Capitolo 5

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Mi metto di scatto a sedere, svegliato da un urlo strozzato e da due mani che mi percuotono violentemente una spalla.
Sto per tirare un gancio sinistro a colui che ha osato svegliarmi, ma, solo dopo pochi secondi, realizzo quel che è realmente successo: nel sonno sono stato proprio io ad urlare e Caroline ha cominciato a scuotermi, probabilmente con l'intento di tranquillizzarmi.
Ciò vuol dire che ha completamente ignorato, per l'ennesima volta, la prima regola da rispettare per non essere uccisi dal sottoscritto: "Niente contatto fisico".
-Nico!!! Che bello, ti sei svegliato finalmente! Che succede? Perchè urlavi?-
Il suo tono preoccupato e i suoi occhi lucidi e leggermente umidi mi costringono per l'ennesima volta a risparmiarla.
Ritraggo velocemente il braccio destro dalla sua stretta e le dedico una delle mie micidiali "occhiate mortali".
Mi strofino il palmo della mano su un occhio ancora dormiente e rispondo svogliato alla sua ultima domanda.
-Un incubo.-
Fa un sospiro di sollievo e mi porge un bicchiere di plastica pieno d'acqua.
-Vuoi raccontarmelo?-
Ci penso un'attimo.
Non ricordo nenche il minimo dettaglio del sogno che ho fatto... tanto per cambiare!
Solo di una cosa sono sicuro: è sempre lo stesso, identico, tutte le notti.
Scuoto il capo.
-L'ho già dimenticato.-
Lei annuisce, ancora visibilmente preoccupata e senza nessun avvertimento, mi svuota un contagocce nel bicchiere.
-Che cos'è?-
L'infermiera alza lo sguardo su di me e si passa una mano sulla fronte, visibilmente stressata.
Devo pensare male?
Giuro che se è veleno glielo tiro veramente quel pugno!
-Non ne sono certa, mel'ha dato il Dr. Harrison per te, ma credo sia un tranquillante per aiutarti a dormire.-
Rimango un secondo fermo, con un'espressione scandalizzata, cercando di capire il senso di questa cosa, senza riuscirci.
Voglio dire... ma scherziamo???
Mi sono appena svegliato urlando per uno stupidissimo incubo e l'ancor più stupido dottore mi vuole fare addormentare di nuovo?
-Spero tu ti renda conto da sola che non lo berrò!-
Caroline assottiglia le palpebre, riducendo gli occhi a due fessure e puntandomi l'indice verso il petto, ad una debita distanza, sibila: -Nico Di Angelo. Adesso tu bevi questa roba e torni immediatamente nel mondo dei sogni! Sono le 3:30 del mattino, insomma!-
Strabuzzo gli occhi.
Solo ora noto l'intensa ombra che offusca quasi completamente il volto dell'infermiera, posta contro la lieve luce tremolante del lampadario.
In effetti tutta la stanza è circondata dal buio.
Assumo un'atteggiamento di sfida, imitando la sua espressione e tiro fuori dal fodero, per l'ennesima volta, la mia epica testardaggine.
-No.-
Lei mi fissa qualche secondo interdetta, per poi posare il bicchiere a terra ed appoggiare i gomiti sul materasso, facendolo sprofondare leggermente.
-Bianca...-
Il mio cuore perde un battito solo a sentire il nome di mia sorella.
Non mi sembra di averglielo mai detto. Come fa a saperlo?
-...chi è?-
-D-dove lo hai sentito? Q-questo nome...-
I miei occhi si inondano.
Evito di abbassare lo sguardo per non lasciar scendere le lacrime, ma ormai sono troppe per poter essere nascoste.
-Lo urlavi nel sonno.-
Sto in silenzio, aspettando il continuo del discorso o una qualunque reazione da parte della rossa alle goccie salate che scendono ininterrottamente lungo le mie guance.
-Tieni molto a lei, vero?-
Mi avvicina lentamente la mano al viso e lo sfiora, asciugando gli zigomi umidi di pianto.
Io chiudo gli occhi, senza respingerla, lasciando fuoriuscire tutta la sofferenza che mi sono tenuto dentro durante la mia permanenza quì, senza riuscire ad evitarlo in alcun modo.
Annuisco col capo.
-Vuoi dirmi chi è?-
Ingoio, cercando di regolarizzare il respiro.
Piango.
Come sempre.
Sono sempre così debole.
Cerco di nascondermi dietro ad una finta corazza dura ed impassibile, ma nel profondo aspetto soltanto qualcuno che sia capace di farmela togliere e di farmi dimenticare tutto: il dolore per le perdite che ho subito, per i miei amori non corrisposti, per l'inferno che ho trascorso durante la mia permanenza nel Tartaro...
Mi perdo nei pensieri, nei ricordi, passano i minuti e, tra un singhiozzo e un altro, non sono ancora riuscito a dare una benedetta risposta alla donna che mi si è seduta di fronte e che aspetta paziente.
-B-Bianca è... bhe... era mia sorella-
Mi passo il dorso della mano prima su un occhio, poi sull'altro, mentre osservo l'infermiera assumere un'espressione quasi sconvolta, probabilmente per il verbo al passato.
-E-era?-
-Si. È morta, o meglio, scomparsa, all'età di soli 12 anni. Io ne avevo 10.- rispondo secco.
Mi prende le mani tra le sue e le stringe, ignorando i miei vani tentativi di allontanarle.
I suoi occhi cominciano a scintillare, la sua voce a tremare e, come me, si lascia sopraffare dall'emotività, ancora una volta.
-Forse nel sogno c'era anche lei...-
Alzo lo sguardo e la guardo in faccia, soffermandomi col pensiero su una parola in particolare.
-"A-anche"?-
E di colpo ritorna in se.
Non so come faccia, ma Caroline riesce a scoppiare a piangere tanto facilmente quanto riesce a smettere.
-Oh, bhe... non dicevi solo il suo nome, ma anche quelli di Amalia, di Percy, Annabeth, Hazel... poi mi sembra di averti sentito pronunciare i nomi "Leo", "Piper", "Jason" e "Ca-Cali..."-
-Calipso?-
-Sì, quello!-
Ci penso un'attimo, ma nonostante tutto non riesco a ricordare di averli visti nell'incubo... o meglio... non riesco a ricordare di averci visto assolutamente nessuno.
L'unica cosa che mi è venuta in mente è la visione della mia cella, lineare e nitida, come nella realtà, ma ugualmente coperta da una leggera coltre di nebbia grigiastra.
Non è comunque abbastanza per ricordarmi cosa succede nel sogno che mi perseguita quasi ogni notte, ma è già qualcosa.
-Non lo berrai, vero?- chiede la rossa, indicandomi con un movimento della testa il bicchiere ancora a terra.
Scuoto il capo, fissando schifato il recipiente in plastica bianca.
-E suppongo che non hai intenzione di riaddormentarti...-
Questa volta annuisco.
Lei sospira, spalmandosi una mano sul viso, per poi recuperare in un attimo il suo solito sorrisetto tanto solare quanto finto che assume ogni volta che conversa con un paziente.
-Che ne dici di parlare un po'?-
Assottiglio leggermente gli occhi, assumendo l'espressione più corrucciata che riesco a fare, mentre mi siedo sul materasso in una posizione più comoda.
Capisco al volo dove vuole arrivare: lo psichiatra le avrà chiesto di trovare un modo per farmi parlare, ma è inutile insistere.
Quell'idiota di un Harrison lo sa bene che non sono disposto a dire niente della mia vita.
Non racconterò a nessuno quì del mio passato (anche perchè dubito ci crederebbero)...
Sicuramente mi allungherebbero il periodo di reclusione ed è la cosa che desidero di meno in questo momento.
Voglio tornare al Campo al più presto.
Nonostante Chirone mi abbia consigliato di restare quì e di non viaggiare nell'ombra, sono sempre più convinto che la scelta migliore sia scappare da questa gabbia di matti, con o senza poteri.
-Caroline, l'hai detto tu tessa: è notte fonda, non ho voglia di parlare.-
Incrocio le gambe, aiutandomi con la poca forza sulle braccia che mi rimane, aspettando la sua uscita dalla stanza.
La guardo dritta negli occhi, in una muta richiesta di andarsene e lasciarmi in pace.
Lei sembra capirmi e la vedo annuire leggermente a testa bassa, prima di seguire con attenzione ogni suo spostamento verso la metallica porta arrugginita.
La apre e attraverso la fessura, riesco ad intravedere, dalle finestre del corridoio, lo spiraglio di cielo stellato che ricopre il cortile.
A Zoe sarebbe piaciuto, ma sono sicuro che ora che è lassù anche lei, le piaccia ancora di più.
La porta si richiude producendo un leggero tonfo e la chiave scatta nella serratura.
La cella rimane così: spoglia, vuota, senza il tocco rosso dei capelli dell'infermiera che mi hanno assegnato di recente e senza il bianco vivace del giorno.
Solo buio, interrotto bruscamente dalla leggera luce morente del lampadario.
Mi sdraio completamente e mi copro con le lenzuola fino alle spalle.
L'ombra si fa più intensa.
La luce comincia a tremare, ad affievolirsi, finchè non diventa una debole fiammella nell'oscurità.
E infine, il buio mi circonda.
○●○●○
-Di Angelo, ricorda che oggi, subito dopo pranzo, verrà a farti visita il dottore, quindi vedi di farti trovare sveglio e di non farmi fare brutta figura! Ah, hanno chiamato Annabeth e Percy ed hanno detto che hanno un impegno e che non possono proprio venire a trovarti questa sera... comunque ti salutano.-
Ascolto svogliato la successione infinita di parole della mia tutrice, mentre la osservo sfogliare velocemente i fogli della mia cartella clinica, fino ad arrivare all'ultimo, per poi ricominciare dal primo, sempre più nervosa.
-Oh, fantastico! Non avrò niente da fare per tutto il giorno, insomma!-
Nonostante tenga lo sguardo basso sulla carta riesco benissimo a vedere la sua espressione di disapprovazione.
Amalia e Ben ci passano a fianco.
La ragazza ci saluta agitando la mano in aria, saltellando, mentre il moro ci fa un cenno col capo, seguendola con le mani in tasca.
Caroline alza finalmente lo sguardo.
-Vedi di dire qualcosa oggi al Dr. Harrison. Non è rimasto particolarmente soddisfatto la scorsa settimana.-
Scrollo le spalle, aggrappandomi più forte alle spalle della donna per camminare.
Sai quanto me ne importa?
L'unica cosa veramente divertente quì è vedere l'espressione frustrata dello psichiatra quando mi rifiuto di proferir parola sul mio passato.
Esilarante.
-Comunque... alla fine sei riuscito ad addormentarti anche senza calmante, eh Nico?! Hai avuto altri incubi dopo che me ne sono andata?-
Ci penso un attimo, ripercorrendo con la mente tutto quello che è successo non appena mi sono alzato, qualche minuto fa.
In effetti ho avuto uno strano presentimento, ma dubito fortemente abbia avuto un altro incubo.
Era più maliconia quello che sentivo... non paura.
-Non mi sembra...- rispondo vago.
Lei annuisce soltanto, lasciando un inquietante silenzio ad accompagnarci nella nostra camminata verso la mensa, per la colazione.

La ragazza dai capelli color marshmellow mi solleva il braccio, che un secondo prima era saldamente ancorato alle spalle di Caroline e se lo appoggia sulle sue, leggermente più esili e magre, ma alte più o meno uguali a quelle dell'infermiera.
-Posso?-
Chiede anche il permesso, wow!
Che educazione.
Come se non mi abbia appena cambiato appiglio contro la mia volontà, rischiando di farmi cadere a faccia in avanti.
La donna annuisce, ridendo leggermente, probabilmente contagiata dall'energia che Amalia sprigiona da ogni poro.
Si allontana da noi, dirigendosi verso il gruppo di tutori ed infermieri poco più avanti.
-Nico, che è successo? 'Sta notte sei riuscito a tenermi sveglia... tenerci sveglie... si, insomma, urlavi più del solito.-
Sgrano gli occhi, incredulo, mentre continuiamo ad avanzare passo dopo passa verso il mio tavolo.
È strano.
Faccio lo stesso sogno ogni notte, di questo sono sicuro, ma allora perchè questa volta ho urlato così tanto forte?
Forse è solo la sua immaginazione.
Forse è stato un altro il motivo della sua insonnia.
Non posso essere stato io... in base a quello che mi hanno riferito ho sempre avuto questi attacchi nel sonno, dovrebbe essere abituata alle mie grida.
-Non credo di aver urlato diversamente dal solito.-
Lei alza le spalle, mentre mi aiuta a sedermi al mio posto, allo stesso tavolo dei mezzi depressi, per poi dirigersi verso il suo.
Fisso un punto indefinito sulla superficie del tavolo, ma prima di riuscire a concentrarmi, un dito mi sfiora la spalla desta.
Subito la mia mano ha uno scatto istintitivo che va a scacciare con un sonoro schiaffo quella di Mr. Vegetale.
-C-che ti prende?-
Alzo un sopracciglio e piego involontariamente il capo leggermente verso sinistra.
-Cosa prende a te?-
La ragazza, dall'altra parte del tavolo prende la parola, con la sua solita lentezza angosciante.
-Ti abbiamo sentito tutti questa notte. Eri tu, vero?-
Anche loro.
Allora forse è vero: questa notte ho davvero urlato più del solito senza accorgermene.
Ma perchè avrei dovuto farlo se sono sicuro sia sempre lo stesso incubo?
-I-io... cosa avete sentito?-
Il maschio continua il discorso della ragazza, immobile, guardandomi dritto negli occhi in modo inquietante, esattamente come lei.
-Stavi urlando disperatamente i nomi dei tuoi amici e della tua famiglia. Bianca, Hazel, Percy, Annabeth, Jason, Piper, Leo e Calypso.-
Il mio cuore perde uno o due battiti, la mia mente viene sommersa dalle domande.
Come fanno a sapere chi sono?
Come hanno fatto a sentirli così nitidamente?
Come mai sentirmi dire questo comune elenco di nomi da lui è come una pugnalata al petto?
-Abbiamo sentito così tante urla, che siamo perfino in grado di riconoscerle ormai... e le tue erano senza dubbio urla di dolore, non fisico, non mentale, ma di dolore per una perdita, dolore vero.-
E la ragazza ha ragione.
Non ricordo niente, ma sono sicuro abbia fatto centro.

Ora mi vado a suicidare...
Arrivederci.

Sono riuscita a scrivere metà capitolo (circa 1050 parole) in un solo giorno!!!
AMATEMI E ONORATEMI COME UNA DEA!
Voi probabilmente direte: "Ma non sono mica tante 1000 parole!" e io imprecherei in giapponese per un pomeriggio libero trascorso esclusivamente a SCRIVERE!
Poi non avevo un briciolo di ispirazione e infatti è venuto un capitolo un pokito merdoso e poco Solangeloso.
Ringraziamo comunque la mia povera parabatai _MoonysDaughter_ che ho svegliato per farmi aiutare con il blocco delle ultime 100 parole.
*We love you!*
Ora puoi dormire tranquilla.
Ringrazio tutti per la pazienza (ce ne vuole tanta per avere a che fare con me) e vi saluto...

Cià.

𝐍𝐨 𝐖𝐚𝐲 𝐎𝐮𝐭 ||𝐒𝐨𝐥𝐚𝐧𝐠𝐞𝐥𝐨||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora