"E con lui, come va?¿?"
Le immagini iniziano a sbiadirsi, lentamente, perdono colore.
"Lui chi?¿?"
Pian piano iniziano a perdere anche la forma, diventando ondulate.
"Non so... Il tuo ragazzo, Federico, no!?"
Mi gira leggermente la testa, avverto il calore del camino difronte me che mi scalda.
"Federico, ancora Federico, mamma sto con Noah, smettila, lo sai"
Apro gli occhi.
Un sogno.
Mi stropiccio un po' la faccia con le mani, la solita stanza, il solito caminetto, il solito divano, il solito tavolino con la tisana.
Allungo la mano da sotto le coperte, prendo la tazza ancora tiepida e ne bevo un sorso, tenendo con l'indice della mano destra il cucchiaio in alto, evitando che mi cadesse addosso, avevo dormito poco, lo capivo dal calore della tisana, me la appoggio sulle ginocchia piegate al petto, lecco le labbra umide e passo il dito sul contorno del bordo della tazza, vedendo cadere lungo essa una piccola gocciolina, in corrispondenza del punto dove avevo appoggiato le labbra. La sollevo dalle gambe, la appoggio al tavolino in legno, sentendo il rumore che produce la ceramica a contatto con esso, e il tintinnio del cucchiaino metallico, in mezzo al silenzio e lo scoppiettio della legna nel camino.
Mi alzo, vedo tutto offuscato, i miei occhiali erano rimasti sulla mensola del camino, davanti esso una poltrona blu, con sopra il libro che fino poco prima stavo leggendo, non ho voglia di prenderli, barcollando, passo dopo passo supero il camino, il corridoio e arrivo difronte alla porta della cucina, chiusa.
Ascolto attentamente, appoggiando l'orecchio alla porta in legno, bianca.
La tv, accesa, i passi di mia madre, e i suoi leggeri sussurri, il vento contro la finestra, tra le foglie davanti casa.
Appoggio la mano sulla maniglia fredda, esito, -non sarebbe meglio tornare sul divano, e dormire un altro po'?¿?- forse, ma il sonno era finito, seppur ancora fossi tutta rintronata.
Spingo verso il basso la maniglia, la porta si apre e entro in cucina, il pavimento gelido fa contrasto con i miei piedi caldi, mia madre era appoggiata con entrambe le mani al piano del lavandino, guardando fuori dalla finestra difronte lei.
"Sembra proprio che voglia nevicare, con questo cielo buio e grigio"
Faccio due passi in più e mi appoggio con le natiche all'angolo del tavolo, sporgendomi con il busto verso sinistra, per vedere fuori.
"Probabile -la mia voce esce ancora impastata- ma tira un vento davvero forte, la neve da altrove verrebbe trasportata qui, non nevicherebbe, o almeno non per ora."
I suoni confusionari tra alti e bassi provenienti dalla tv mi permettono di riconoscere il cartone senza guardarlo, Tom e Jerry.
Appoggio le mani al tavolo, mi do una leggera spinta verso l'alto, stacco i piedi da terra e mi siedo sulla tavola, incrociando le gambe, com'è mia abitudine fare.
Sbadiglio, portando la mano sinistra alla bocca e raccogliendo una lacrima inavvertitamente uscita.
"Hai ancora sonno?¿?"
"No, sono solo stanca"
Mi spingo con il busto in avanti, scrocchiando la schiena.
"Allora, domani è un mese che sei fidanzata con Noah"
"Eh sì, il tempo passa davvero in fretta"
"E con Riccardo?¿? Siete ancora amici?¿? Lui era parecchio innamorato di te"
"Lo so, ma non mi piaceva più mamma, però gli voglio bene, siamo... Amici, diciamo"
Dico smorzando il fiato sulla parola amici.
Mi dispiaceva davvero di averlo fatto soffrire, ma la verità era che i sentimenti verso lui si erano affievoliti troppo per continuare la storia che avevo con lui, e si erano accesi per un'altro ragazzo.
"Capisco, e con Federico, siete amici?¿?"
Appunto, lui era l'altro ragazzo, forse uno dei più ingestibili e al tempo stesso problematici con cui sia stata.
Aspetto un'attimo prima di rispondere, no, non eravamo amici, io non lo consideravo tale, almeno, e lui probabilmente mi reputava pazza.
"Sì, sì, siamo amici."
Dico liquidandola, mi diedi una spinta, scesi dal tavolo e fugacemente camminai verso la porta, per tornare in sala.
"Due volte sì vuol dire no!"
Stralunai gli occhi al cielo, fregandomene e mi buttai sul divano, nel soggiorno.
Passai il dito sulla cucitura rossa del cuscino accanto a me pensando a Noah, tenevo a lui, davvero tanto, ma avevo paura di perderlo, se non paura di allontanarlo io stessa, per paura di ferirlo troppo con il tempo, facendo qualche azione sbagliata, ma perderlo...
Non voglio perderlo.
L'unica cosa a cui tutta la mattinata avevo pensato era svegliarmi la mattina seguente, sapendo che era un mese che stavo co lui, e come sarebbe stato aprire gli occhi svegliata dalla sua voce e i sui baci, sentirlo dire "ho preso il treno stamattina, sapevo che ti saresti svegliata a mezzogiorno così sono venuto io a svegliarti, auguri piccoletta".
Sapendo che odiavo certi termini come piccola, principessa o cose simili l'avrebbe fatto apposta, e io gli avrei lanciato un cuscino in faccia, anche se certi termini se detti da lui alla fine non mi davano tanta noia, e iniziavo ad accorgermene pian piano, ma me lo tenevo per me, evitando di dargliela vinta.
Dopo poco mi sarei alzata, lui avrebbe pranzato da noi e poi se ne sarebbe tornato a casa sua, sapendo che il pomeriggio dovevo studiare.
Mia madre gli avrebbe permesso di svegliarmi, se suonando alla porta Noah gli avesse spiegato tutto.
Mi girai dal lato opposto del divano, coprendomi con il pile e tralasciando quel pensiero.
Federico e Riccardo.
Come potevo risolvere con loro?¿?
Odiavo avere degli ex che non mi parlavano, o mi detestavano o altro, ero amica con tutti i miei ex, e se c'era una cosa che sapevo era che spesso solo il tempo poteva aggiustare certe situazioni.
Riccardo diceva di non odiarmi, ma sapevo che forse, sotto sotto, lo faceva, e dovevo aggiustare le cose, ma un messaggio con "scusa per tutto quello che ti ho fatto" non sarebbe bastato.
Avrei dovuto agire tempo prima, forse, e ora mi sentivo anche troppo distrutta da tutto e tutti per affrontare un discorso serio, o per dover chiedere scusa.
Federico, a lui avevo detto addio tempo prima, e non mi aveva tenuta, anzi, ne sembrava entusiasta, e il mio orgoglio mi impediva di tornare a scrivergli, almeno da amica.
Soprattutto dopo le varie offese che da lui avevo ricevuto.
E forse lo detestavo, sì, per varie cose sicuramente lo detestavo, ma sistemare le cose era da me.
Feci un respiro profondo, a pieni polmoni, sentendo l'odore di pelle del divano.
Presi il telefono, ancora non mi aveva scritto, e ciò mi teneva sulle spine, mi faceva paura, mi preoccupava, mi...
Mi stava mancando.
Noah.
Non lo sentivo da un po' e non sapevo cosa stesse facendo, cercavo di ammazzare il tempo in tutti i modi, ma in qualche modo mi ritrovavo sempre a pensarlo.
O sognarlo.
Mi amava veramente?¿?
Teneva davvero a me?¿?
Mi chiedevo spesso cose come queste, e avevo sempre paura che la sua risposta fosse solo una bugia.
Ma io non volevo perderlo, e avrei davvero fatto di tutto purché non accadesse.
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It's me.
RandomI miei pensieri più confusi e più nascosti. Del passato, del presente, o magari semplicemente immaginati.