Tre.
Quattro.
Cinque forse. Erano i minuti passati a osservarmi allo specchio. Afferrai una ciocca di capelli dalla radice tirandola su, erano cresciuti nelle ultime due settimane.
I progressi erano minimi, ma c'erano. A breve sarei riuscita a farmi un carrè cortissimo.Mi toccai le guance, erano pallide. Come sempre.
Pensai per un momento di mettermi del fard, un lucidalabbra, ma no, detestavo la sensazione di un corpo estraneo, mi sembrava di invadere me stessa senza un effettiva necessità, mi sembrava una cosa futile.
Mi allontanai dal bagno riflettendo su quest'ultimo pensiero.Contraddittorio.
Volevo che i capelli crescessero per sentirmi donna, ma non volevo truccarmi perchè mi sembrava una cosa stupida.
Stavo lentamente prendendo coscienza di quanto fossi confusa, dovevo questo stato all'incidente? Forse mi mancava qualche ricordo, qualche pezzo.
Era per quello che Leon non mi desiderava più, non mi rendevo bella per lui?
Se mi amava doveva accettarmi così, ero una ragazza semplice. E poi c'era mio padre, per lui ero sempre bellissima.Da quando mi ero trasferita, e quindi dall'incidente, mio padre era solito venirmi a trovare cadenzatamente rimanendo qualche giorno insieme a noi.
Era un elettricista in pensione, in più la mamma non c'era più da molti anni, quindi aveva molto tempo libero.Camminai verso il soggiorno sbadigliando, mi sentivo stanca. Non era la prima volta che mi ritrovavo ad avere sonno durante il giorno, forse era colpa delle medicine.
Leon e mio padre erano vicinissimi, e sembravano parlottare animatamente fra di loro."Ehi, che succede? " Mi avvicinai velocemente a loro accennando un sorriso. L'espressione di Leon non era delle più rilassate, anzi, non avevo mai visto il suo volto così contratto.
" David mi diceva che voleva anticipare la sua partenza ", disse girandosi verso mio padre, aveva i soliti occhiali da sole, non riuscivo a guardarlo negli occhi.
Leon si aggiustò nervosamente la borsa sulla spalla.
Andava spesso in palestra, praticava Kickboxing, era un appassionato. " Stavo cercando di fargli cambiare idea " disse ancora.Mio padre lo guardò allargando le narici, poi si girò verso di me " No, tesoro, ha ragione lui. Rimarrò con te per l'intera settimana ".
Guardai prima l'uno poi l'altro.
Non sembrava convincente, c'era troppa tensione, e la giustificazione che mi avevano appena dato non reggeva.
Feci spallucce facendo finta di niente, amavo entrambi, e non volevo alimentare un litigioLeon mi diede un leggero bacio sulle labbra per poi allontanarsi velocemente verso la porta, " Sarò di ritorno per ora di pranzo ".
Era sabato pomeriggio, e ognuno sceglieva di rilassarsi come voleva.
Io avrei fatto un bagno in piscina. Una delle tante comodità di quella casa, una piccola, ma funzionale piscina era presente nel giardino." Ok, a dopo ", mi disse con la mano sulla maniglia, poi alzò la mano verso David salutandolo, quest'ultimo ricambiò alla stessa maniera.
C'era qualcosa che non andava, era evidente.
Appena Leon attraversò il vialetto mi fiondai su mio padre " Che è successo? "Mio padre si abbandonò sul divano con aria stanca.
Aveva quasi sessant'anni, ma se li portava bene.
I tratti duri del volto gli donavano uno sguardo magnetico, che, ne ero sicura, avrebbe potuto far impazzire qualsiasi donna, invece niente. Dopo la morte di mia madre non lo avevo visto con nessun'altra." Niente Nicole ", chiuse gli occhi poggiando la testa sul divano, sembrava esausto. " Volevo rientrare prima, ma ho già cambiato idea ", disse ancora senza guardarmi negli occhi. Fece una pausa per poi riprendere. " Dovrei firmare delle carte dal commercialista, ma lo chiamo e rimando tutto " disse cercando di evitare il mio sguardo.
Lo fissavo in piedi di fronte al divano. Non mi convinceva, ma decisi di tacere. Da quando ero così remissiva?
Avevo deciso di lasciar perdere per non discutere, ma ero contraria a me stessa per averlo fatto.
La seconda contraddizione della giornata.
Mio padre disse qualcosa, ma non lo sentii, perdendomi nelle mie riflessioni. Mi sedetti sul divano accanto a lui " Ho sonno, papà ". Mi strinse a lui, il suo calore mi fece velocemente sprofondare in un sonno profondo.
Le ciglia si stringevano fra loro come delle serrande, le sentivo doloranti.
Mi facevano male le ciglia o gli occhi? Sentivo il bisogno tenere gli occhi chiusi a causa della luce accecante che proveniva dall'esterno.
Stringevo sempre più forte.
Un senso di nausea velocemente prese possesso del mio stomaco. Ingoiavo a fatica, mentre il mio subconscio mi diceva di aprire gli occhi.
Un istinto fortissimo, che alla fine ebbe la meglio sul mio io cosciente, mi fece spalancare le pupille.
Cercavo d'intravedere in quella luce accecante a fatica. Dopo qualche secondo di bianco assoluto, scorsi una figura dai contorni umani.
Dovetti aspettare ancora per metterla a fuoco, ma non avevo dubbi. I capelli biondi cenere, il viso longilineo e snello mi fissavano intensamente, mi sorridevano.
Era lei, la ragazza bionda dell'obitorio.
Aveva un oggetto in mano, qualcosa ovale, lungo, di colore scuro.
Cercai di avvicinarmi a lei, ma c'era qualcosa che me lo impediva.
Fui costretta di nuovo a chiudere gli occhi.
Mi svegliai in un bagno di sudore.
Aprii gli occhi di scatto.
Mio padre non c'era più, ero sul divano, sola.
La testa mi scoppiava, il dolore lancinante si era ripresentato. Camminai velocemente verso il bagno, aprii l'armadietto e presi la mia solita medicina.
Stessa scena. Stessi sintomi. Giorno diverso.
Ingoiai velocemente la pillola della salvezza, mi appoggiai all'armadietto del bagno con la testa verso il basso.
Gli incubi era tornati, anzi, non erano mai spariti.
In più c'era la novità della ragazza. La conoscevo o la mia mente stava faceva dei brutti scherzi dopo il riconoscimento del cadavere? Cos'era quell'oggetto che aveva in mano?
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Ametista
Mystery / ThrillerNicole, timida e neo laureata in biologia, decide insieme al suo storico fidanzato di trasferirsi in un isolata cittadina desertica, Jacklowe, per un decisivo passo verso la sua carriera. Durante il trasferimento in macchina ha un bruttissimo incide...