episodio 9

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Il terrore negli occhi dei tre ragazzi era evidente.
Key sembrava pietrificata.
Quanto sarebbe rimasta in quello stato?
Un senso di colpa misto ad angoscia pervase Lea che si lasciò andare all'impulso di svegliare Key, a qualunque costo. Sì inginocchió al suo fianco e la scrollò con forza.
- Key. KEY. Svegliati. Ti prego. - rassegnata le prese una gelida mano fra le sue. Era come di cera: il volto inespressivo.
Lea sentiva il suo respiro, un respiro lieve, quasi sognante.
Per un attimo a Leonard parve di vedere il volto della ragazza in ginocchio solcato da una lacrima che brillava alla fioca luce delle lampade. Ma quando Lea si alzò il suo volto era più serio che mai. Sembrava non le importasse più di nulla.
A passi pesanti si diresse verso l'ingresso, prese la giacca, e uscí.
- No. Fermo. - Abel mise una mano sulla spalla di Leonard che stava per raggiungerla. - Deve stare un po' da sola quando fa così. Adesso andrà a correre in un luogo tranquillo, magari a tirare pugni a un muro o spaccare qualcosa.-
- Ricordami di non farla mai arrabbiare. -
- Te ne ricorderai da solo... fidati.-

Le prime luci dell'alba, illuminavano i tetti delle case come un fuoco che ardeva in un caminetto.
Tutto aveva una sfumatura rossa, intensa, come forse non si era mai vista da quelle parti.
L'aria era fredda e limpida, segno che era decisamente arrivato l'autunno.
Di Lea, ancora, non c'era traccia.
Leonard ed Abel erano rimasti in salotto tutta la notte.
Il ragazzo dai capelli dorati era al computer. Dietro le lenti, due solchi scuri circondavano gli azzurrissimi occhi, segno che aveva dormito poco e niente.
Abel, invece, era seduto sul divano con la schiena appoggiata ad un bracciolo, le ginocchia al petto e le braccia conserte. Non aveva perso di vista la ragazza nemmeno un secondo. Era bella: i capelli erano di un colore acceso e risaltavano sulla pelle più chiara del solito.
Le lunghe ciglia, disegnavano strane ombre sul suo volto, illuminato dai raggi del sole che filtravano attraverdo le tende.
Lui, invece, sembrava avesse dormito tutta la notte, come se lo stare sveglio fosse un'abitudine.

Da fuori, una voce roca irruppe nel silenzio mattutino della periferia.
Era Lea che imprecava: le mani affondate nelle tasche della giacca e lo sguardo rivolto in basso.
Ogni tanto tirava uno o due calci alle staccionate dei vicini.
Leonard, attirato dai rumori si alzò di scatto e si avvicinò alla finestra.
-È Lea! Guarda! - fece ad Abel scostando la tenda.
-Lo so. - rispose l'altro, ma non si mosse di un millimetro.
-Non entrerà in casa, vero?-
-No, molto probabilmente resterà nel giardino sul retro. Dice sempre che il freddo le schiarisce le idee.- Abel era impassibile.
-Sarà, ma io le porto una sciarpa. Si prenderà  un accidente così! -
Non fare la mammina e lasciala stare... stava per dire Abel ma si bloccò prima di iniziare la frase perché Leonard stava già uscendo dalla porta sul retro.

-Hei, fa freddo qui fuori.- disse alla ragazza mentre un brivido gelido gli saliva lungo la schiena.
Lea, alla luce dell'alba, sembrava una statua. Non era mai stata cosí bella: la sua pelle era rosea, luminosa e liscia come il marmo. Gli occhi brillavano, Leonard li fissò intensamente:due gocce d'ambra che scaldavano il cuore.
-Ascolta, lo so che ti senti in colpa per Key, ma ti posso assicurare che tu non c'entri, nessuno di noi c'entra.-
Quando Lea aprí bocca, fu come se il tempo si fermasse.
-Scusa... ma non mi interessa quello che hai da dire.- la voce era sottile e il tono sincero.
Per il ragazzo fu come ricevere un pugno nello stomaco. - Ah va bene, grazie eh!- Lea lo guardò, spiazzata e lui continuò -Non so cosa fare con te. Io ci provo e ci riprovo, ma capirti è impossibile! Basta, non ho più voglia di fare il cagnolino che va dietro al padrone. -
- E ALLORA VATTENE. - urlò Lea - E lasciami in pace. Io non ti ho chiesto niente e da te non voglio niente. È stata Key a volerti coinvolgere e ora lei è là, sul divano, persa in un altro mondo, sola ed impreparata. Per la prima volta non so cosa fare. - a quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime. Si sedette sulla panchina di fianco a un cespuglio di ortensie e si prese il viso fra le mani. Leonard in meno di un secondo le fu accanto. Lea sentiva il suo respiro, il calore del suo corpo. La stava... abbracciando? Non le era mai successo prima, era sempre stata distaccata con tutti ed era certa di non aver mai pianto davanti a qualcuno in tutta la sua vita. Era una sensazione... quasi piacevole. Era come liberarsi di tutta l'energia negativa ed era piú facile con Leo vicino.
Esitò un istante, poi le sue braccia avvolsero il ragazzo, come fosse stata la cosa più naturale del mondo. Si strinse a lui mentre le lacrime gli inzuppavano la maglietta tra un singhiozzo e l'altro.
Quando si staccarono Lea era più lucida: si alzò velocemente e si sistemò la giacca. Leo ancora seduto rimase un po' frastornato dalla velocità con cui lei si era mossa. - Bene, è il momento di tornare noi stessi. Andiamo, dobbiamo capire cosa è successo.- poi, per un attimo che parve un eternità lo guardò intensamente. A Leo, perso in quello sguardo, parve di sentire un Grazie.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 24, 2017 ⏰

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