Undicesimo.

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Il divanetto è scomodo.
Questa situazione è scomoda.
L'ubriaco appoggiato a me e con la bocca aperta mentre dorme è scomodo.

Me lo scrollo di dosso e quest'ultimo cade dietro di me, planando di fianco sullo schienale. E ancora ronfa. Dio, mi chiedo ancora come sia finita qui.
Sono da sola? Era prevedibile. Ho un bicchiere di Fanta in mano? Si sapeva che non avrei bevuto. Mi sono davvero posta il problema del "come mi vestirò?"? Onestamente, no. È accaduto il tipico clichè del "mi sono persa, questo posto è enorme e le ragazze mi hanno abbandonata? Ecco, quello no. È un locale abbastanza piccolo in realtà. È composto da una stanzetta provvista di bancone e cassa, e da un'altra in cui si espande una lunga e scintillante pista da ballo, illuminata da varie luci stroboscopiche che mi accecano ogni volta che si proiettano su di me. Indosso una semplice e solita gonna color denim che mi arriva alle ginocchia, le mie solite francesine nere e la mia solita riservatezza.
L'unica cosa nuova è la camicia a righe verticali comprata giovedì, infilata nella gonna. Non credo di aver fatto un pessimo abbinamento, anzi, probabilmente me la sono cavata piuttosto bene. Ho preferito inoltre lasciare i capelli sciolti e lisci ricadere sulle mie spalle.

"Vieni a ballare!" Biascica Sophy da lontano mentre ancheggia assieme a Maggie. Si sta sorreggendo sulle spalle della rossa, che ride sguaiatamene alla vista della sua amica così goffa e ubriaca. L'unica cosa che ci separa è una ringhiera di mezzo metro.

Rifiuto con un cenno del capo e torno a far girare il contenuto del bicchiere al suo interno fino a formare un mulinello di liquido giallo-arancione al centro. Non è che qui sia pessimo, è che non fa per me. In tanti si stanno scatenando in coreografie strane e poco sobrie, e proprio ora sto guardando - studiando - i movimenti di un tipo vicino a me, tutt'altro che cordinato nelle sue mosse.
Ah, mi sono dimenticata di dire che il piano del locale è a forma di L.
Cercate di immaginarvelo vedendolo dall'alto: nel punto più alto della L c'é l'entrata, all'altra estremità c'è la pista, e io sono nell'angolo, su un piano di tre metri quadrati. Diciamo che da dove sono posso fare un po' da falco. Vedo tutto e tutti, tranne una persona in particolare. Se avete pensato ad un moro dal tono sfacciato e dalla faccia da prendere a sprangate, avete indovinato.

Siamo arrivati un'oretta fa ormai - sono le dieci e mezzo appena scattate - ed eravamo in cinque. Il biondino è stato il primo a sparire.
"Mi scappa. Mi scappa. Mi scappa" aveva ripetuto tenendosi le mani sulla zip dei pantaloni mentre i suoi piedi lo portavano di corsa al bagno.
"Ho un sacco di cose da fare essendo la festeggiata, scusatemi".

"Vengo con te Maggie".

"Anch'io".

Sono state le seguenti frasi pronunciate da noi tre prima di proseguire fino alla seconda sala.
Cosa intendeva con quelle parole Madeline? È quasi del tutto ovvio. Avrebbe dovuto fare le solite cose che si fanno alla propria festa: salutare gli invitati, intrattenere qualche conversazione non troppo intensa e infine fregarsene di chiunque per godersela. Riassumendo: "Se vi scarico da qualche parte e non me ne accorgo, mi scuso in anticipo" e sott'inteso: me. Non apposta ovviamente. O almeno spero. Mi piace pensare che voglia solo divertirsi e non preoccuparsi di avermi sempre immusonita accanto a lei, non la biasimo.

Ho osservato ogni particolare non appena entrata. Il Jersey mi è sembrato subito un posto in cui non ci sarebbero potute essere altro che feste. Mi spiego meglio: la prima cosa che ho visto è stato un lungo bancone nero sulla mia destra, qualche sgabello di ferro davanti ad esso e dall'altro lato della stanza erano stati disposti dei tavoli con sopra vari stuzzichini. La cosa che più mi ha colpito è stata la fila di luci nella parete dietro al bancone, che si diffondevano su tutta la sua lunghezza. Elegante e adatto ad ospitare eventi, davvero bello.
Ai muri bianchi sono appesi festoni da compleanno che fanno da contrasto ai toni bianchi e neri presenti. L'atmosfera è carica di energia come in tutte le feste, tuttavia vedere il barista mi ha sconcertata: assomiglia ad un motociclista. Lui sembra avere uno stile tutto suo: pelato, con un paio di baffi grigi piegati all'insù, grosse braccia muscolose e tatuate fino alle mani. Insomma, rispetto all'ambiente in cui lavora, sembra sia capitato lì per caso. E ciliegina sulla torta, mi ha lanciato uno sguardo killer quando ho sostato per troppo tempo con gli occhi sui suoi piercing posizionati ai lati della bocca. C'erano già quasi cento persone ancora prima che arrivassimo noi, e la maggior parte avevano un bicchiere alla loro portata, e certi addirittura due. La musica non era altissima per fortuna, ma mi sarei dovuta aspettare che l'avrebbero alzata di volume dopo l'entrata di Maggie. Si era alzato un coro di "auguri!" che le aveva disegnato un grande sorriso in viso, e mi sono sentita sinceramente contenta per lei, ma non tanto per me.
Maggie, Sophy e Art avevano provvisto ad ogni minimo particolare ieri - ovvero venerdì - e oggi pomeriggio. Siccome il sabato non c'è scuola, si sono messi a lavoro a partire dal mattino. Starete pensando che io sia una scansafatiche, una pigrona, o anche un'egoista che non vuole dare un mano quando serve dato che non mi sono nominata dopo quei tre nomi. Beh. Sono stata un'intera giornata a sistemare gli orari e a finire i compiti per la prossima settimana, in modo da essere libera per il weekend. Maggie ha un organizzato la serata in modo impeccabile: ha inviato a tutti gli invitati il messaggio della sua festa chiedendo anche di prenotare una prevendita ciascuno - così si sarebbe subito visto se si fosse imbucato qualcuno - con incluse tre consumazioni alcoliche, ha incaricato un uomo sulla trentina di fare da buttafuori all'entrata, ha chiamato un Dj e preso in prestito apparecchiature come luci, casse e macchine del fumo. È strepitoso.

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