2-Hand Cannot Erase

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La mia scuola non era mai stato un luogo bellissimo, era un grande edificio che comprendeva diversi istituti e comprendeva circa 1000 studenti, un vero record per un piccolo paese del sud Italia.
Lo trovavo un posto poco accogliente, quasi soffocante.  La facciata di color arancione della scuola lascia spazio agli interni grigi, quasi come un'illusione che inganna gli studenti, dipingendo l'esterno come allegro e colorato e l'interno come triste e freddo. Solitamente mi isolo dagli altri, concentrandomi solamente sui miei studi. Provo odio e schifo solamente a pensare alla mole di studenti che frequenta la scuola solamente come obbligo, andando contro la selezione naturale. Io amo studiare e lo trovo gratificante, attraverso la cultura si può ottenere la catarsi dell'animo tanto agognata, l'unica cosa che può curar il mio dolore.
Quel giorno però ero molto positivo, era uno di quei lunedì scolastici di ottobre e la mia mente ritornava a quell'orfanotrofio. Ci pensai a lungo e durante l'intervallo notai una ragazza dai capelli rossi e dal viso pallido, in cui spiccavano due bellissimi occhi azzurri; sembrava molto malinconia e notai che anche lei non parlava con quasi nessuno eccetto un paio di sue amiche. Notai subito che era vestita completamente di nero che ben si sposava con i suoi lineamenti delicati.  Una lunga gonna le cingeva la vita, ed una semplice maglia nera le copriva il busto. Per la prima volta nella mia vita pensai che una persona fosse bellissima. Volevo conoscerne il nome, volevo parlarci o meglio... avrei voluto, perché sapevo benissimo che tutto ciò non sarebbe accaduto. Quando dovette tornare in classe, una fitta al cuore mi colpì, ricordandosi quei freddi venti di Gennaio. Rimasi allibito per un istante per la sensazione nuova e mai provata in precedenza. Continuavo a pensare alla ragazza e nel frattempo mi chiedevo come mai mi avesse colpito così tanto. Era solamente una stupida umana come le altre. Non avrei dovuto avere tale impressione. "Chi è lei?" La domanda che incessantemente mi ronzava in testa.
"Josh in classe" era il professore d'italiano, un uomo buffo sulla cinquantina che ostentava a chiamarmi Josh. Era perennemente rasato a tal punto da chiedermi spesso se mai avesse avuto una barba; era calvo, ormai, e due occhietti vispi erano nascosti dagli occhiali a mezzaluna.
Vedendomi scosso mi chiese se avessi avuto bisogno di aiuto, rispondi brevemente e velocemente con un semplice no. Tutto ciò a cui pensavo era lei, una semplice umana...

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