Capitolo 13

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Pov Giacomo


Lo portarono in sala operatoria, con un gran sbattere di carrelli, di ruote che si muovevano rapide. Un'infermiere mi trascinò in una piccola saletta, attraversando i corridoi, mentre tutto il dolore e la sofferenza che regnavano quel luogo erano come un peso in più nella caduta su me stesso che si stava verificando, che mi stava distruggendo.

La stanza di polvere e di stoffa. Beh, almeno non c'era quell'odore nauseante. Mi accomodai su un divanetto verde in un angolo, che dava su una finestra. Pioveva...

«Attenda qui, prego, quando sapremo qualcosa verranno subito da lei.»

«Si... senta, non ho il cellulare dietro, dove posso fare una telefonata?»

L'infermiere indicò con un sorriso triste l'apparecchio che stava silenzioso nell'ombra di un piccolo tavolino. Mi voltai, chiuse la porta alle mie spalle, senza dire più nulla. Che ci sarebbe stato poi da dire, in una situazione come quella...

«Devo avvertirlo... Altrimenti... »

Non terminai nemmeno quella frase che stavo dicendo a me stesso, per farmi coraggio. Come avrei fatto a guardare negli occhi Kevin, dopo quel che era successo?

Sospirando mi alzai dal divano, e mosso da chissà che forza, riuscì ad arrivare al telefono. Alzai la cornetta e composi il numero. Non rispondeva nessuno.

"Oh, andiamo, alza il maledetto telefono, Kevin!"

«Pronto?»

Finalmente! Un respiro...due...

«C'è qualcuno dall'altra parte?»

Terzo respiro

«Keith. Sono Giacomo...»

Un movimento dall'altra parte del filo.

«Per la miseria, dove vi siete cacciati voi due? Mi stavo preoccupando!»

"Non dirmi cosi!"

«Kevin... io...n-noi... siamo all'ospedale.»

«L'ospedale?! Giacomo che Accidenti è...»

Ma non gli diedi il tempo di finire... non avevo il coraggio di andare per gradi, dovevo dirlo subito o sarebbe impazzito.

«Niccolò... è stato investito da un camion... mentre attraversava la strada...»

Silenzio. Una cosa così tremenda che fischiava nelle orecchie in maniera straziante. Avvertii quasi il sangue colargli dalle parecchie, dal dolore che vi serpeggiava. E cominciai a piangere... soffocando i singhiozzi, il solo respirare era la cosa più dolorosa che avessi mai provato...

«Kevin... Kevin... ci sei? Ti prego , di qualcosa...»

Ma era solo il silenzio... il respiro affannoso di Kevin era irregolare e rimbombava oltre il filo.

«E sia... non dire nulla ma vieni qui subito... devi venire subito, mi hai capito?»

La comunicazione si interruppe. Non avevo retto oltre, avevo sbattuto quel maledetto telefono sul pavimento, con un urlo feroce. Stesso trattamento toccò al tavolino, che si schiantò contro una parete, sotto il colpo di un calcio furioso.

Sul mio volto comparve un ghigno folle, ridevo e piangevo assieme, mi avventavo con odio su tutto quel che mi capitava sotto gli occhi.

«Perché?!!! Perché lui?!! Dovevo essere io! Destino maledetto e maledetto me che esisto! Maledetto me!!!»

Il mondo è grigio il mondo è bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora