Caduta - Satoshi Houjou

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Mi sono sempre sentito troppo debole, trasformandomi in un'animale incapace di provare amore.
Quella che indossavo ogni giorno era una spessa maschera di cera che andava a incrinarsi lentamente, logorata dall'odio che imprigionavo in profondità nel petto.
Potevo apparire tranquillo e gentile quando in realtà ero totalmente indifferente alla vita che mi scorreva davanti agli occhi spenti, perché sennò sarei esploso.
Avevo presto rinunciato alla prospettiva di un futuro denso di significati e opportunità.
Non sarei diventato nulla perché al nulla stesso aspiravo, attendendo la morte.
Spesso ho pensato al suicidio ma ero così inetto da risultare persino incapace di uccidermi.
Lasciavo che tutto mi scivolasse addosso. Ogni cosa poteva scottare e fare terribilmente male ma nemmeno me ne accorgevo.
La dignità di vivere non mi apparteneva.
Ero orribile.
Una persona ripugnante.
Mi odiavo.
Questo sentimento era l'unico che provassi davvero in maniera intensa.
Di come apparivo agli altri ne ero consapevole; suscitavo pena, mista a interesse. Sapevo di meritarmelo e quindi non facevo nulla per cambiare le cose.
La notte giacevo nel letto fissando il soffitto, con Satoko raggomitolata sotto le coperte.
Percepivo il suo calore e il lento respiro. Vicina a me riusciva a fare sonni sereni. Dopo un po', nella profonda oscurità, mi addormentavo, senza sognare assolutamente nulla.
Andavo avanti ogni giorno solo perché c'era lei accanto a me. Nessun'altro l'avrebbe protetta e presto compresi che esistevo solo per permettere a lei di vivere.
Da una parte ero felice quando dopo tanti sacrifici riuscivo a farla sorridere ma in fondo al mio cuore sapevo che così avrei rinunciato totalmente alla mia dignità.
Avevo accettato questa conseguenza da anni e sepolto ogni desiderio di aspirare a qualcosa di diverso. Badare a lei mi dava un motivo per alzarmi dal letto la mattina, sennò sono sicuro che mi sarei lasciato morire di sete e di fame, chiuso nella mia stanza.
A volte mi sono avvicinato molto a questa fine ma poi la sentivo piangere e correvo a salvarla dall'ennesima sevizia. La portavo in camera mia, la consolavo e poi provavo a farla ridere; ogni tanto ci riuscivo e questo fermava la mia voglia di lasciarmi morire. Ma non sentivo amore, lo percepivo più come un dovere e un riscatto puramente egoista: io non avevo il coraggio di prendere la mia vita e darle un significato e quindi facevo di tutto per sentirmi gratificato nel darla a Satoko. Vivevo letteralmente attraverso di lei. Se avessi scelto me stesso, se avessi avuto coraggio, sicuramente me ne sarei andato, abbandonandola.
Per questo sapevo di essere un mostro.
Per questo mi odiavo.
Per questo impazzii mentre le cicale piangevano per me.


L'odio mi ha reso vivo.
L'egoismo ha dato un significato alla mia vita.
Il peso dell'essere un codardo mi ha schiacciato.
Alla fine la maschera di cera si è frantumata e io ho fatto a pezzi mia zia.
Di ciò che accadde in seguito ho solo ricordi confusi.
In questo momento posso percepire il lento respiro della persona sopita al mio fianco.
Non riesco a muovermi o ad aprire gli occhi ma so benissimo chi è.
Shion ora può vedere il mostro che sono diventato ma non ha mai smesso di amarmi.
Viene spesso da me e a volte la sento piangere.
Vorrei piangere anche io ma il mio corpo non risponde.
Per la prima volta ho il desiderio di lottare per la mia vita. È piccolo e sussurra lievemente, ma è lì.
Devo solo lasciarmi guidare dalla luce che mi attende oltre l'abisso in cui sono caduto.





[Spazio Autrice]
Ci avviciniamo sempre di più ai capitoli finali.
Da una parte mi dispiace e dall'altra non vedo l'ora. Lo considero un progetto in realtà semplice ma che mi ha toccato il cuore innumerevoli volte. Proprio mentre scrivo cerco di immedesimarmi in ognuno di loro, ascoltandone l'anima.  

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