Non ero mai stata in Ospedale prima, tantomeno pensavo di farlo per il mio compleanno. Questo posto mi ha sempre dato i brividi.
L’addetto mi passa un cartellino identificativo senza smettere di fissarmi, si starà chiedendo cosa ci faccio qui. È solo da pochi anni che è permesso entrare in Ospedale come visitatori. All’inizio, mi hanno detto c’era un gran via vai di curiosi. Ora non viene quasi più nessuno. I pazienti vengono dimenticati e lasciati al loro destino.
Non è difficile individuarla, la sfumatura di biondo dei suoi capelli è unica… O quasi.
«Dottoressa Erin.»
Si gira verso di me, lentamente, quasi come se si fosse appena svegliata da un sonno profondo, «Tuo padre sa che sei qui?»
«Non ce n’è bisogno, sono maggiorenne.»
Sono passati tredici anni dall’ultima vota che l’ho vista, il giorno della Grande Rivoluzione, il giorno in cui Aaron e la signorina Maggie sono morti, il giorno in cui ho conosciuto quello che sarebbe diventato padre. Quando l’ho visto, ho capito subito che era un ribelle. Volevo fare rapporto, come ci avevano insegnato a scuola, ma la dottoressa Erin non voleva.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Era un pomeriggio come un altro, facevo i compiti con Aaron nel giardino della dottoressa, mentre la signorina Maggie ci controllava.
«All’inizio tuo padre veniva a trovarmi quasi ogni giorno, poi ha smesso. Credo che non riuscisse a sopportare che io avessi ragione e lui torto.»
«Lei non aveva ragione. Diceva che i ribelli non avrebbero mai attaccato l’isola degli scienziati.» le faccio notare.
Si sbagliava. Se chiudo gli occhi e mi concentro, riesco ancora a sentire le esplosioni a raffica, le urla della signorina Maggie, Aaron che si mette a piangere, la voce calma di Erin che ci dice di andare con quel soldato, io non volevo, era contro le regole, la dottoressa ha detto che non importava, che da quel momento avremmo avuto nuove regole.
Poi è come se l’audio sparisse, tutt’intorno a noi sangue, la signorina Maggie e Aaron a terra. A scuola ci hanno detto che erano sacrifici necessari, ma era la mia insegnante e le volevo bene, così come volevo bene ad Aaron. In mensa, quando nessuno ci guardava, mi lasciava sempre un pezzo del suo dessert, lui era fatto così.
«Quando avevo la tua età, avevo un ragazzo, si chiamava Tommy.»
Annuisco, era il migliore amico di mio padre.
«Siamo cresciuti al di là del muro, a Southfield, eravamo ribelli.» racconta con gli occhi lucidi, «Poi, un giorno, Tommy è venuto da questa parte... per infiltrarsi... ed è stato subito catturato.» racconta, «L’hanno portato qui, in Ospedale, per ricordargli le ragioni per cui era stato creato. L’hanno curato e l’hanno rimesso in libertà. Lui non era come gli altri, era forte... È uno dei pochi cloni sopravvissuti al condizionamento mentale.»
Deglutisco.
«Quando i ribelli ci hanno invaso, hanno portato qui tutti i soldati e gli scienziati sopravvissuti all’attacco.» si morde le unghie, un’abitudine che avevo anch’io da bambina, all’improvviso la dottoressa Erin sembra più giovane, «Ci hanno torturati... finché non c’è stato più niente da torturare.»
«Hanno ucciso Tommy.» capisco, forse è questo il motivo per cui mio padre ha smesso di pronunciare il suo nome qualche anno fa.
«Dopo tutti gli anni che aveva passato qui, non si poteva tornare indietro... Era sopravvissuto una volta. Era troppo... persino per lui. E poi... perché perdere tempo a fare il lavaggio del cervello ai soldati, quando era molto più facile crearne di nuovi?» la domanda resta sospesa, «Lo sai perché mi tengono qui?»
Faccio segno di no.
«Perché sanno che un giorno, quando le cose gli sfuggiranno di mano, avranno bisogno di me per rimettere insieme i pezzi… E quel giorno è sempre più vicino. I ribelli erano contro la clonazione, ma creano cloni ad hoc per le famiglie che non riescono ad avere figli.»
I miei genitori sono una delle poche coppie che sono riuscite a concepire una bambina in modo naturale, l’hanno chiamata Karamat, che significa miracolo.
«Creano scienziati che li aiutino ad aumentare l’età media e soldati che li difendano. Nessuno vuole lavorare la terra, così creano degli schiavi. Stanno distruggendo il bosco, sai cosa significa questo? Risorse che scarseggiano... Carestie… fame… una nuova guerra. Noi volevamo evitare tutto questo, stavamo garantendo la continuazione della specie.»
«Ma era un mondo senza amore, senza famiglie, senza libertà.»
«Ethan… voleva una vita diversa per voi.»
Ripenso al giorno della Grande Rivoluzione, quando Ethan mi ha portato da Grace e mi ha promesso che si sarebbero presi cura di me, che potevo chiamarli mamma e papà perché, da quel momento, saremmo diventati una famiglia. Mi piaceva quella parola, anche se non ne conoscevo il significato.
«Aaron è morto, vero?»
Annuisco.
«Lui era il clone di Tommy, lo sai? Volevo darvi una possibilità... La possibilità che a noi è stata negata, ma immagino non fosse destino. Perché sei qui?»
Alzo le spalle, «Dovevo vederti. Tu sei il mio unico clone.»
Mi sorride e le si formano delle piccole rughe attorno alla bocca, «Non più ormai. Qual è il vero motivo?»
«Ethan… voleva che sapessi che gli dispiace.»
Southfield è come la immaginavo, con le case in legno o quel che ne rimane. Ci fermeremo qui stanotte, per poi sparire domani all’alba. Guardo il bosco, è pericoloso avventurarsi là fuori, con gli animali selvatici e tutto il resto, ma lo sarebbe anche restare. Erin ha ragione, una nuova guerra è ormai imminente.
Dal giorno della Grande Rivoluzione, abbiamo iniziato a diminuire le dosi ogni giorno sempre di più. Ora non siamo più legati ai farmaci o a Willow Bay e possiamo andare dove vogliamo.
«Possiamo andare dove vogliamo.» lo dico ad alta voce.
I miei genitori si sdraiano sull’erba umida per guardare il cielo e Kara si corica tra loro due. È un rituale che facevano quand’ero più piccola, mia madre le sta insegnando a riconoscere le costellazioni, così come faceva con me.
È strano come tutto cambi e, al tempo stesso, tutto resti uguale.
Un giorno, farò lo stesso con i miei figli, perché ovunque andremo, ci saranno sempre stelle da guardare. E, là fuori, da qualche parte, so che ce ne sono altri come noi, altri… ribelli.