Capitolo 11

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Avrei dovuto aspettarmelo.
In fondo, fui sotto gli occhi di tutti quando annunciarono i miei punti.
Non ero semplicemente il passatempo di Travis.
In quel campo aperto a ogni genere di condannato, chi aveva più punti degli altri era considerato un pesce grosso.
Beh, io non ero esattamente grosso in confronto al tizio che mi reggeva in alto come fossi un uccellino pronto per spiccare il volo.
Se avesse voluto, avrebbe potuto utilizzarmi come stuzzicadenti.

Ero un pesciolino.

- Niente di personale - mi lasciò di colpo facendomi atterrare di schiena.
Riuscivo a malapena a respirare, mi sentivo come in una centrifuga.
Nonostante i pensieri confusi, una cosa l'avevo realizzata: mi stavano rubando i punti.

I miei punti.

Per quanto detestassi quel numero che mi avevano affidato, anche se in una percentuale molto piccola, erano l'unica via d'uscita per tutti noi da quell'inferno.
Anche se avevano posto fine a delle vite, Joe, Mike, Leo, Emily, Juliet e Cody non mi sembravano cattive persone.
A modo loro mi avevano aiutato e, anche se ero del tutto inutile, una cosa buona l'avevo: quei punti.

Allungai debolmente una mano e con quel po' di forza rimasta gli afferrai l'orlo dei pantaloni.
Se non avessi avuto più quei punti forse avrebbero smesso di guardarmi in quel modo così ostile, e sarei stato al sicuro da chi altro avrebbe voluto rubarmeli.
Ma cosa più importante, avrebbero tenuto lontano da me Travis Hill.
Non ci pensai.
L'unica cosa che mi tornava alla mente, in quel momento, era il sorriso di Juliet la notte prima.
Le sue parole mi rieccheggiavano in testa:
Io volevo almeno provarci... a sopravvivere.

"Beh, anche io"

L'uomo si voltò verso di me sentendosi tirare.
- Lasciami - disse solamente, facendomi intuire di non avere alcuna intenzione di ripeterlo una seconda volta.
Per qualche ragione, la stretta su di lui divenne più salda.
Arrivò in un istante.
Un calcio alle costole mi mozzò il fiato.
Il mondo ritornò grigio e bianco.
- Ri... ridammeli - sussurai appena con una forza che neanche io sapevo di possedere ancora.
Il dolore di un secondo calcio mi percorse per tutto il corpo facendomi tossire fino a mancarmi il fiato.
Sentivo il fianco bruciarmi, qualcosa di appuntito pungermi nello sterno.
Quel dolore straziante non mi dava nemmeno la possibilità di respirare senza patire le pene dell'Inferno.
Mi piegai gemendo per il dolore, mentre la figura, imponente su di me, mi copriva da ogni traccia di raggio solare che cercava, a forza, di penetrare da quei fitti alberi altissimi.
Ne ero sicuro, sarei morto in quel posto e in quel preciso momento come un ratto.
Nessuno si sarebbe ricordato di me: non avevo nessuno e sarei morto senza nessuno.

Improvvisamente, Juliet sbucò correndo da dietro un albero, tra le mani aveva un grosso pezzo di legno.
A causa dell'esplosione di prima, eravamo circondati da schegge e pezzi di legno appuntiti.
- Fermati! - gli urlò con voce incrinata.
Nonostante il tremolio delle mani, teneva ben salda l'arma in alto davanti a sé.
L'uomo la guardò impassibile e fece un passo verso di lei, mentre Juliet indietreggiò terrorizzata con occhi sgranati e la paura che le si leggeva in volto.
L'uomo si arrestò una terza volta girandosi nuovamente verso di me.
Mi ero avvinghiato completamente attorno al suo piede sinistro stringendo le dita attorno alla sua gamba.
Nonostante la fatica, dalla mia bocca uscì un tono di rabbia mai sentito prima.
Avevo gli occhi fissi su di lui.
- Non la toccare!

Il vento alzò altro terriccio e per un solo secondo il mondo si fermò.
I suoi occhi erano piccole fessure scure, inespressivi, e forse, per un secondo, me lo immaginai quel piccolo solco in mezzo due folte sopracciglia.
Il suo piede destro esitò per un attimo nel sollevarsi, pronto per colpirmi ancora una volta.
Strinsi gli occhi preparandomi all'impatto, ma il colpo che sentii non fu indirizzato a me.
Qualcosa lo colpì per primo in volto, troppo veloce per riuscire a reagire.
L'uomo atterrò contro un albero alle sue spalle; potei sentire la terra sotto di me tremare.
Alzai lo sguardo.
Roy era imponente su di me: gli occhi iniettati di sangue, il sorriso da pazzo sul volto.
- Ti stavi divertendo senza di me, occhietti blu? - si sfregò la mano con cui aveva appena dato un pugno al colosso ritornando a fissare il suo avversario, squadrandolo da cima a fondo.
Lo guardai stupefatto, si era già alzato; come se il colpo incredibile di prima gli avesse semplicemente fatto il solletico.
Se avessi ricevuto io un pugno simile non mi sarei rialzato mai più.
Roy avanzò verso di lui lasciandomi alle sue spalle.
Non avevo né la forza per reagire né la forza per andar via.
Il dolore al fianco divenne insopportabile; sentivo che sarei svenuto di lì a poco, e disteso su quel verde prato potei vedere Roy caricare come un toro infuriato sul gigante.
Nonostante la sua stazia, al suo confronto appariva minuscolo, sembrava quasi di assistere all'incontro di Davide contro Golia, ma questa volta, incerti sul risultato.
L'uomo non si spostò di un solo centimetro attendendo, quasi impazientemente, di essere travolto da Roy.
E quando fu a un palmo dal suo naso, pronto per scagliargli un secondo destro potente, il colosso riuscì a fermare il pugno a mezz'aria avvolgendolo nella sua enorme mano e cominciando a stringere sempre più.

Death Games: Che i giochi abbiano inizio! #Wattys2017 [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora