Caduta - Keiichi Maebara

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Quando arrivai a Hinamizawa ero molto confuso. È difficile riuscire a descrivere chiaramente cosa provavo ma principalmente vivevo in un vortice caotico di paura e gioia. Ero consapevole che la mia vita sarebbe stata totalmente diversa; mi scorreva nel petto un qualcosa misto ad adrenalina che mi stringeva i polmoni in una morsa tanto forte da rendermi doloroso ogni respiro.
Sapevo che potevo diventare una persona diversa; avevo davanti l'occasione che mi avrebbe permesso di redimermi.
Mi odiavo e non riuscivo a perdonarmi in quanto ritenevo di essere una persona orribile. Ciò che desideravo di più era poter riscrivere il mio passato e non dovermi più vergognare ogni volta che incrociavo gli occhi stanchi di mia madre e quelli delusi di mio padre.
Riavvolgere il tempo avrebbe cancellato quelle espressioni dei loro volti e il macigno dal mio cuore.
Ma avevo rinunciato a questa assurda possibilità. Non potevo in alcun modo riscrivere il mio passato ma compresi che avevo il potere assoluto su ciò che sarebbe avvenuto.
La notizia del trasferimento a Hinamizawa segnò l'inizio per il nuovo me stesso.
Il piccolo villaggio di campagna era l'esatto opposto di un enorme e caotica città. Me ne resi conto subito mentre il penetrante rombo del traffico veniva sostituito dal pianto delle cicale.


Quando venni accolto nel club capeggiato da quella strana ed esuberante Mion Sonozaki feci di tutto per non mostrarmi a disagio; diedi sfoggio alla mia parlantina, atteggiandomi con le ragazze e facendole ridere o arrabbiare ma sapevo che era già nata un'intesa.
Una profonda consapevolezza era dipinta su ognuno dei nostri volti sorridenti, la certezza che adesso tutto era al proprio posto. Io cominciai a sentirmi veramente a casa.
Per la prima volta potevo affermare di essere felice.
Ma ogni parola, risata e respiro venivano scanditi dal costante lamento delle cicale, le quali cercavano di avvertirmi che quel paradiso sarebbe presto svanito, crollando su se stesso come un castello di carte esposto alla lieve brezza estiva.

Proprio in mezzo allo sferzare di quel vento caldo e afoso Rena mi uccideva con lo sguardo.
In ginocchio, in mezzo ai ciuffi d'erba che erano cresciuti intorno ai rifiuti della discarica, io le imploravo il mio perdono.
Lei non batteva ciglio e il tempo sembrava sospeso in quell'inferno.
Non potevo salvarla e lei lo sapeva. Anzi, mi disprezzava perché io l'avevo già massacrata.
Dentro un incubo, dimenticato da tempo ma fin troppo nitido per non essere reale, io la facevo a pezzi. Lei implorava il mio perdono mentre io le fracassavo la testa con una mazza da baseball.
Nel momento stesso in cui lei cominciò a guardarmi con quel disprezzo che non tradiva alcuna pietà, io ricordai quelle immagini di un passato assurdo e remoto ma fin troppo reale.
E anche lei, da qualche parte, ne era consapevole. Sapeva di essere rimasta sola al mondo e l'odio con cui sputava sentenze, illustrando il mio passato da bullo e disadattato, era l'inizio della sua vendetta.
Non ero degno di quel futuro in cui avevo tanto sperato.
Ogni secondo, sotto lo sguardo ricolmo d'odio di Rena, mi frammentava l'anima.
Scoppiai a piangere e lei se ne andò, abbandonandomi alla mia disperazione.

Tra le braccia di Mion sento sciogliersi la stretta che mi ha serrato il petto fino a pochi attimi fa. Tengo la fronte appoggiata alla sua folta chioma raccolta costantemente in una coda. Annuso il suo profumo e percepisco il sangue che mi scorre nelle vene rallentare. Il tempo non scorre più e io mi sento eterno per un attimo.
Non so cosa accadrà.
Non so se morirò.
Ma adesso sento di poter vivere per sempre. Percepisco la forza necessaria per salvare Rena.
Anzi, sento di poterle salvare tutte.
Son tutte mie amiche. In parte le amo. Sono grato e farei qualunque cosa. E così mi stringo a Mion che da sbalordita poi si abbandona alle mie braccia. Ovviamente non capisce ma non è importante perché nel momento esatto in cui incontro lo sguardo di Rika so di avere il suo perdono. Quella bambina mi ha perdonato, a nome di tutti.
E questo basta.
E questo mi restituisce la forza per tentare, ancora una volta, di combattere.
Non so quante vite mi serviranno per raggiungere questo obbiettivo ma tra me e Rika c'è un tacito consenso. Entrambi sappiamo.
Le cicale piangono ma io ho smesso di versare lacrime.




[Spazio Autrice]

Non so esattamente che dire. Non so quanti in realtà leggano questa raccolta e quindi forse mi ritrovo più che altro a parlare da sola però non manca molto alla fine.
Tenete duro.
Spero di fare il botto :P!

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