Sindrome di Hinamizawa - Rena Ryuugu

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Cerco di respirare senza fare il minimo rumore. Il più piccolo errore potrebbe tradirmi.
Sono qui, nella mia camera buia e non sono sola. Ho tanto sonno, ma non riesco a dormire.
Non posso. No, con lui non riesco a dormire. È qui, mi osserva. Vuole me.
Mi siede accanto, sento la sua presenza. Sussurra parole che non capisco...
Tremo e ho il cuore che batte fortissimo. Gli occhi li tengo puntati sul soffitto, persi nel nulla. Faccio di tutto per resistere alla tentazione di guardare alla mia sinistra.
Lui è lì che mi osserva.
Mi osserva e io non dormo.


La mattina mi sveglio con strane voci nella testa. Cigolanti, penetranti, insopportabili.
Esco di casa camminando veloce. Le voci vengono sostituite da dei passi alle mie spalle.
Mi segue... mi segue... mi segue... mi segue... mi segue...
Sposto lo sguardo da destra a sinistra, continuando a camminare. Vado sempre più veloce e non la smetto di tremare.
Anche lui è sempre più veloce.
È sempre più vicino. È qui per punirmi. Sussurra parole spregevoli.
Io non riesco più a distinguere la realtà dall'illusione. Nel frattempo le persone per strada mi osservano disgustate.
Che hanno da guardare?
Mi scrutano.
Cosa vogliono?
Mi parlano alle spalle. Mi indicano e i passi dietro di me non smettono. Sempre più vicino.
È dietro di me, posso sentire il suo fiato sul collo.
Tutti gli altri mi fissano, ridono...
«Smettetela... BASTA!» urlo a un certo punto, fermandomi nel bel mezzo della strada. Tutti i passanti, che camminavano tranquilli, si fermano osservandomi meravigliati.
I loro insopportabili sguardi inquisitori. Li odio tutti.
Non sanno cosa provo, quindi come osano guardarmi in quel modo?
Stringo i pugni, deglutisco e riprendo camminare.
I passi sono cessati. Non mi segue più.
Ma io so che tornerà e questa volta mi ucciderà.
Tenendo gli occhi puntanti sui miei piedi, con un pensiero ben fisso in mente, una volta arrivata davanti alla scuola mi reco in palestra.

Mancano solo dieci minuti all'inizio delle lezioni, ma io non mi trovo in classe.
Mi nascondo in bagno. Chiusa in un gabinetto e brandisco una mazza da baseball.
Nessuno... nessuno mi farà del male!
La stringo ma quell'oggetto non mi conferisce la sicurezza che cercavo.
Scatto in piedi e sempre più terrorizzata esco dalla cabina, piazzandomi davanti allo specchio. Con la mano destra tengo ancora saldamente la mazza.
All'improvviso una fitta di dolore al polso sinistro mi fa gemere. La mazza scivola per terra e io cado in ginocchio.
Brucia!
Comincio a grattarmi il punto che mi fa male ma continua a peggiorare.
Fa male!
Sfrego le unghie delle dita ancora più forte ma il dolore non fa che aumentare.
Urlo, il dolore è insopportabile.
Accecata dalle lacrime, mi rimetto in piedi, tenendo la mazza. D'istinto colpisco lo specchio.
Il fracasso dei vetri rotti inonda la stanza.
Io non ne posso più!
Afferro con la mano destra un frammento acuminato e cado a terra. Tremo e non riesco a coordinare i movimenti. Stringendo i denti e chiudendo gli occhi, alla fine riesco a portare il vetro rotto all'altezza del polso, ormai rosso e gonfio.
Con un movimento indeciso mi ferisco e il sangue comincia a uscire. Caldo, rosso... pieno di vermi!
Vermi!
Vermi schifosi, viscidi, escono dalla mia ferita per poi rientrare.
No! No! No! Che schifo! Andate via! Via! VIA!
Mi gratto la ferita, ignorando il dolore. Faccio di tutto per impedire ai vermi di tornare dentro di me. Anche a costo di morire dissanguata!
«Reina!». Qualcuno mi chiama per nome.
Mi volto verso l'uscita del bagno, dove una ragazza della mia classe mi fissa.
Ride! RIDE DI ME!
«Che combini? Hai deciso di ucciderti? Bene, così fai un piacere a tutti!»
Dopo di che riprende a ridere.
Io non posso sopportarlo. Non devo.
Mi alzo in piedi, prendo la mazza e mi avvicino a lei. Il polso ancora dolorante, i vermi continuano a strisciare sul mio braccio. Ma ora non ci penso più.
Intanto il sorriso sul volto della ragazza scompare. Comincia a capire le mie intenzioni. Ma io non le do il tempo di scappare. Con tutta la forza che ho la colpisco allo stomaco, affondando la mazza di lato.
Lei stramazza al suolo, priva di sensi.
Ora tocca a tutti gli altri.
La scavalco e m'incammino nel corridoio, macchiando di sangue il pavimento e trascinando la mazza.
Si prendono gioco del mio dolore.
Io, prima di morire, gli farò cambiare idea.

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