tua! Ora è rotta!»
Presi in mano la foto e me la strinsi al petto.
«K-Kya?»
«Non voglio parlarti!» gli urlai contro arrabbiata.
«Lo so, ma dovresti ascoltarmi.» disse avvicinandosi e prendendo la foto dalle mie mani e indicandone il retro. «Guarda.»
Dell'inchiostro blu macchiava la parte posteriore dell'immagine.
«01-10-1916» lessi.
«1916? Non è possibile che sia la data in cui è stata scattata la foto.» disse Luke avvicinandosi a me.
«Lo so. Solo che.. non riesco a capire cosa potrebbe rappresentare.» In quel momento un pensiero mi passò per la testa.
Andai verso la cassaforte e inserii le 8 cifre.
«Bingo!»
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La maledizione del ghiaccio perenne
ÜbernatürlichesKyara Smith, un nome come un altro, una sedicenne come tutte. O almeno all'apparenza. Possiede un oscuro segreto che nasconde da sempre. Dentro di sé, porta il peso della sua vita e di tutte quelle che, senza volerlo, ha rubato a persone innocenti...