Freddo.

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Le giornate passano, diventando sempre più fredde. Mancano dieci giorni a natale.
A Emily non è mai piaciuto il natale, non conosce le giganti cene di famiglia, non ha mai avuto una nonna che cucinasse come se dovesse sfamare un esercito, al contrario di tante altre persone.
Non ha la cugina minore che, ogni anno, recita una poesia.
Non esistono gli zii che ridono e cantano, con il vino in mano.

Lei ricorda ancora quando viveva con la madre, prima che la lasciasse sola per il suo nuovo marito, un poliziotto americano.
Ricorda la via di casa sua, l'hotel vicino, con i proprietari che si lamentavano spesso delle nostre urla, erano così rumorosi.

La sua vicina di casa con il fratello, la loro madre.
Nonna Paula, così la chiamava, Emily.
Era molto amica con Emma e Peter, i suoi due figli minori.

La cena di natale tutti insieme, Beatrice (la sorella più grande di Emma e Peter) e la figlia Violet.
John e Suzanne, tutti nello stesso tavolo.
Una vera famiglia, senza legami di sangue.
Conosciuti per caso, abitando così vicini l'uno dall'altro.
Poi, un litigio. Per gelosia, per delle bugie, quel giorno si sentono le sirene.
Le sirene Emily, le sente ancora. Sente ancora i colpi e le urla.

Vede ancora quell'uomo, picchiare Peter incessantemente.
Ricorda il momento in cui, con amarezza, viene portato via dagli uomini in divisa.
Per qualche furto, per delle risse e pochi grammi d'erba.
Avevano solo 14 anni.
La famiglia non è per sempre.

La scuola è sospesa per le vacanze, Emily si sveglia spontaneamente.
Gli piace riscaldarsi con una doccia, l'acqua bollente rende l'atmosfera meno fredda.
Maglietta e leggings neri, come al solito.
Stranamente oggi porta qualcosa di colorato, scarpe e maglione viola vino. Molto aspro come colore, non stonava così tanto con la sua personalità.

Decise di uscire, prendere dei regali per sua sorella e Phoebe, magari.
La sciarpa gli copriva mezzo volto, la cuffia era un po' larga e rischiava di finirgli sugli occhi. Fuori non faceva così freddo, ma lei lo sentiva particolarmente. Esce a piedi, ha voglia di camminare.

~~~~~~~

Jack si sveglia presto.
Colazione e doccia, svolge tutto velocemente.
Mette una tuta, ansioso di allenarsi.
Si dirige in palestra, ci passa due ore, come quasi ogni giorno.

Era di buon umore, aveva voglia di correre.
Dopo ogni allenamento, si faceva la doccia, anche se si era già lavato la mattina.
Ovvio, per uno che si allena spesso. Gli rilassava i muscoli, uscito si sentiva di nuovo carico, scacciava la stanchezza.

Tornato a casa e messo la tuta, uscì di casa e iniziò a correre, verso il centro.

Menomale Emily aveva messo i regali nel suo zaino, qualcuno correva e gli è finito addosso.
"Mi scusi"
Emily alza lo sguardo, non era un estraneo.
Il ragazzo gli teneva le braccia, come se dovesse cadere all'istante.
Una spinta leggera e la ragazza rimane basita.
"Guarda dove vai, Belze"
Jack non era buono nemmeno nel periodo di natale.

Almeno onesto e sincero, magari? No, doveva chiedere scusa lui, ma un tipo così la parola "scusa" non la sa usare.
Ma qualcuno avrebbe potuto insegnarglielo.

Prima che andasse via, una piccola e pesante mano, gli dipinse la guancia di rosso.
"Belze, se impazzita? Placati"
"Ah beh, ha parlato l'angelo"
"Adesso mi chiedi scusa"
"Vai a dormire, magari le sogni le mie scuse!"
A testa alta, Emily si girò per andarsene.

Jack corse verso casa.
Lavato e cambiato di nuovo, alimentando così tutto il suo egocentrismo ma anche la sua insicurezza, dando importanza all'apparenza, prende la macchina.

Cominciò a girare, cercando finché non la trovò. La vide entrare in una caffetteria, c'era una ragazza dai capelli viola e il cappotto con lei. "Phoebe, quella di cui parlava Mark, è lei sicuramente"
Pensò Jack.

Trovò un parcheggio vicino ed entrò.
"Emily, qualcuno vuole parlarti?"
"Phoebe che domanda è?"
"Girati"
Erano sedute a un tavolo con una tazza di the in mano. Jack era dietro la sedia dove stava Emily. In piedi, braccia conserte. Il suo sorriso beffardo.
"Ci vediamo stasera, ciao"
La ragazza con il cappotto uscii sorridente.

Emily fece un profondo respiro, quando vide il ragazzo sedersi davanti a lei.
"Con chi altro esci, Belze?"
La giovane rise. Se rideva in un momento di tensione, non era un buon segno.
"Ti sembro un pagliaccio? Perché ridi?"
Emily era a corto di pazienza. Fissò il ragazzo bruno negli occhi.
"Non un pagliaccio, ma comunque un buffone"
"Occhio a come parli, Addams"
"Non ho nulla da perdere, ricordalo"
"Sei sicura?"

Jack sorrise. Inviò un paio di messaggi e appena rimise il telefono in tasca, fissò la ragazza con superiorità.
Lei nel mentre, cercava di trattenere la rabbia.
"Esco con chi voglio. Ecco la mia risposta, Mr. Jiaer."
Si alza ed esce, si dirige verso casa.

~~~~~

La ragazza era quasi alla porta, sentii dei passi. Erano dietro di lei, in quattro.
Due gli bloccarono la strada, mettendosi davanti. Era circondata. Si misero a ridere.
"Sorpresa di natale in anticipo per te, cara. Seguici"

Due di loro spinsero la ragazza in un vicolo vicino.
Sentiva la paura, Emily aveva subito violenze in passato, di vario genere. Loro si avvicinarono e iniziarono a buttarla per terra, poi cominciarono a prenderla a calci. Gli tolsero giubbotto, sciarpa e cuffia.

"Finirà presto, finirà prima o poi" si ripeté nella testa, parole che non avevano nulla di confortante, si disse mentalmente in continuazione questa frase.
L'auto convinzione è solo un mezzo per arrivare alla sopportazione di qualcosa.

"Basta!"
Due contro quattro, i tenpisti scapparono, sconfitti.
"Mark?"
"Emily!"
Mark e un ragazzo dai capelli rosso scuro e il viso allungato, si chinarono a controllare la ragazza.
"Ti porto a casa" Mark prese in braccio la giovane e si avviò verso la porta.

Entrati in casa, il moro curò le ferite nel labbro e nella fronte della ragazza.
Aveva lividi sulle gambe e nelle braccia.
Nel petto e nella pancia, segni violacei fecero rabbrividire i ragazzi.
"Non importa Mark, passerà"

Gli occhi del ragazzo bruciarono, non avrebbe mai avuto quella forza di sopportare una cosa così atroce.
"Gli abbiamo rotto il culo, non ti toccheranno più"
La ragazza bruna sorrise con gli occhi lucidi, riconoscenti del gesto.

Era stesa a letto, Mark gli teneva la mano, seduto davanti a lei, l'altro ragazzo si mise su una sedia, a fianco al letto.
Emily si girò con un sorriso sul volto.
"Tu come ti chiami?"
"Scusa, sono Julian"
"Fa nulla, grazie per prima"
"Figurati, non sono cose che tollero vedere."

~~~~~

Jack era furioso, li pestò uno per uno, tutti e quattro.
I ragazzi scapparono, ridotti in condizioni tali da dover zoppicare o sputare sangue ogni due secondi.
"Non rifatelo mai più! Dovevate solo spiarla. Anche fargli paura, ma non toccarla!"

Restò solo in quella stanza.
Aveva una specie di nascondiglio, ci stava in solitudine o con amici, non aveva mai portato ragazze lì. Aveva una stanza con sala bar, televisore e console.
Divano al centro e un piccolo piano cottura.
Due porte portavano: una in camera da letto e una nel bagno.

Si sedette nel divano, preoccupato. Lei era con due ragazzi, uno che non conosceva. Più ci pensava, più lo stomaco faceva male, il dolore saliva alla testa.
Jack non aveva mai conosciuto la gelosia.

1994.28.03Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora