Fin da piccola mi piaceva osservare le persone, capire ciò che passava per le loro menti e magari creare delle storie buffe su di loro.
Spesso osservavo una ragazza, sui quindici anni, capelli rossi e occhi color nocciola.
Aveva uno sguardo morbido e fine, un viso candido e sereno.
Indossava gonne a fiori e magliettine con bottoni, magliette gialle senape, blu cielo, viola lavanda, rosa antico, marrone caramello e chi più ne ha più ne metta... Ma tutte erano chiuse con dei bottoncini.
Ogni mattina usciva di casa presto, quando ancora l'aria era fresca e non appiccicosa, saliva sulla sua bici, metteva nel cestino un libro, del cibo e partiva.
Percorreva strade bianche, polverose e con dei simpatici ciuffetti d'erba che sbucavano qua e là.
Arrivava fino in fondo a quello stradone lungo, su un campo, e lì, sotto un albero gigante leggeva, viaggiava con la mente, per poi risalire in bici, tornare a casa con le solite cose nel cestino della bici e dei fiori variopinti in più.
Non usciva fino al mattino seguente.
Ogni sera vedevo percorrere la stressa strada un ragazzo, anche lui quindici anni circa, capelli castani, occhi verdi, sorrisetto fisso nel volto.
Tratti del viso ben delineati e forse un po' bruschi.
La ragazza, nonostante il tempo che passava, continuava a percorrere quel tragitto, nonostante i suoi diciassette anni.
Una sera il ragazzo non uscì.
Pensai che si fosse ammalato, ma in estate era un po' difficile ammalarsi.
Passarono due giorni, e il ragazzo ancora non si era visto.
La ragazza invece usciva puntuale ogni mattina, saliva in sella alla sua bici azzurra, ormai sbiadita, si sistemava la gonna a fiori, controllava che tutti i bottoncini della camicetta estiva che indossava quel giorno fossero ben allacciati, si scioglieva i capelli rossi, e poi li legava, bloccandoli con un ferma capelli in legno, con sulla punta una pietra azzurra.
Passarono due settimane, la ragazza percorreva ancora la stessa strada, ma il ragazzo, non si vedeva più uscir di casa in sella alla sua bici.
Lei come sempre percorreva la strada allegra e senza pensieri.
Avrei sperato di vederlo una sera, ma così non fu.
Il ragazzo non uscì.
Un giorno un cambiamento notevole mi sorprese.
I lunghi capelli lisci della ragazza ora erano corti, a incorniciarle il viso pallido, non indossava una gonna a fiori, ma bensì a tinta unita, una bella gonna rosa antico, con una camicetta color senape, con i classici bottoncini.
L'estate stava terminando, e il ragazzo non si era più visto.
Un giorno d'autunno la ragazza tornò a casa con gli occhi rossi e gonfi.
Senza fiori nel cestino.
Quel giorno indossava una gonna verde e una camicetta bianca a motivi floreali, con i bottoncini.
La sera, il ragazzo, uscì in bici.
La mattina seguente la ragazza non si vide, passando sotto casa sua sentivo una vecchia canzone riprodotta da un vecchio vinile echeggiare senza tregua.
Il ragazzo ora usciva di mattina, come faceva d'un tempo la ragazza, e passando davanti camera mia timidamente ci salutavamo con un cenno della mano.
"Mi scusi!?"
"Le ho detto... Vorrei vedere la ragazza con i capelli rossi!" Dissi spazientita sul ciglio della porta, apparendo come una sciocca.
"Emma non vuole ricevere visite" disse l'anziana signora con un tono brusco, con il volto corrugato e segnato dal tempo.
"Beh, e io devo vederla." La signora spazientita si grattò una parte tra i capelli grigi, e poi si sistemò la collana in perle.
Incrociai le braccia al petto, e feci uno sguardo di supplica.
Si lisciò la gonna nera sulle gambe e mi fece entrare.
"Emma è in camera sua, primo piano, ultima porta a destra"
"Grazie mille signora!"
Mi precipitai su per le scale, la porta era chiusa, tentennai qualche secondo prima di bussare ed entrare.
"Nonna, non c'è bisogno che vieni qui ogni dieci minuti, sto bene"
Disse la ragazza, Emma, raggomitolata sotto le coperte autunnali.
Rimasi in silenzio, poi presi fiato.
"Non so cosa ti sia successo, ma non c'è bisogno di passare le tue giornate senza uscire, percorrendo la solita strada mattutina. Eri sempre spensierata quando lo facevi. Credo ti aiuterebbe. Ti osservavo dalla mia finestra.
Ogni mattina, puntuale.
L'ultima mattina che ti vidi avevi una gonna verde e una camicetta bianca a motivi floreali. Non distruggerti."
Poi scappai via, forse imbarazzata, senza salutare neanche l'anziana signora al pian terreno.
La mattina seguente la ragazza non si vide.
C'era solo uno strato di foglie ingiallite, posate a terra dal vento, e il ragazzo.
Un giorno percorrendo con lui la sua solita strada avevo scoperto si chiamasse Giulio, avevo scoperto amasse i dischi in vinile, gli oggetti antichi, sbirciare alle bancarelle dell'usato e mille altre cose che sapevo indirettamente adorasse Emma, le avevo parlato di lei.
Fu dicembre, una mattina fredda.
Varcai la porta, ancora in pigiama, sentendo i miei stivali far scricchiolare il legno dell'ingresso.
Giorgio mi salutò.
Rimasi sul dondolo che dava sulla strada in pigiama, andando avanti e indietro su quel coso metallico cigolante.
"Attenta, potresti prender freddo"
Era una voce femminile.
Alzai gli occhi dalla tazza di cioccolata calda che stringevo tra le mani.
"Emma!"
Capelli corti, sciolti e lisci come al solito.
Viso pallido, morbido, come al solito.
Gonna verde, come l'ultima volta.
Maglia bianca a motivi floreali come l'ultima volta.
"Grazie" disse timidamente passandosi una mano tra i capelli rossi.
Poi proseguì il sentiero.
Tornando nel cestino aveva le solite cose e dei fiori e bacche, che trovava sempre in inverno.
Dopo qualche mese Giorgio e Emma passarono davanti casa insieme.
Mi salutarono, come facevano ormai da un po', entrambi separatamente le mattine precedenti. Ogni tanto andavano a piedi, tenendosi per mano.
Ogni tanto lei teneva il broncio a lui.
Ogni tanto lui a lei.
Ma erano sempre insieme.
A distanza di anni, passavano davanti casa mia tenendosi ancora la mano.
Un pomeriggio, inaspettatamente, mia mamma disse che avevo ospiti.
Mi ritrovai ad essere la testimone del loro matrimonio.
Oggi, vedo una bambina, con un casco in testa.
Su una bici,capelli rossi, lisci, occhi verdi, lineamenti decisi e bruschi.
Percorreva la stessa strada che i genitori facevano abitudinariamente anni prima.
Salutai con la mano pure mia figlia.
Stando seduta sul dondolo metallico con Emma e Giorgio.
"Aspettami Marta!" urlò all'amica che era poco più avanti di lei.
Di pomeriggio spesso Giulio e Emma portavano Marta a giocare con Elisa, amiche fin dalla nascita.
Emma era poco più grande di me, diventammo amiche strette dopo il giorno che la rividi percorrere la strada.
Così come le nostre figlie.
Spesso il caso fa nascere bei incontri.
Ma spesso va aggiunto un pizzico di coraggio e fiducia, per far in modo che si crei qualcosa di indistruttibile.
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It's me.
RandomI miei pensieri più confusi e più nascosti. Del passato, del presente, o magari semplicemente immaginati.