CAPITOLO 2

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Per la prima volta, dopo un lungo periodo ero riuscita nell'impresa, di esternare tutto ciò che mi rodeva dentro. Dovetti risalire ai tempi dell'adolescenza per sentirmi così leggera e impalpabile. Mi dispiacque per Julia, afflitta dalle mie rivelazioni: mi sentii in colpa per averle trasmesso parte della mia angoscia. Mi risollevai nel momento in cui vidi ritornare, al mio scricciolo , la solita espressione stralunata. Quel lungo e inusitato excursus ci aveva proiettato in un terreno minato, con i rischi di attraversare un calpestio esplosivo. Dovevamo festeggiare il fatto di esserne uscite indenni.

- Giacché oggi non lavori, si fa shopping: poi una pizza e per finire in bellezza, un bel film al cinema. Offro io!

Pensavo che i "festeggiamenti" dovessero limitarsi, come spesso succedeva, a stappare una bottiglia di champagne. L'estensione si proiettava ad altro, su qualcosa di veramente importante. Sprizzava allegria da tutti i pori, al punto tale da mettermi in fermento ed impaziente di conoscere quella ventilata novità. Non dovetti attendere molto.

- Tra meno di un mese mi sposo!

Non credevo alle mie orecchie, rimasi allibita. Alla fine, Jack si era deciso. Da tempo mi domandavo quando avrebbe compiuto il gran passo: erano trascorsi due anni dal giorno in cui dichiarò i suoi sentimenti a Julia e da allora vivevano insieme. Ci afferrammo per le mani in preda a risatine convulsive, saltando sul posto, come invasate ragazze pompon alla fine di una partita di football. A volte ci comportavamo come due liceali, anche se all'epoca non ci conoscevamo neanche. Allungò la mano, mostrandomi l'anello che Jack le infilò al dito la sera prima: un anello d'oro bianco, al centro del quale un brillante, non molto appariscente ma elegante. Non aveva badato a spese, poteva benissimo permetterselo. Jack era il figlio di un illustre avvocato, Josh Sutherland, socio di un noto studio legale di New York City, al Rockefeller Plaza. Osservai attentamente lo sguardo di Julia che rimirava l'anello: i suoi occhi brillavano di gioia, quasi quanto il brillante che indossava. Ero felice per lei, grata che avesse condiviso con me parte della sua felicità. Alzando gli occhi su di me, disse che un giorno anch'io avrei trovato l'uomo della mia vita e che mi avrebbe reso felice. Su quest'ultimo punto, pesava un certo scetticismo: pensavo non potesse accadere, poiché tenevo sempre a debita distanza gli uomini, riuscendoci piuttosto bene direi. Quella mattina, ero sicura che avrebbe architettato qualsiasi cosa per farmi sorridere, adottando i più bizzarri stratagemmi. Non voleva musi lunghi quel giorno: niente libri, niente musica melensa, tranne quella dell'autoradio, naturalmente. Ero completamente alla sua mercé e comunque non mi avrebbe consentito la benché minima opposizione, anche se su alcuni punti c'era molto da discutere, soprattutto sulla musica. Tanto bastò che accettai, senza obiezioni. Mi diede il tempo di una doccia e di indossare velocemente, qualcosa di pratico, non avendo molto tempo a disposizione. Come facevo a dirle di no? Julia era... Julia, nient'altro. Uscendo dalla doccia indossai di corsa un paio di jeans e una leggera felpa di cotone bianco con cappuccio e un paio di spring-summer, anch'esse bianche. Nell'attesa, Julia circumnavigò, come al solito, il mio piccolo soggiorno chiedendo come riuscissi a collezionare un numero così considerevole di "chincaglierie". Naturalmente, si riferiva alle collezioni esposte in bella mostra e provenienti da ogni parte del mondo. Avvicinandomi, con la tovaglia tra le mani, intenta ad asciugarmi i capelli, le rivelai che ai giorni nostri, le persone ripuliscono le soffitte ignorando, spesso, il valore reale delle cose di cui intendono disfarsi. La mia era un'autentica passione: mi circondavo di antichi oggetti e di reperti che racchiudevano in sé intrinseche storie. La sua attenzione cadde su un oggetto in particolare, quello che più amavo. Indicandolo mi chiese cos'era quel "pezzo di pietra". Si trattava di un reperto raro: la bocca di unanfora proveniente dal Mar Mediterraneo.

- L'ho acquistato in un mercatino delle pulci.

Osservavamo l'oggetto in questione, che accarezzavo, sfiorandolo delicatamente con un dito e mostrandone i suoi contorni. Con gli occhi chiusi, al tatto, sentivo le sue increspature: il corallo e il calcare si erano fusi per secoli attraverso lincessante alternarsi delle maree, modellandolo come soltanto madre natura potesse fare. E iniziai a raccontarle la storia, per come me l'ero immaginata:

Quelle Allineate Scarpe RosseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora