Elisa

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Un giorno, la maestra delle elementari mi chiese cosa volessi fare da grande, e io, con sguardo serio mi rivolsi a lei e con tono sicuro le dissi: "Voglio sposarmi." Mi sorrise e mi guardò un po' come si fa con i cuccioli di cane, quello sguardo pieno di compassione che sembra dimostrare amore quando in realtà è solo pena, si avvicinò al mio banchetto e con tono basso come se mi stesse confidando un segreto, mi disse: "Va bene tesoro, certo, ti sposerai, ma nella vita cosa vuoi fare?" Non capendo la sua risposta le alzai le spalle in segno di arresa, i miei occhi da cerbiatto vagarono come per sfuggire dal suo sguardo intimidatorio e le mie gote cosparse di lentiggini chiare si colorarono di un rosso acceso.

Avevo sei anni e volevo sposarmi. Non m'importava della carriera, del denaro, della salute, io volevo l'amore, un vestito bianco immensamente lungo e un marito. Il resto era superfluo.

Passò qualche anno e le parole della maestra continuavano a rimbombare nella mia testa, perchè non potevo sposarmi e vivere felice e contenta? Perchè secondo lei dovevo fare qualcos'altro? Chi l'aveva detto, dove era scritto?

Avevo nove anni e adesso capivo la maestra. Il mio primo fidanzatino si chiamava Matteo, era poco più basso di me, capelli neri perennemente a spazzola, occhi scuri e un colorito roseo, gli occhiali tondi e neri gli coprivano quasi per intero la parte superiore del viso, le orecchie a sventola e i dentini con le finestrelle facevano di lui il bambino che mi piaceva. E non dico che era bello, perchè no, non lo era, però era diverso e questo mi andava più che bene. Già da piccola avevo le idee chiare, infatti anche se sapevo che non era il più popolare, che non era il più "figo" e sapevo che, come dicevano le mie compagnette, Elisa la bambina dei dieci, del primo banco al centro non era cosa per lui, dicevano tutti : "tu sei troppo bella e troppo intelligente" " non puoi stare con Matteo il ciuchino"; eppure non mi importava, non volevo quelli denominati belli, quelli che conoscevano tutti e che si sentivano Dio sceso in terra, e anche se lui era bruttino e balbuziente era sincero, dolce e gentile a differenza degli altri, questo mi bastava.

Dopo il primo bacio, dato di nascosto dietro una sfilza di borsellini sovrapposti uno sopra l'altro per creare una montagnetta ed essere lontani da sguardi indiscreti, o meglio, nascosti da quello della maestra, capì che c'era qualcosa che non andava e che forse, sposarsi, dopotutto non era così importante. Lui affermava di aver sentito il pancino bontolare e le gambe diventare improvvisamente come un budino al cacao, flaccide; poi c'ero io, spaventata al massimo, il cuore che batteva come dopo una corsa in salita, le mani tremanti e un'espressione schifata in faccia. Non mi era piaciuto per  niente, volevo solo piangere, ma non lo feci anzi, finsi un sorriso e gli diedi un bacio sulla guancia.

Non volevo sposarmi, non più, forse era vero, ci sono cose molto più importanti di un matrimonio e io volevo scoprirle tutte.

Una volta, da qualche parte lessi che gli unici in grado di dire la pura verità sono i bambini, questi non sono in grado di mentire in quanto non ne percepiscono l'importanza.
Ma se sono gli unici a dire la verità perché non li ascoltiamo mai? Perché nessuno si ferma a dare valore alle loro parole? Ma sopratutto, perché ho ignorato i miei pensieri sin da piccola?

Ed ecco che la bambina dai capelli color rame diventa donna, tra una storia e un'altra cresce, prova diverse emozioni e sembra dimenticarsene della storiella avuta con Matteo, il bambino dalle labbra screpolate che per poco non la fece scappare a piangere in un angolino. Tutto sembra normale, al suo posto; anche se mancano ventiquattro ore e sarà con un anello al dito, una fede.

Eppure, mentre fissavo il mio abito bianco, con il corpetto ricoperto di perline e strass che finisce con una gonna appariscente e il lungo strascico che inizia dalla coroncina di swaroski, capì che qualcosa non andava. Troppe domande, troppi conti lasciati in sospeso, non potevo andare all'altare in quel modo, dovevo avere delle risposte, delle certezze.

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