Settimo.

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"Mi stai ascoltando? Heath?"

"Sì, scusa" scuoto la testa. Avevo la mente occupata da altri pensieri e non stavo nemmeno facendo caso ad Arthur.
"Ero distratta, dicevi?"

Ridacchia per poi portare alla bocca una patatina fritta. Le mie sono ancora giacenti sul piatto di plastica accanto all'hamburger; non le ho nemmeno toccate. Non ho fame.
La mensa della scuola é gremita di studenti che mangiano a gruppetti ai tavoli rotondi disposti qua e là. Non sono abituata dato che è la prima volta che ci trascorro il pranzo, ma non mi dispiace se sono in compagnia. Maggie e Sophy, sedute una affianco all'altra davanti a me, chiaccherano della lezione precedente e della verifica di fisica. Essere soltanto in quattro è piacevole, ma non vedere Nate fa uno strano effetto anche se onestamente non si sta così male senza qualcuno che continua a prendermi in giro.

"Stavo parlando di Maggie" ripete a bassa voce dove aver deglutito, avvicinandosi al mio orecchio per non farsi sentire dalla ragazza.

"A che proposito?" chiedo versando il cibo sul suo piatto con la forchetta.

"Non mangi?".

Aggrotta le sopracciglia e infila in bocca altre patatine mentre scrollo il capo con un'espressione spiacente.

"Non sarai a dieta, vero?".

"Assolutamente no, ma oggi non ho voglia" mento senza incrociare il suo sguardo.
Non sono capace di dire bugie mentre gli occhi di qualcun'altro sono rivolti verso i miei, le parole mi si bloccano in gola e inizio a balbettare come se fossi in preda a tremolii continui.

"Oh, per fortuna. Comunque" torna all'argomento precedente, rilassando di nuovo i muscoli del viso "penso che sia carina. Okay, davvero carina".

Mi scappa un sorrisetto malizioso.
"Qui qualcuno ha una cotta per Maggie" rido assestando una leggera gomitata al braccio di Art, che nasconde il mento nel collo della felpa mentre un rossore si sparge lievemente sulle sue guance.

Proprio in quel momento, una voce ci distrae.

"A tutti gli studenti, siete pregati di riunirvi in aula magna per una comunicazione importante da parte del preside. Subito".

"La vicepreside. Andiamo" rotea gli occhi Sophy, lasciando il tavolo.

Tra uno sbuffo e un "che succede?" - che io stessa mi sto chiedendo -, tutti ci alziamo e ci dirigiamo al luogo indicato.
Nella sala siamo piuttosto stretti e appiccicati l'uno all'altro come delle sardine fino a che non ci sediamo sulle sedie disposte in file ordinate.

"Chissà cos'hanno stavolta" si lamenta Art che, da dietro di me, sospira.

"Succede spesso? Intendo... il fatto che veniamo richiamati" domando a Sophy.
Anche lei si acciglia e annuisce annoiata.

"Fin troppo spesso" risponde l'altra, che grazie a degli spintoni è riuscita a raggiungerci poco fa e a sedersi alla mia destra "sempre per colpa di alcuni coglioni che fanno casini". 

La donna che ci aveva parlato attraverso gli altoparlanti in mensa, entra in aula magna decisamente arrabbiata e sale sul palco di legno.
Non l'avevo mai vista prima d'ora: bionda, di circa quarant'anni, alta, un po' in carne e con vestiti che probabilmente andavano di moda ai tempi della febbre del sabato sera. Praticamente il tipico cliché della figura della vicepreside con una montatura di occhiali assurda.

"Allora, immagino sappiate già il motivo per cui vi ho convocati: qualcuno ha rovinato - di nuovo - l'edificio scolastico".
Si leva un coro di lamenti e di "che palle" che la vicepreside ignora, quindi procede.
"Qualcuno ha verniciato un muro esterno dell'ala est della scuola con delle bombolette spray la notte scorsa. Intendo scoprire chi sia stato a fare ciò, e per favore, il colpevole è pregato di farsi avanti senza costringermi a controllare i filmati delle telecamere di sorveglianza e senza prolungare la faccenda oltremodo intendo punire al più presto la persona che ha commesso questa bravata".

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