Non chiusi occhio per tutta la notte e, quando sentii il dolce cinguettio degli uccellini al di fuori del rifugio, decisi di alzarmi per sgranchire un po' le ossa.
Mi misi seduta sul piccolo letto in cui ero coricata, e scesi lentamente da esso per non svegliare Luke che, come ogni notte, si era addormentato sulla sedia accanto al letto.
Andai verso la finestra e mi sporsi leggermente per sentire l'aria pungente della prima mattinata su di me.
Era così fresca.
Ormai erano giorni che ero rinchiusa in quella casetta ed era da tanto che non ne uscivo.Rimasi per qualche minuto a guardare il paesaggio che lentamente prendeva colore. Era così bello, così armonioso.
Gli uccellini cinguettavano di qua e di là e volando, creavano una danza meravigliosa e alcuni coniglietti, in lontananza, uscivano dalle loro tane per poi saltellare in giro per il prato, come se stessero giocando.
Un sorriso mi fu spontaneo, e così continuai a guardare quel paesaggio spettacolare, che mi fece venire i brividi.Ad un tratto, sentii una mano appoggiarmisi sul fianco ed io capii subito di chi potesse trattarsi. Un brivido mi percorse la schiena e Luke se ne accorse.
«Hai freddo?» disse avvicinandosi con le labbra al mio orecchio.
Mi voltai per guardarlo negli occhi color ghiaccio e ne rimasi incantata, ancora una volta.
«No, sto bene.» dissi freddamente mentre mi liberavo dalla sua presa.
Lui stette qualche secondo a fissarmi da vicino alla finestra, mentre io ritornavo verso il letto.
Mi si avvicinò nuovamente e chiese: «Come va la testa?»
«Oh, molto meglio, grazie. Quasi non sento più nemmeno il dolore.»
«D'accordo, meglio così.» disse con un sospiro prima di fermarsi a guardarmi.
Sentii i suoi occhi puntati su di me, e così abbassai lo sguardo.
«Oggi andiamo via di qua.»
A quelle parole mi bloccai d'istinto.
«Ma non avevi detto che era un posto sicuro questo?» chiesi scioccata.
«Sì, ma credo mi abbiano rintracciato.»
La paura invase la mia mente e il mio corpo in un solo attimo.
Mi sentivo al sicuro finalmente e non avevo voglia di uscire allo scoperto, con il terrore che qualcuno potesse perdere la vita a causa mia.
Qui ero sola e non potevo far del male a nessuno, per questo mi piaceva.La voce calda di Luke interruppe i miei pensieri.
«Tieni.»
Mi porse un cappotto nero simile al mio.
«Che devo farci?» chiesi con sguardo interrogativo.
«Giocaci a nascondino» disse, e un sorrisetto si formò sulla sua faccia.
«Molto simpatico...» dissi mentre mettevo quell'indumento un po' troppo grande per me.Uscimmo di casa molto velocemente, e ci mettemmo in cammino.
«Che stiamo cercando di preciso?» chiesi titubante.
«Un posto dove stare.» disse lui, ma non fu sicuro come sempre. Piuttosto, la sua voce, sembrava più tremante del solito.
«E hai già qualche idea?»
«In realtà no.»
Ecco, lo sapevo.
«E ora che si fa?» chiesi.
«Nulla, cammineremo in cerca di un'abitazione.» rispose lui. Il suo tono di voce era ritornato stranamente calmo, ma io non potevo fare a meno di essere agitata.
Un'idea mi balenò nella mente.
«Ci sarebbe..»
«Sì?»
«Casa mia. Non è molto vicina, ma se ci incamminiamo subito, potremmo arrivare prima che faccia buio.» dissi io.
«E i tuoi?» chiede subito lui. «Non gli daremo fastidio?»
A quelle parole cambiai subito umore.
«I.. I miei sono morti sette anni fa..» dissi scoppiando a piangere.
«Scusami io non volevo, davvero..»
«Tranquillo.. È solo che.. Non mi ci sono ancora abituata del tutto..»
Mi abbracciò.Ci mettemmo in cammino quasi immediatamente.
Per tutto il tragitto parlammo molto e ci raccontammo qualcosa della nostra vita.
«Allora Luke, tu sai quasi tutto di me e della mia famiglia, ma io credo di non sapere nulla di te.» dissi dandogli una piccola gomitata sul braccio.
«Che posso dire? I miei genitori sono separati da quando avevo cinque anni e da allora ho vissuto con i miei nonni materni.
Mio nonno Joyce aveva dei poteri curativi, proprio come me, ed è infatti da lui che li ho ereditati.»
«quindi non sei l'unico della tua famiglia..» dissi sospirando.
«Si, be' non so se ci sono altri a parte mio nonno, ma di sicuro non sono l'unico.»
Ad un tratto Luke estrasse uno strano oggetto dalla tasca interna del suo cappotto. Era un aggeggio metallico rotondo attaccato ad una catenella dorata.
Premette un pulsante al di sopra di esso e si aprì.
Solo allora mi accorsi che si trattava di un orologio abbastanza antico.
Luke si accorse che lo stavo guardando e perciò mi parlò.
«Me l'ha regalato mio nonno prima di morire.»
«M-mi dispiace..» dissi balbettando.
«Tranquilla. Ormai ci ho fatto l'abitudine.» disse. «è per questo che non posso riportare in vita le persone. Mio nonno non me l'aveva ancora insegnato quando..»
Lo bloccai.
«Tranquillo, non mi devi nessuna spiegazione.»
«Va bene. È ora di pranzo comunque, ti va di prendere qualcosa in quel ristorante laggiù?» disse, indicando un'insegna luminosa in fondo alla strada.
«Sì, d'accordo, ma.. Non ho soldi con me.» dissi arrossendo.
«Fa niente, ci penso io.» e mi fece l'occhiolino.Entrammo nel piccolo ristorante dopo circa cinque minuti. Ci sedemmo al tavolo e Luke si fece portare il menù.
In quel momento mi accorsi però che due uomini vestiti di rosso ci stavano fissando.
«Luke, guarda là.» dissi indicando quei due uomini con un cenno della testa.
Non appena li vide, sussultò.
Delle parole strozzate uscirono dalla sua bocca e non appena le pronunciò, sentii i brividi percorrermi tutto il corpo.
«Andiamo via di qua.»
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La maledizione del ghiaccio perenne
ParanormaleKyara Smith, un nome come un altro, una sedicenne come tutte. O almeno all'apparenza. Possiede un oscuro segreto che nasconde da sempre. Dentro di sé, porta il peso della sua vita e di tutte quelle che, senza volerlo, ha rubato a persone innocenti...