Scappare, ma dove?¿?

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Oggi ho corso.
Faceva un freddo cane, ma sapete, quei momenti, che vi sentite sbriciolare e cadere a terra, ma un attimo prima dello schianto fermate il tempo, e decidete di tornare indietro...
Ti inizi a sentir sbriciolare, guardi fuori dalla finestra.
Il cielo è lì, immenso, con le sue nuvole, grigio.
Ma tu vuoi scappare, scappare ma non sai da cosa, semplicemente scappare.
Scappare dalle persone.
Scappare dalle tue paure.
Scappare dall'ansia che ti divora.
Scappare dalle voci che ti urlano contro.
Scappare.
Semplicemente scappare.
Ma non puoi andartene, sei legato ad un posto, e non puoi andartene.
Mi sono messa le scarpe e in un giorno freddo come tanti sono corsa via.
Lungo il vialetto di casa avevo la musica al massimo, ma non arrivava alla mia mente.
Rimbombava nelle orecchie ma poi svaniva.
Corsi a sfinimento, passi dopo passi, senza fine, verso una meta sconosciuta, l'odore del glicine mi riempiva le narici, come per il gelsomino.
I miei profumi preferiti.
Corsi, notando i pochi raggi di sole che bucavano le nuvole e il cielo grigio.
Corsi, notando i fiori timidi ma variopinti che mi circondavano.
Corsi, sentendo mille odori inondare le mie narici.
Corsi, vedendo mille immagini passarmi difronte, notandole, ma non guardandole.
Corsi, vedendo tutto sfumato.
Gli occhi ancora rossi, la bocca ancora impastata ma le gambe non si fermavano, il fiato mancava, ma non riuscivo a fermarmi.
Non sapevo verso dove stavo correndo, seguivo i miei sensi, cercando di andare più in alto possibile.
Mi ritrovai su una strada non più asfaltata, la percorsi annaspando e scivolando.
L'avevo trovato.
Il mio posto, finalmente, dopo una corsa senza sosta ero arrivata, mi buttai a terra, seduta senza forze iniziai ad osservare, notare ed esaminare intorno me.
Mi sentii così piccola e fragile in un luogo tanto ampio e crudele.
Ero in una collina, si trovava sopra casa mia, non ne sapevo neppure l'esistenza, ma la trovai.
Scese la sera pian piano. Passai il pomeriggio seduta in quello spiazzo di terra secca e dura a guardare il panorama, a pensare... Pensare...
Pian piano venni avvolta da un senso di tranquillità e quiete.
Non poteva, l'Amore, calmarmi quanto quel panorama.
Non credevo più da molto nell'Amore.
Era un semplice imbroglio chimico formato da varie emozioni confuse e contraddittorie.
Una persona aveva il potere di riempirti l'animo con un semplice sguardo tanto quanto distruggerti. Diventai cinica verso ogni persona a causa di questo potente sentimento, che io avevo provato appieno, attraversando le due fasi principali... La pura euforia, composta dalla limpida felicità e la pura tristezza composta dall'amaro disprezzo.
Una persona mi aveva cambiata con semplici atti, decisi di non farmi più ingannare da quel sentimento crudele, dio se l'odiavo, era un sentimento stupido, ma potente, da non sottovalutare.
Aveva la potenza di una semplice pioggia per un piccolo germoglio, aveva la potenza di un vento su delle foglie, aveva la potenza di un uragano, la potenza del mare, la potenza del sole, la potenza... che l'uomo non possedeva.
E per questo, forse, l'uomo ci soffriva tanto quanto ci stava tanto bene.
Perché semplicemente l'uomo, a differenza di tutto il resto del creato, non sa gestire l'Amore.
L'uomo proprio non sa gestire le emozioni.
È in grado di farsi prendere dalla paura in un momento semplice quanto da farsi prendere dal primo impulso che gli passa per la mente in un momento di pura calma.
L'uomo non sa relazionarsi con se stesso, tanto meno con gli altri.
Sarei cambiata, quel giorno lo sentivo, sarei cambiata.
Non mi importava più di me stessa in quel momento, stavo dando peso pure all'aria intorno me, che peso apparente non aveva.
Cambiai.
Disprezzai l'Amore in ogni sua forma.
Ma poi capii una cosa, l'Amore poteva distruggermi quanto farmi rinascere.
Dovevo solo aspettare.
La luce intorno a me pian piano iniziò a svanire, dando spazio alla notte, alle stelle, al freddo, e alle luci che da lì riuscivo ad osservare, e capii di amare la notte.
Tutte le grandi insegne luminose erano ora minuscole, e illuminavano tutto intorno a me, avevo solo una felpa e dei pantaloncini, faceva parecchio freddo, ma mi pareva non avvertirlo.
Da seduta mi stesi, e il cielo era imponente su di me, con la sua luna e le sue stelle, che da sempre mi attraevano.
Così lontane ma vicine.
Provai a contarle, come si faceva da bambini, ma persi il conto.
La stella polare brillava lussureggiante ma discreta, vidi il piccolo carro collegato ad essa, vidi varie stelle davvero interessanti, di cui non conoscevo neppure il nome, vari spiazzi quasi vuoti, coperti dalle nuvole, e la Mia luna.
Brillava candida come non mai ai miei occhi.
Me ne restai a fissare quella meraviglia senza proferire parola e con la mente libera.
Presi le mie cose e tornai a casa.
Ero completamente un'altra persona.

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