Per un bambino di Southfield, il tredicesimo compleanno rappresenta la linea di demarcazione tra l’infanzia e la vita adulta.
Nessuno sa cosa l’aspetti - prima - e nessuno vuole parlarne - dopo.
Tom fu il primo del nostro gruppo. Io e Lucy lo torturammo per una settimana intera per fargli rivelare qualcosa, ma lui non disse una parola.
Ci fu un cambiamento in lui, impercettibile a un occhio poco attento, ma io ero il suo migliore amico e non potevo non notare come la sua espressione fosse cambiata. Era diventato, tutt’a un tratto, più adulto. Dopo qualche tempo, riprese a scherzare, rideva alle nostre battute, ma aveva sempre la testa da un’altra parte.
Poi toccò a me. Sapevo a grandi linee cosa mi aspettava. Uno degli anziani sarebbe venuto a prendermi per fare una passeggiata nel bosco e mi avrebbe sottoposto a una serie di domande a cui dovevo rispondere sinceramente. Se avessi mentito, lo avrebbe capito.
Solo oggi mi rendo conto quanto non fossi preparato a quella conversazione. Mentre osservo il soldato che attraversa il bosco inseguendo Mike capisco di non essere pronto nemmeno ora.
Mike sparisce tra gli alberi.
Bravo ragazzo.
Il soldato si guarda intorno. Forse ha capito di essere caduto in trappola.
L’ho studiato a fondo negli ultimi giorni, sia dal vivo sia nei video che mi ha fatto avere Paul. So tutto di lui, come parla, come si muove, come ride. Siamo identici, eppure esistono alcuni microscopici particolari che ci contraddistinguono.
Ripenso al mio tredicesimo compleanno, a Paul che bussa alla porta di casa mia, all’odore di erba bagnata che si respirava nel bosco, al rumore del ruscello che scorreva poco distante da noi, allo sguardo d’intesa che mi scambiai con Tom il giorno dopo a scuola, all’espressione ferita di Lucy che si sentiva esclusa.
Scaccio via quei pensieri e torno al presente. Miro alla testa e sparo. Rapido e indolore. Credo che non se ne sia nemmeno accorto.
Quel giorno, nel bosco, Paul mi chiese cosa mi ricordavo della mia infanzia. Io dissi la verità, come si erano raccomandati i miei, obbedii da bravo bambino. Non ricordavo molto, solo che c’erano pochi bambini con cui giocare. La maggior parte erano malati, come il mio fratellino. Mi sentivo solo, annoiato, triste. Finché non arrivarono Tom e Lucy.
Paul annuiva in silenzio, poi mi disse che per me era giunto il momento di conoscere la verità.
Scendo dal mio nascondiglio. Da vicino il soldato è ancora più simile a me.
È una strana sensazione vedere se stessi morti. Quando Paul mi disse che avrei dovuto uccidere un mio gemello, non battei ciglio. In realtà, non riuscivo a muovere un muscolo, non potevo distogliere lo sguardo dalle mura della città.
Non posso perdere tempo. Spoglio il soldato e mi infilo in fretta la divisa militare e la piastrina identificativa. Faccio un respiro profondo e m’incammino verso il muro accelerando il passo per simulare l’inseguimento. Raggiungo Roger, il mio compagno e dico di aver visto qualcosa tra gli alberi, sempre meglio controllare. Non si è mai troppo prudenti con i ribelli. Faccio anche una battuta divertente, lui ride. Bene, non si è accorto dello scambio. I soldati sono selezionati per la loro prestanza fisica e la loro dedizione, l’intelligenza non è essenziale.
La fine del mio turno sembra non arrivare mai. Ogni minuto diventa un’ora, ogni ora sembra infinita.
Al tramonto, altri due soldati vengono a darci il cambio. Qualche scambio di battute e finalmente ci congediamo. Passo i controlli senza problemi, nessuno sembra fare caso a me.
È arrivato il momento che stavo aspettando dal mio tredicesimo compleanno. Sono dentro.
L’aria è diversa qui. Devo fare respiri brevi per non tossire.
Non posso permettermi di sbagliare, non a questo punto. Un solo errore, un solo passo falso e sono fottuto.
So cosa fanno a quelli come me. E la morte sarebbe, senza ombra di dubbio, una punizione più clemente.