Avevo gli occhi chiusi, quel caldo micidiale non mi dava tregua.
Girai lo sguardo verso la finestra, era buio.
I giorni sembravano non passare mai.
Mi toccai la fronte con la mano, se non avessi preso un antidolorifico da lì a qualche minuto avrei vomitato di sicuro.Mi alzai, feci qualche passo arrivando direttamente vicino al mobiletto dei medicinali. Ringraziai di avere un bagno in camera.
Ingoiai velocemente la mia pillola della salvezza.Quei mal di testa rappresentavano gli strascichi dolorosi di un grave incidente che avevo subito due mesi prima. In più c'era il nuovo lavoro e il trasloco. Era così successo così velocemente che non aveva avuto il tempo di metabolizzare.
Quel maledetto giorno stavo viaggiando in macchina sola, per Jacklowe, una isolata cittadina dell'Arizona. Poco dopo la laurea in biologia avevo trovato lavoro come apprendista presso la Backer Foundation, società che si occupava di biologia cellulare. Era all'avanguardia nello studio di nuove tecniche di approcci alla materia, avevano le migliori strumentazioni diagnostiche. Anche se era lontana migliaia di chilometri dalla mia famiglia, quello era sempre stato il mio sogno, scendere direttamente sul campo e vedere un giorno il mio nome sui libri di citologia.Non ricordavo niente della dinamica dell'incidente, il primo frammento di memoria lo riconducevo direttamente al risveglio in ospedale, dove c'erano mio padre e Leon. Più tardi mi dissero che avevo passato due giorni sotto coma farmacologico, avevo subìto un forte trauma cranico, ecco perchè il motivo dei continui mal di testa.
In più faticavo a ricordare molte cose, la memoria mi faceva spesso brutti scherzi, alcuni ricordi erano sfocati, confusi.
I dottori mi dissero fosse normale dopo uno shock simile, e che la ripresa totale della memoria poteva avvenire anche dopo mesi dall'incidente.Mi guardai allo specchio, ero pallida.
Toccai quei pochi centimetri di capelli che mi erano ricresciuti, mi avevano rasato a zero durante l'ospedalizzazione. La ferita necessitò di un intervento chirurgico alla testa.
Le mia dita scesero di qualche centimetro, quell'ammasso di crosta e sangue secco mi ricordavano ogni giorno di essere viva per miracolo.
Scossi la testa verso la mia immagine riflessa allo specchio, non mi piacevo.
Occhi verdi e capelli di un anonimo biondo scuro, una ferita di dieci centimetri fra fronte e testa.Avevo sempre avuto problemi ad accettarmi fisicamente, ma con quell'incidente tutte le mie insicurezze erano triplicate. Non avevo grossi problemi fisici, era più un problema psicologico.
Andai verso la cucina studiando per l'ennesima volta quella casa spoglia e così poco familiare.
Indubbiamente bellissima, minimalista e moderna, ma facevo fatica ad ambientarmici. L'intera struttura aveva delle enormi vetrate, che partivano da terra per finire quasi sotto al soffitto, la luce filtrava completamente all'interno delle stanze, tutte senza tende. La zona era quasi del tutto desertica, il panorama brullo e di un colorito rossastro. C'era qualcosa che mi affascinava e mi inquietava contemporaneamente in quel paesaggio.Le pareti erano di calce, mentre su alcune mura c'erano degli enormi pannelli in legno.
La cucina era bianca e in legno di noce, anche in quella zona gli architetti non si erano risparmiati, tutto perfettamente intonato. Quella casa ci era stata data in concessione dalla società, e stavo cominciando a chiedermi quanti soldi avessero per far usufruire di abitazioni del genere ai loro dipendenti. Certo, era pur vero che una casa costruita nel bel mezzo del nulla non doveva valere granchè.Aprii il frigorifero in cerca di qualcosa da mangiare, niente di niente, era vuoto come la mia testa.
Sbuffai chiudendolo.
Che fine aveva fatto Leon?
Leon era il mio fidanzato, ci eravamo conosciuti all'università e laureati quasi in contemporanea, aveva deciso di seguirmi in questa nuova avventura.
Ero riuscita a fargli ottenere un posto di lavoro nella società dove mi avevano assunta.
Il giorno dell'incidente non era con me, doveva raggiungermi due settimane dopo, per fortuna." Nicole! " Sentii chiamare dall'ingresso.
Era lui, finalmente!
Camminai velocemente fino all'ingresso, ero a piedi nudi e avevo un vestitino corto verde di cotone.Gli sorrisi timidamente " Che fine avevi fatto? Ho fame ".
Si avvicinò a me alzandosi lentamente gli occhiali neri, li lasciò appoggiati poco più sopra delle sopracciglia, era solito portarli così.
I suoi occhi azzurri mi sorrisero " Stasera pizza " disse, avvicinandosi a darmi un bacio veloce.
Leon aveva i capelli castano scuro, il viso spigoloso, e la barba incolta gli donava forse più anni di quelli che ne aveva realmente. Ventotto, e io soltanto tre in meno.
" Come ti senti? ", mi chiese, mentre metteva in ordine le buste della spesa
" Ho appena preso un antidolorifico, il solito attacco di emicrania " gli risposi andandomi a sedere sullo sgabello della cucina.
Annuì con la testa in mia direzione, non sembrava preoccupato. I dottori ci avevano più volte rassicurati. Leon era il mio pilastro, senza di lui non sapevo come avrei fatto.
Mangiammo e guardammo un film in tutta tranquillità, subito dopo andammo a dormire.
Ormai ero abituata a quella quotidianità, a quella vita casta, erano mesi che io e Leon non avevamo rapporti intimi.
I miei continui mal di testa non aiutavano, ma ero soprattutto bloccata psicologicamente, non mi sentivo bella, nè desiderata. Dal canto suo Leon sembrava bloccato, raramente mi sfiorava. Sembravamo una coppia sposata da trent'anni senza più voglia di fare sesso.Delle luci a intermittenza si accendevano e spegnevano.
Sentivo i miei occhi minuto dopo minuto abituarsi a quel ritmo, ne ero accecata.
Pulsazioni di luci sembravano emanare soffi di vento gelido. Ero nuda e respiravo a fatica.
Delle voci confuse affollavano la mia mente in maniera disordinata.
Tra una luce e l'altra vidi un bigliettino di carta con su scritto:- Ci vediamo all'insomnia. Alle 22.30. Puntuale mi raccomando -
Mi svegliai di soprassalto, madida di sudore e con le palpitazioni. Quel sogno mi sembrò talmente reale che feci fatica a calmarmi.
Avevo freddo nonostante la temperatura fosse fissa sui 30 gradi.
Non era la prima volta che facevo un sogno simile, ma mai mi era apparso qualcosa, un oggetto.
Fui tentata di svegliare Leon per dirgli del sogno.
Ma no, non potevo farlo. Mi avrebbe preso per pazza, ero semplicemente in fase di recupero da un trauma importante.Erano solo incubi, mi ripetei non convinta.
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Ametista
Mystery / ThrillerNicole, timida e neo laureata in biologia, decide insieme al suo storico fidanzato di trasferirsi in un isolata cittadina desertica, Jacklowe, per un decisivo passo verso la sua carriera. Durante il trasferimento in macchina ha un bruttissimo incide...