Strano.

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A Jack piaceva tanto quella storia, la favola che gli raccontava sempre sua madre. La formica e la farfalla.
Lui era nato il 28 marzo del 1994, in una cittadina non molto grande.
Ora aveva quindici anni e avrebbe iniziato la seconda superiore, in una scuola nuova.
Prima andava alla scuola privata ma aveva chiesto a sua madre, Sophie, di andare in una scuola pubblica.
Jack veniva da una famiglia benestante, il padre era un noto atleta e ora aveva una palestra sua, di scherma. Anche Jack era molto bravo, anzi, un vero prodigio.
Si allenava con il padre, almeno due ore al giorno.                                      
Sophie era orgoglioso di suo figlio e lo appoggiava in tutto, anche nella sua richiesta di frequentare la scuola        pubblica.

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Jack entra in classe allegro e ansioso di conoscere gli altri alunni.
Tutti salutano, conoscendo già il suo nome.
Tutto tranquillo per la piccola stella.

Solo una ragazza non si avvicinò a lui,  era in un banco in fondo a destra.       
Aveva spesso gli auricolari alle orecchie e non parlava con nessuno.
Aveva lunghi capelli lisci, castani.
Tutti dicevano che il suo sguardo, con i suoi grandi occhi marroni, faceva un po' paura. Lei non vedeva neanche tanto bene, portava gli occhiali, ma avendo spesso la testa fra le nuvole, si isolava completamente.

Magari non vedeva il professore davanti che la chiamava... qualcuno che le parlava, poteva finire il mondo che lei, immersa nei suoi pensieri, non se ne sarebbe accorta. A lei non importava di niente e di nessuno, studiava, leggeva e stranamente, scriveva. Aveva sempre, anche in classe un libro o un quaderno dove scrivere.

Spesso si potevano vedere, in alcuni quaderni, macchie di pittura. Quando era nervosa, iniziava a disegnare, qualsiasi cosa, a caso.
Suonò la campanella della fine della prima ora e Jack si accorse che affianco a lui, una ragazza completamente in nero, con una grossa linea di eyeliner sugli occhi, stava disegnando su un quaderno.

Le sue labbra erano distrutte, le masticava insistentemente mentre disegnava.                         
Era seduta a gambe incrociate su una sedia. Davvero strana...
Era la ricreazione e Jack voleva capire perché quella ragazza fosse così isolata, lei non l'aveva riconosciuto.

"Hey" il ragazzo era in piedi davanti al suo banco. "Ciao..." erano soli in classe, quindi lei non poteva neanche pensare che, magari parlasse ad un altro. Era assurdo per lei. Come se non avesse mai parlato con nessuno, mai.
Per educazione, alzò la testa dal banco
per due secondi, il tanto di guardarlo in faccia. Con uno scatto, lanciò la matita sul banco, si coprì le mani, con le maniche dell'enorme felpa nera e si sistemò gli occhiali.

"Sono Jack, Jiaer" si aspettava di essere riconosciuto. "Va bene" la ragazza diventò rossa e non sapeva che dire. Di sicuro, a quello lì non importava di certo sapere il suo nome, no? "Tu come ti chiami?" Jack sorrise a quella risposta di cui non trovava il senso. Lei alzò lo sguardo e fu sorpresa. Voleva sapere il suo nome, strano, nessuno le parlava di solito.

"Emily Addams" balbettava appena.
Jack era stupito, mai visto una ragazza così timida e in disparte.
"Allora, non esci alla ricreazione?" Emily era sbalordita. A nessuno è mai importato di lei, perché ora arriva un estraneo così curioso? Già, curioso. Curioso vuol dire pericoloso per Emily.

Non gli sono mai piaciuti i curiosi, figli di papà poi. "Non mi va, ho da fare qui"
Sempre molto evasiva. Per il ragazzo era strana forte, ma divertente.

"Dev'essere davvero importante"
Importante lei? Per chi? Quello che fa? Per chi lo è? Solo per lei.
"Per me sì" tornò a muovere nervosamente la matita nel quaderno.
Con la testa china, cercava di nascondersi con i capelli.
"Ci vediamo dopo, compagna di banco" sorrise e andò verso l'uscita. Emily non disse nulla, lo guardò andare via. Che tipo.



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1994.28.03Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora