Capitolo 7

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Ci incamminammo e, poco dopo che il sole fu tramontato, arrivammo in una stradina quasi sperduta.
«Eccoci qua. Questa è casa mia.» dissi indicando la casa che ci si era presentata davanti.
Non era per niente cambiata: il muro color crema spiccava tra il verde del prato. Quest'ultimo, era leggermente incolto ma si era mantenuto abbastanza bene. Il grande salice a destra della casa, con appesa, su uno dei rami, l'altalena su cui mi divertivo quando ero piccola. Tutto era come lo ricordavo.
Sentii gli occhi diventarmi lucidi e perciò tentai di asciugarli con la manica del grande cappotto.
«Dai, entriamo.» dissi schietta avvicinandomi alla porta d'ingresso.
Subito mi accorsi che c'era qualcosa che non andava: la porta non era chiusa.
«Ma..» dissi voltandomi verso Luke che fino ad ora era rimasto in silenzio.
«Che succede?» chiese preoccupato lui.
«La porta è aperta.»
Luke si mise davanti a me e, cautamente, entrò in casa.
Mi fece segno di far silenzio e io annuii.

Ci chiudemmo la porta alle spalle ed essa cigolò. Quel suono mi mise i brividi ma cercai di nasconderlo.
Erano anni che non entravo in quella casa, ma la ricordavo perfettamente. Era calda, accogliente. Ormai però, non era più casa mia. L'avevo lasciata non appena i miei genitori furono morti. Non avevo avuto più il coraggio di entrarci. Almeno non fino ad ora.
Ci addentrammo in quella che un tempo era la mia dimora e io e Luke ci separammo per cercare di capire il motivo per cui la porta era aperta.
Io rimasi al piano terra, Luke salì su per le scale.
Cercai ovunque, ma non trovai assolutamente nulla di sospettoso.
«Kya, vieni qui.» la voce risuonò nella casa.
Mi affrettai a salire al piano superiore, dove trovai Luke che guardava uno strano cubo scuro all'interno dell'armadio nella vecchia camera dei miei genitori.
«Hai idea di come aprirla??» chiese continuando a guardare quello strano oggetto.
«Aprire cosa?» dissi io sbalordita.
Mi fece cenno di guardare all'interno del grande mobile.
Non ricordavo di aver mai visto una cassaforte in casa mia.
Eppure, qualcosa di quell'oggetto, mi sembrava familiare.

***

«Kya, tesoro! Vieni qui.» la voce calda di mio padre era inconfondibile.
Possedeva quello strano potere che hanno in pochi. Riusciva a rassicurare anche solo con una parola, e questo mi aveva sempre affascinata. Forse perché anche lui stesso rassicurava. Aveva quella dolcezza caratteristica di un papà amorevole. Mi aveva sempre trattata come la sua principessa.
Io ero tutto il contrario di lui, così tanto che non mi capacitavo del fatto che fossimo legati dal sangue.
Pur essendo una bambina di nove anni, il mio carattere si era già formato abbastanza "bene", per così dire.
Ero scontrosa, acida a volte, pure senza un apparente motivo.
Sentivo una specie di gelo dentro di me, che mi portava ad allontanare chiunque. Forse era solo una mia impressione, forse mi ero auto convinta di questo perché a scuola nessuno mi trattava bene. Ed io ne ero la causa, magari.
«Papà dove sei?» quasi urlai, in modo tale da essere certa che mi sentisse.
«Al piano di sopra!» disse lui con la sua solita voce calma.
Mi affrettai a salire le scale e in un attimo, mi ritrovai davanti alla porta di quella che era la camera dei miei genitori.
Vidi mio padre in ginocchio davanti al grande armadio con le ante aperte.
Mi avvicinai istintivamente a lui.
«Papà.. Che succede?» chiesi preoccupata.
«Nulla tesoro, stai tranquilla.» si voltò verso di me. C'era qualcosa che non andava però.
Era una lacrima quella vicina al suo occhio?
«Devo dirti una cosa..»
«Si, dimmi.» dissi quasi mangiandomi le parole. A quel punto la preoccupazione, e anche un po' la curiosità, mi stavano consumando dentro.
Il suo sguardo si spostò dal pavimento ad una grande scatola nera posta all'interno dell'armadio.
Non mi ero mai accorta dell'esistenza di quell'oggetto.
«Vedi.. Tu sei una bambina molto speciale, e.. inizieranno a manifestarsi a breve.. All'interno di questa cassaforte c'è..» ma non fece in tempo a finire che la voce di mia madre lo interruppe.
«Che fate?» disse la donna sbucando davanti alla porta.
Mio padre si asciugò in fretta la lacrima che precedentemente aveva solcato il suo viso.
«No, nulla, le stavo solo facendo vedere questa foto del viaggio che abbiamo fatto prima che Kya nascesse.» disse mio padre, e si sbrigò a prendere una foto che si trovava all'interno dell'armadio, accanto alla cassaforte.
Gli ressi il gioco.
«Mmh si, è davvero bella mamma!» accennai un sorriso.
«Va bene, va bene. Io e Alya stiamo decorando delle cornici, vuoi aiutarci Kya?» chiese lei gentilmente.
«Si, arrivo.» risposi.
Un susseguirsi di domande continuava a girare nella mia testa.
Cosa inizierà a manifestarsi a breve? Cosa c'era all'interno della cassaforte? E perché mio padre piangeva?

***

«Terra chiama Kya!»
La voce di Luke mi riportò alla realtà.
Troppi ricordi si trovavano in quella casa e facevano sempre più male.
In quel momento, pensai a mio padre. Pensai alla sua voce e a quanto mi mancasse.
Spostai lo sguardo sulla cassaforte e poco dopo mi accorsi che la foto dei miei genitori si trovava ancora là.
La fissai per qualche secondo e una lacrima rigò il mio viso.
«Che succede?» chiese Luke preoccupato.
Non parlai, era troppo doloroso per me. Mi limitai a fissare la foto ancora per qualche istante, prima che Luke spezzasse nuovamente il silenzio.
«Erano.. Erano i tuoi genitori?»
Annuii.
In un attimo, mi ritrovai a piangere tra le braccia del ragazzo che mi consolava amorevolmente.
«Tranquilla Kya, è tutto ok.» disse passandomi le dita tra i capelli.
«No, non lo è. È solo colpa mia.» urlai stretta ancora a lui.
«Smetti di piangere. Non devi.» sussurrò il ragazzo biondo.
«Ma..» non finii la frase.
Mi guardò negli occhi e tutto si fermò intorno a me. In quel momento mi sentii al sicuro. Era uno dei pochi che riusciva a farlo, e questo mi piaceva.
«Non hai nulla da temere.» disse deciso e io sorrisi.

Il mio pensiero però, non faceva altro che tornare alla foto dei miei genitori.

La maledizione del ghiaccio perenne Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora