Finalmente un pasto decente.
I coinquilini di Rob sono simpatici, non si sono accorti di nulla. L’unica che mi è sembrata un po’ strana è Grace, la ragazza con gli occhi da cerbiatta seduta di fianco a me, che non ha fatto altro che fissarmi per tutta la durata della cena.
Dopo aver aiutato a sparecchiare e a lavare i piatti, esco in veranda per schiarirmi le idee. Sorseggio una birra ghiacciata. Non ricordo l'ultima volta che ne ho bevuta una. È buona.
«Gli altri giocano a carte, vuoi venire?» Grace mi raggiunge.
«No, grazie, credo che starò qui ancora un po’.»
Senza essere stata invitata, si siede accanto a me.
«Che pace.» dico per fare un po’ di conversazione.
«Io lo odio. Il coprifuoco.» ribatte lei, «Voglio dire... A quest'ora non ci sono neanche più treni. Dove potremmo mai andare?»
«È per la nostra sicurezza.» spero di essere convincente.
Lei mi guarda, ha gli occhi verdi, grandi e tristi, «Per la nostra o per la loro?»
«Che vuoi dire?»
Grace abbassa lo sguardo, «Sai cosa voglio dire.»
«No. Non lo so»
Mi guarda negli occhi e sussurra: «So che non sei Rob.»
Non dice la parola ribelle, ma gliela leggo in faccia.
Sono proprio un idiota. Sono dentro da poco più di tre ore e sono già stato scoperto. Penso alla svelta a come comportarmi. Se le dovesse accadere qualcosa, gli altri non ci metterebbero molto a notare la sua scomparsa e a dare l'allarme. Potrei negare, inventarmi una scusa plausibile, ma potrebbe non credermi e andare a spifferare tutto agli altri, sempre che non l’abbia già fatto.
Come se mi avesse letto del pensiero, Grace mi sfiora il polso, «Non devi preoccuparti per me, non lo dirò a nessuno, lo giuro!»
Posso fidarmi?
No.
«Portami con te.»
«Cosa?»
«Voglio andarmene da qui.» mi spiega, «Questa potrebbe essere la mia unica possibilità.»
Non posso neanche prendere in considerazione quest'ipotesi, «Non sai quello che dici. Non sai com’è là fuori.»
«E tu non sai com’è qui dentro.»
«Avete un lavoro, un tetto sopra la testa, cibo in abbondanza.» le faccio notare, «Non vi ammalate mai.»
«Ti sbagli.» abbassa lo sguardo, «Non so cosa mi sta succedendo, mi sento strana da qualche giorno.»
So che può succedere. Alcuni di loro, dopo un po’, smettono di rispondere ai farmaci. Una ragione in più per non ascoltarla.
«Mi sto ammalando.» continua Grace, «Presto se ne accorgeranno e mi porteranno in Ospedale. Non so cosa succeda lì.»
L’unica cosa che so per certa è che quasi nessuno ne esce vivo.
«Non posso. Mi dispiace.»
Avverto un velo di delusione nei suoi occhi, eppure insiste, non è una che si arrende, «Una volta che saremo dall'altra parte, me ne andrò per la mia strada.»
Non posso fare a meno di sorridere, «Nessuno sopravvive là fuori da solo. Nessuno.»
«Non sopravviverei nemmeno qui dentro.» mi fa notare, «Non mi pare di avere molta scelta. Sei tu l’unico ad averla.»
La mia posizione è compromessa, se non la assecondassi, potrebbe smascherarmi davanti agli altri o denunciarmi agli scienziati, ma so che non lo farà. Non è il tipo. Non mi ha nemmeno chiesto dov’è Rob o cosa gli è successo, è determinata ad andare via.
«Non è così semplice. Non sono qui per una gita turistica, sono in missione.»
«Ti aiuterò.» ribatte subito lei.
Oggi ho ucciso per la prima volta. Ho ucciso un uomo innocente perché ha avuto la sfortuna di nascere con il mio stesso aspetto.
Adesso ho la possibilità di rimediare, posso salvare la vita di questa ragazza. una vita in cambio di una morte.
So già che me ne pentirò.