Prima del via

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Capitolo 08

Se c'è una cosa che non ho mai capito, è la percezione del tempo. Molti dicono che è influenzata da ciò che una persona sta facendo in quel determinato momento, se interessa o meno, il tempo può volare o andare molto lentamente; anche se questo a livello scientifico non ha senso, le lancette non corrono più velocemente, scandiscono i secondi sempre allo stesso ritmo. Per me è solo una questione di attenzione, che da sempre è un problema.

Come a scuola, fino a tre giorni fa quando c'era sentivo i giorni scorrere veloci o lenti a secondo della mia concentrazione, o dei pensieri che facevo uno dopo l'altro come una catena che scorre e si dirama in altre più piccole o grosse. Ma adesso è un po' diverso, il tempo è corso così veloce da chiedermi come ho fatto a non accorgermene, mentre controllo di nuovo lo schermo del cellulare in cerca di una risposta che non penso riuscirà a dare. «Vuoi continuare a guardarlo per molto?»

Sussulto alla domanda e metto via il telefono, con uno sbuffo che non mi disturboa nascondere. «E se così fosse?!» replico, con un sorriso irriverente che sono certo vorrebbe togliermi a suon di schiaffi. Che lupo simpatico. «Guardavo la data di oggi» sospiro alla sua occhiataccia, recuperando le patatine che ho nascosto nel cruscotto.

«È un giorno come un altro» mi dice e concordo, a parte i tre giorni che sono passati dalla nostra piccola riunione in camera mia, di cui non mi sono minimamente accorto. Ma sono dettagli.

«Quindi...» inizio allora, per coprire il silenzio che si sta di nuovo creando, non certo a causa mia. Volto appena lo sguardo alla mia sinistra. «Eccoci ancora qui, nascosti in macchina come in un appostamento di un telefilm anni sessanta o settanta, dipende. Mai visto Starsky e Hutch?»

«Starsky e Hutch» ripete, piatto. Guardando male prima me e poi la manciata di patatine, che porto alla bocca. Ma tanto è inutile fare il lupo brontolone, ho avuto il suo benestare per portarle con me, solo a patto che non sporcarsi la macchina e finora, credo di essere stato abbastanza bravo; e se non avesse notato è tardi e ho saltato la cena per essere qui, quindi con quasi diciassette anni, ho tutto il diritto di avere fame a quest'ora.

«Shi, fherto. Fhafki e Hufhch. Maih, fifhto?» chiedo, a bocca piena. Posso leggere tutta la sua disapprovazione nello sguardo, lo immaginavo. Ingoio e ci bevo dietro dell'acqua, prima di continuare. «Ho capito, devo tenere questa conversazione da solo. Allora...» mi schiarisco la voce. «"Sì, certo che l'ho visto. Facevano sempre le repliche quando ero piccolo, Stiles. Ma sono più il tipo da Supercar". Oh, davvero? Non l'avrei mai detto dalla tua auto. "Ci sono tante cose che non ti dico". Tranquillo, per quello ci sono sempre le tue sopracciglia... ecco sì, come adesso!»

Le indico e avvicino il dito ad esse, per poi allontanarlo. Ho come l'impressione che anche loro siano capaci di mordere, proprio come il loro padrone. «Sai, sto rivalutando l'idea di fare uno spuntino» appunto.

«Se vuoi un consiglio spassionato: non sono un ottimo pasto. Sono 66 kg di ossa fragili e sarcasmo, non troveresti niente da rosicchiare» gli consiglio avvicinandomi, per prudenza mica per altro, allo sportello della macchina. Non si sa mai, si può sempre aver bisogno di una via di fuga.

Specialmente da uno che ti si avvicina in questo modo, proprio come un predatore pronto ad attaccare, con lo sguardo che mira dritto alla sua gola su cui soffia il suo respiro caldo, capace di stordirmi ogni volta. «Credimi, troverei sicuramentequalcosa» sussurra e posa le labbra nel punto in cui scorre il sangue, che vasempre più veloce.

Solo qualche secondo, per poi allontanarsi e tornare al suo posto di guida, come se nulla fosse successo, anzi mi strappa anche il pacchetto di patatine di mano. Sufficiente a farmi riprendere, ed arrossire in maniera pietosa. «Ehi! Ridammele!!» esclamo, ma le allontana da me.

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