Capitolo 19

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Il contorno del viso è l'orizzonte di un tramonto freddo che si erge su una terra ancora più fredda e desolata. Duro allo stesso modo, con la mascella contratta, le rughe agli ancoli degli occhi stirate, ma presenti fra le sopracciglia aggorottate per quelle preoccupazioni che solo chi vive può comprendere. Le labbra rosse sono premute in una linea dura e rigida, tradita dalla morbidezza della pelle e del contorno..
Poi, come se tutto fosse un'ombra sfiorente e morente al contempo, svanisce, il suo viso, gli occhi non visti, e i contorni che sono impressi dietro le palpebre scompaiono, in un secondo solo, così com'erano venuti.

La tristezza, annidata in me come una serpe in seno, riaffiora prepotente, si culla sulla mia testa e poi sulle mie labbra, mi si attorciglia attorno alla gola, e vengo avvolta da un manto pensate e polveroso che è quello che qualcuno chiamerebbe depressione, altri magone.. e che è una cosa e nessuna di esse.

E il silenzio nelle mie orecchie è la tomba del mio amore, del mio desiderio, del mio credere. Qualche volta mi manca tanto, mi manca come manca qualcosa che hai sempre avuto accanto a te, e, non appena comincia a mancare ti svuota, e di disarciona dal cavallo che era la vita. Harry mi manca come se non l'avessi mai avuto. Quando non hai una persona accanto a te, ma la pensi, le attribuisci poteri quasi sopranaturali, poteri che la rendono più una divinità che altro, e allora tu la ami senza dirglielo, in modo costante. Magari ci sono giorni in cui lo penso di rado, talmente tante sono le cose che devo fare, ma quando capita nella mia mente, quando mi soffermo per un momento, anche solitario, a lui, mi si stringe il cuore e mi si bagnano gli occhi.. perché mi rendo conto di amarlo alla follia e di essere folle ad amarlo.

Corro velocemente verso l'ingresso dell'edificio coprendomi alla meglio con il cappotto che ho addosso, dalla pioggia che cade fitta. Il tassista non ha proprio voluto saperte di lasciarmi un po' più vicina all'entrata, la mancia non se l'è proprio meritata, in effetti.

Non appena sono nell'atrio dal pavimento lastricato di piastrelle di avorio spento, in uno stile da vecchia New York più che Londra, con spessi mobili in legno massiccio, lampadari di cristallo, ma dalle pietre di taglio moderno.. la luce all'interno del posto non manca di sicuro. Liscio il vestito che ho addosso approfittandone per pulirmi dalle goccioline che la stoffa non ha assorbito. Non c'è nessuno all'interno dell'edificio, e, per evitare gli spiacevoli occhi di chiunque, mi dirigo velocemente verso l'ascensore. Premo il bottone per richiederlo al pianterreno e poi aspetto guardandomi attorno. Guardo un'altra volta la porta vetro e metallo battuto dalla quale sono entrata per potermi incantare ad osservare la pioggia cadere insistente per le strade del quartiere. Qualche volta passano delle macchine, ma è come vedere degli spettri, le persone hanno perso quella voglia di vivere che, inevitabilmente, sparisce con l'avvento delle guerre.

Vengo riportata ai miei pensieri quando sento il segnale di richiamo che avvisa dell'arrivo dell'ascensore. Le porte si spalancano ed io mi affretto ad entrare all'interno dell'abitacolo.

Non era mio desiderio ritrovarmi qui stasera, ma, siccome i miei fedeli amici ci tengono sempre a ricordarmi che, in quanto portavoce, tocca a me fare quello che un tempo sarebbe stato qualcun altro a fare, eccomi.. con un vestito che trovo troppo aderente, un cappotto fradicio e i capelli umidi appicicati alla testa, le scarpe più scomode che io abbia mai messo in vita mia ed addosso l'ansia che non dovrei provare. Uno spiraglio della vecchia me si fa spazio fra gli intercapedini della mia maschera.

L'ansia è tanta che trovo che l'ascensore salga troppo lentamente, per un istante penso anche alla possibilità di rimanerci chiusa dentro. Ma non accade, ovviamente, ed in un tempo breve, ma che io ho trovato interminabile, sono in un corridoio del quarto piano, a gonfiare i polmoni e fare scorta di aria.

"Ricordami ancora una volta perché sono qui.." sussurro a me stessa mentre esco dall'abitacolo piccolo, stretto e specchiato, dell'ascensore per poter percorrere il corridoio. "Perché è stata richeista la tua presenza." mi rispondo. "Certo, ovvio che è così." e mi stringo nelle spalle, "Da quando in qua faccio quello che gli altri mi chiedono?" sussurro ancora, come una matta delirante, osservando ora il pavimento opaco ora le porte tutte uguali contraddistinte solo da numeri in ordine crescente.
"Da sempre Sky, da sempre.." mi rispondo tristemente fermandomi di fronte alla porta prestabilita.

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